Il film di Cristina Comencini, La bestia nel cuore, unico successo italiano alla 62. Mostra del cinema di Venezia, parla della famiglia. In modo duro, ma allo stesso tempo discreto, poetico in alcuni tratti.
La famiglia come luogo di crescita, di emozioni, ma anche di tragedie nascoste, terribili, che segnano per sempre la vita delle persone. Durante le interviste, rispondendo alle domande sul tema del film, Cristina Comencini ha sottolineato come il romanzo da lei scritto, appunto La bestia nel cuore, abbia sollevato un velo che ancora, nel 2005, nasconde le molestie familiari.
Il film tratto dal libro, racconta la scoperta della protagonista di aver subito molestie, rimosse nell'adolescenza. La regista ha confessato di aver ricevuto, pochi giorni prima dell'uscita, un divieto al film, poi rapidamente rimosso.
Cristina Comencini ha parlato prevalentemente delle tantissime lettere ricevute dopo l'uscita del romanzo. Lettere in cui le molestie familiari sono ancora viste come un tabù.
Nel film, la famiglia è quella di Sabina (Giovanna Mezzogiorno) una doppiatrice dal carattere dolce e remissivo che convive con Franco (Alessio Boni). Le prime immagini vedono Sabina al cimitero, dove riceve le foto dei genitori, che le provocano turbamento e timore.
La sua è una famiglia smembrata, il fratello Daniele (Luigi Lo Cascio) è negli Stati Uniti e Sabina non vedeva da tempo né lui né i genitori. La situazione di partenza è descritta come un momento di stasi: Sabina dovrebbe cominciare a formare una sua famiglia (aspetta un figlio da Franco) ma ha paura di qualcosa.
Le sue paure si manifestano attraverso incubi che da subito suggeriscono, in modo discreto, ma forte, le molestie infantili. In questo caso la regista ha il tatto di non insistere sulla violenza, ma di suggerire il fastidio e la paura del bambino. Soprattutto la Comencini accosta nella stessa immagine la tenerezza e la costrizione a fare cose che il bambino non vuole.
L'immagine in cui il padre solleva teneramente Sabina per portarla, in braccio, nella propria camera mostra tutta l'incoerenza del rapporto genitore/figlio.
Come la foto sorridente del padre, il suo aiuto nel fare i compiti, accostato all'incubo del letto matrimoniale. Una sorta di sdoppiamento delle figure dei genitori, protettivi e meschini allo stesso tempo.
Il film mostra la confusione di Sabina e il suo non riuscire a definire il confine tra affetto disinteressato o morboso. La regista insiste molto su questo punto, parlando di censura al problema della pedofilia.
La possibilità dell'essere umano di provare attrazione per il bambino esiste, senza ipocrisie. L'adulto deve imporsi di non superare il confine, scegliendo di non approfittarsi della buonafede del bambino.
Il film mostra le conseguenze delle molestie, attraverso gli incubi di Sabina, attraverso l'incapacità di Daniele di abbracciare i figli e soprattutto attraverso la loro difficoltà a relazionarsi e ad ammettere di essere stati traditi.
Memorabile nel film la scena in cui Sabina trova il coraggio di chiedere a Daniele di rivelargli quello che sa. Daniele racconta a Sabina delle molestie, subite prima da lui e poi dalla sorella.
Racconta di aver trovato normale la situazione in cui era perché "Ci hanno insegnato ad obbedire ai nostri genitori, senza mettere mai in discussione quello che fanno". Ancora, dice di aver reagito solo dopo essersi reso conto che sarebbe toccato alla sorellina e di aver minacciato di morte il padre.
Solo allora, per lui le molestie sono terminate. Racconta, con freddezza, di averlo ucciso dopo la confessione delle molestie a Sabina.
Conclude, raccontando come la madre abbia definito "un vizio" quello delle molestie paterne.
Una dura accusa alla famiglia come istituzione inattaccabile, che oggi più che mai la Chiesa difende senza ammettere differenze.
Invece, ci dice Cristina Comencini, le differenze ci sono: sono le unioni gay, come quelle tra Emilia (Stefania Rocca) e Maria (Angela Finocchiaro), entrambe amiche di Sabina; sono le separazioni, sono le convivenze e tutti quei rapporti che si "scelgono" in accordo con il proprio sentire.
Il film non risulta mai morboso, riuscendo a mostrare la tragedia senza esaltare l'eccesso, con distacco e lucidità. I protagonisti sono assolutamente indovinati, dalla Mezzogiorno spaventata e fragile a Lo Cascio, invecchiato, che con gesti misurati esprime un dolore inconfessabile.
Non si avverte la sovrapposizione di storie, la sceneggiatura collega ogni elemento alla vicenda senza perdersi in dettagli, anzi, introducendo momenti di riso che abbassano i toni senza distogliere dal dramma. La regia, discreta, accosta scene dure a momenti di grande sensualità, senza cadere nell'ovvio.
Peccato per la scena del trailer, l'inondazione della casa paterna, tagliata al montaggio dalla regista pochi giorni fa. Comunque poetico, La bestia nel cuore racconta le sfaccettature dell'amore umano, da quello che segna per sempre a quello che riempie un vuoto.
E' prima di tutto un invito a prendere atto del marcio che spesso c'è all'interno della famiglia e di noi stessi, per andare avanti su basi nuove.