Un giovanotto che aspira a fare il regista riesce per la prima volta a ritrovarsi su di un vero set. Questa piccola prima esperienza lo porterà a trascorrere ben sette giorni con una donna che si farà mito: Marilyn Monroe.
Il voto del redattore
- voto
- 4/5
- valutazione
- Michelle Williams diventa magicamente Marilyn e ci fa soffrire, recitare, gioire con lei.
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02 11 2013
Marilyn
di Simon Curtis
- Dati
- Titolo originale: My Week With Marilyn
- Soggetto: Tratto dai diari My Week with Marilyn e The Prince, the Showgirl and Me, di Colin Clark
- Sceneggiatura: Adrian Hodges
- Genere: Drammatico - Biografico
- Durata: 96 min.
- Nazionalità: U.K.
- Anno: 2012
- Produzione: BBC Films, Lipsync Productions, Trademark Films, UK Film Council
- Distribuzione: Lucky Red
- Data di uscita: 01 06 2012
- Link
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- Il sito ufficiale
- Il sito italiano
Recensione pubblicata il 12 06 2012
Questa recensione è stata letta 5138 volte
Un grumo di vitalità chiamato Marilyn
di Roberta Folatti
Il fascino, la morbidezza delle forme, quel languore così sensuale bastano a spiegare il suo successo con gli uomini. Ma non quel loro desiderio di proteggerla, con una tenerezza che andava molto oltre la pura attrazione sessuale.
Perché l'immagine da bomba sexy di Marilyn faceva a botte con la sua insicurezza e col bisogno divorante di essere continuamente rassicurata, indirizzata, amata. Una fragilità smisurata che diveniva parte del suo fascino e che lei aveva imparato ad usare per catturare gli uomini. E combattere la sua solitudine.
Quando sullo schermo appare per la prima volta la Marilyn interpretata da Michelle Williams cantando e muovendosi felinamente, saltano agli occhi prepotenti le differenze. Questa non è lei, non c'entra niente con lei – ti viene da dire.
Ma non passa molto tempo che l'identificazione diventa totale. Succede senza che ci si accorga, per la bravura dell'attrice e per la suggestione della trama. E si finisce per rimanere ipnotizzati dalla sua figura, prigionieri della sua fisicità travolgente che spesso – e qui sta il suo mistero – era completamente priva di malizia.
Il film di Simon Curtis ripercorre le fasi della lavorazione de Il principe e la ballerina, in particolare il mese in cui Laurence Olivier, regista interprete e produttore, incontrò Marilyn e fu subito evidente che i loro rapporti sarebbero stati tesissimi.
Lei si sentiva insicura al cospetto di un mostro sacro del cinema europeo, lui non era disposto a sopportare i suoi “capricci”, che in realtà nascondevano un malessere profondo, attutito da un mix di medicinali che non faceva che peggiorare la situazione.
Ma nei rari momenti in cui stava bene, incoraggiata dalla sua insegnante di recitazione, Marilyn recitava come nessun'altra, con quella spontaneità e sensualità che l'hanno resa immortale. Lo stesso Olivier, per quanto non la stimasse come professionista, rimaneva estasiato osservandola entrare con grazia e naturalezza nel personaggio.
In generale però la lavorazione del film fu un'autentica agonia: Marilyn arrivava sul set con ore di ritardo, facendo aspettare gli attori e infuriare il protagonista/regista. Quando alla fine compariva spesso era troppo annebbiata per recitare. Un contrasto con il neomarito Arthur Miller acuì lo spossamento fisico e psicologico di Marilyn, tanto che molti si chiesero se il film sarebbe mai stato terminato.
Ma lei sapeva esibire le sue fragilità per attirare un certo tipo di uomini, giocando sul loro istinto di protezione. Fu quello che scattò nel giovane Colin Clark, che proveniva da una ricca e colta famiglia inglese ed era abbastanza affascinante da colpire Marilyn.
