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- Questo film è stato votato da 12 lettori
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02 11 2013
Chicago
di Rob Marshall
- Dati
- Titolo originale: Chicago
- Soggetto: Bob Fosse, Fred Ebb, Maurine Dallas Watkins
- Sceneggiatura: Bill Condon
- Genere: Musicale - Poliziesco
- Durata: 113 min.
- Nazionalità: Canada, U.S.A.
- Anno: 2002
- Produzione: Loop Films, Miramax Films, Producers Circle
- Distribuzione: Buena Vista International
- Data di uscita: 00 00 0000
Recensione pubblicata il 27 04 2004
Questa recensione è stata letta 16109 volte
Chicago
di Sara Troilo
C'era una volta una città in cui le donne sparavano agli uomini e diventavano famose invece di stare rinchiuse in fetide celle o, peggio, ciondolare da una forca. Gli anni Venti a Chicago, quelli ruggenti, nel racconto di Rob Marshall (al suo esordio nel cinema) sono l'apologia dell'apparenza, dell'inganno, dell'ambizione che non accetta ostacoli e tutta la messa in scena sottolinea mirabilmente questo punto di vista scintillante, vorticoso e peccaminoso. Marshall ha adattato il musical di Bob Fosse che a sua volta si era ispirato a un film con Gene Kelly, ma lo ha fatto ribaltandone i canoni; le parti cantate qui non si inseriscono nella narrazione e occupano un posto tutto loro costruendo per sé uno spazio onirico del tutto slegato dalle consuetudini di questo genere cinematografico. Per ogni azione principale c'è quindi un contraltare dorato, ricoperto di paillettes e canterino, eccessivo, cinico e sfolgorante.
Questa è la storia di Velma (Catherine Zeta-Jones) star di un locale notturno e Roxy (Renée Zellweger) moglie poco devota di un carrozziere (John C. Reilly), unite dalla sorte dietro le sbarre di un carcere e alle prese con una magnifica secondina Mama (Queen Latifah) e un avvocato succhiasangue (Richard Gere). A parte lo stupore di vedere recitare la Zeta-Jones che di norma ha la stessa espressione dei mobili ikea, ciò che rende tanto piacevole questo film è l'ottima interpretazione di tutti gli attori, John C. Reilly in testa, tutti cantano e ballano con scioltezza e dimostrano un grande affiatamento; due i vertici massimi: le detenute che raccontano i moventi dei propri omicidi con una coreografia di fazzoletti rosso sangue, le vittime tutti uomini ("lo so che sono tutti bastardi che meritavano quella fine, cocca" dice Mama) che hanno tirato un po' troppo la corda, chi facendo i palloni con il chewing gum nonostante le richieste ripetute di smetterla, chi andando a letto con la sorella della moglie, tutti archiviati comunque e senza tante storie di avvocati e divorzi.
L'altro culmine lo incarna Richard Gere nella sua arringa in tribunale, massima espressione di quanto l'apparenza lasci al traguardo la sostanza e di quanto poco conti la verità, per altro mai nominata; non è un caso che in questa Chicago spietata e imbellettata l'unica vittima sia anche l'unica donna innocente (e straniera) e l'unico perdente sia Amos, l'anima candida del marito carrozziere, ingenuo e del tutto inadatto a quel mondo. L'incipit del film è rovente e anche qui si alternano musica e scene recitate, Velma fa il suo numero cantando All that jazz (Bob Fosse si diceva, no?) durante un sensualissimo balletto e contemporaneamente Roxy si abbandona a una scena di sesso poco esplicita, ma molto calda con l'amante bugiardo; il disegno di Chicago si palesa immediatamente, una trappola irresistibile che miete vittime e che dimentica all'istante i miti che ha costruito e le storie di cui si nutre famelica. Così è il procedere filmico, il trionfo dell'estetica sull'etica, dello spettacolo sulla vita e della menzogna sulla verità sono perfettamente riconoscibili in ogni sequenza e l'alternarsi delle due differenti rappresentazioni rende l'effetto ancora più incisivo; il ritmo incalza dalla prime sequenze, ci sono punti in cui cresce a dismisura e anche in questo caso vi è corrispondenza con il clima della città, poi si placa e segue i personaggi più umani, dilatando i tempi e gli spazi, attenuando luci e colori. Marshall ha radunato un grande cast, ma soprattutto ha saputo dirigerlo come una macchina i cui ingranaggi si incastrano a meraviglia riuscendo a incantare lo spettatore raccontando una storia nerissima con la giusta mano e hanno voglia gli attori in conferenza stampa a dire che " per quanto ci siamo calati alla perfezione nei loro panni, noi siamo diversi da loro " perché resta una precisazione inutile, è impossibile infatti non fare il tifo per le spietate assassine senza cuore.
Questa è la storia di Velma (Catherine Zeta-Jones) star di un locale notturno e Roxy (Renée Zellweger) moglie poco devota di un carrozziere (John C. Reilly), unite dalla sorte dietro le sbarre di un carcere e alle prese con una magnifica secondina Mama (Queen Latifah) e un avvocato succhiasangue (Richard Gere). A parte lo stupore di vedere recitare la Zeta-Jones che di norma ha la stessa espressione dei mobili ikea, ciò che rende tanto piacevole questo film è l'ottima interpretazione di tutti gli attori, John C. Reilly in testa, tutti cantano e ballano con scioltezza e dimostrano un grande affiatamento; due i vertici massimi: le detenute che raccontano i moventi dei propri omicidi con una coreografia di fazzoletti rosso sangue, le vittime tutti uomini ("lo so che sono tutti bastardi che meritavano quella fine, cocca" dice Mama) che hanno tirato un po' troppo la corda, chi facendo i palloni con il chewing gum nonostante le richieste ripetute di smetterla, chi andando a letto con la sorella della moglie, tutti archiviati comunque e senza tante storie di avvocati e divorzi.
L'altro culmine lo incarna Richard Gere nella sua arringa in tribunale, massima espressione di quanto l'apparenza lasci al traguardo la sostanza e di quanto poco conti la verità, per altro mai nominata; non è un caso che in questa Chicago spietata e imbellettata l'unica vittima sia anche l'unica donna innocente (e straniera) e l'unico perdente sia Amos, l'anima candida del marito carrozziere, ingenuo e del tutto inadatto a quel mondo. L'incipit del film è rovente e anche qui si alternano musica e scene recitate, Velma fa il suo numero cantando All that jazz (Bob Fosse si diceva, no?) durante un sensualissimo balletto e contemporaneamente Roxy si abbandona a una scena di sesso poco esplicita, ma molto calda con l'amante bugiardo; il disegno di Chicago si palesa immediatamente, una trappola irresistibile che miete vittime e che dimentica all'istante i miti che ha costruito e le storie di cui si nutre famelica. Così è il procedere filmico, il trionfo dell'estetica sull'etica, dello spettacolo sulla vita e della menzogna sulla verità sono perfettamente riconoscibili in ogni sequenza e l'alternarsi delle due differenti rappresentazioni rende l'effetto ancora più incisivo; il ritmo incalza dalla prime sequenze, ci sono punti in cui cresce a dismisura e anche in questo caso vi è corrispondenza con il clima della città, poi si placa e segue i personaggi più umani, dilatando i tempi e gli spazi, attenuando luci e colori. Marshall ha radunato un grande cast, ma soprattutto ha saputo dirigerlo come una macchina i cui ingranaggi si incastrano a meraviglia riuscendo a incantare lo spettatore raccontando una storia nerissima con la giusta mano e hanno voglia gli attori in conferenza stampa a dire che " per quanto ci siamo calati alla perfezione nei loro panni, noi siamo diversi da loro " perché resta una precisazione inutile, è impossibile infatti non fare il tifo per le spietate assassine senza cuore.
I lettori hanno scritto 2 commenti
- indirizzo IP 81.211.171.188
- data e ora Sabato 22 Luglio 2006 [11:30]
- commento Ridley ci ha aperto a visioni di un cinema veloce e deciso . Anche qui troviamo velocità e ed essenzialità, il montaggio ci sbalza in un mondo amorale dove conta combattere e vincere.al di là di tutto
- indirizzo IP 81.211.171.188
- data e ora Sabato 22 Luglio 2006 [11:30]
- commento Ridley ci ha aperto a visioni di un cinema veloce e deciso . Anche qui troviamo velocità e ed essenzialità, il montaggio ci sbalza in un mondo amorale dove conta combattere e vincere.al di là di tutto
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