"E' incredibile – dice Eddie Redmayne, che interpreta Colin – come questo giovane, che non aveva mai lavorato nel cinema prima di allora, sia riuscito ad avere con la protagonista assoluta un'amicizia più intima di chiunque altro su quel set. Lui percepisce la fragilità di Marilyn, vede attraverso le porte chiuse. E non è intimidito dalla celebrità, essendo cresciuto in una casa in cui prendeva il tè con Olivier o la Fonteyn e con i più grandi compositori dell'epoca. La fama gli scivola addosso, quello che lo colpisce è il lato abbagliante di Marilyn unito a un altro aspetto straordinario, la sua vulnerabilità. La loro è una strana relazione. In un certo senso è un miscuglio tra un rapporto madre-figlio e il suo opposto, con lui che si prende cura di lei. E' una relazione delicata e profonda, qualcosa che resta tra Colin e Marilyn."
Dal libro di memorie di Clark, intitolato "La mia settimana con Marilyn", scritto a distanza di quarant'anni, è tratto un film da non perdere.
Perché l'immagine da bomba sexy di Marilyn faceva a botte con la sua insicurezza e col bisogno divorante di essere continuamente rassicurata, indirizzata, amata. Una fragilità smisurata che diveniva parte del suo fascino e che lei aveva imparato ad usare per catturare gli uomini. E combattere la sua solitudine.
Quando sullo schermo appare per la prima volta la Marilyn interpretata da Michelle Williams cantando e muovendosi felinamente, saltano agli occhi prepotenti le differenze. Questa non è lei, non c'entra niente con lei – ti viene da dire.
Ma non passa molto tempo che l'identificazione diventa totale. Succede senza che ci si accorga, per la bravura dell'attrice e per la suggestione della trama. E si finisce per rimanere ipnotizzati dalla sua figura, prigionieri della sua fisicità travolgente che spesso – e qui sta il suo mistero – era completamente priva di malizia.
Il film di Simon Curtis ripercorre le fasi della lavorazione de Il principe e la ballerina, in particolare il mese in cui Laurence Olivier, regista interprete e produttore, incontrò Marilyn e fu subito evidente che i loro rapporti sarebbero stati tesissimi.
Lei si sentiva insicura al cospetto di un mostro sacro del cinema europeo, lui non era disposto a sopportare i suoi “capricci”, che in realtà nascondevano un malessere profondo, attutito da un mix di medicinali che non faceva che peggiorare la situazione.
Ma nei rari momenti in cui stava bene, incoraggiata dalla sua insegnante di recitazione, Marilyn recitava come nessun'altra, con quella spontaneità e sensualità che l'hanno resa immortale. Lo stesso Olivier, per quanto non la stimasse come professionista, rimaneva estasiato osservandola entrare con grazia e naturalezza nel personaggio.
In generale però la lavorazione del film fu un'autentica agonia: Marilyn arrivava sul set con ore di ritardo, facendo aspettare gli attori e infuriare il protagonista/regista. Quando alla fine compariva spesso era troppo annebbiata per recitare. Un contrasto con il neomarito Arthur Miller acuì lo spossamento fisico e psicologico di Marilyn, tanto che molti si chiesero se il film sarebbe mai stato terminato.
Ma lei sapeva esibire le sue fragilità per attirare un certo tipo di uomini, giocando sul loro istinto di protezione. Fu quello che scattò nel giovane Colin Clark, che proveniva da una ricca e colta famiglia inglese ed era abbastanza affascinante da colpire Marilyn.
"E' incredibile – dice Eddie Redmayne, che interpreta Colin – come questo giovane, che non aveva mai lavorato nel cinema prima di allora, sia riuscito ad avere con la protagonista assoluta un'amicizia più intima di chiunque altro su quel set. Lui percepisce la fragilità di Marilyn, vede attraverso le porte chiuse. E non è intimidito dalla celebrità, essendo cresciuto in una casa in cui prendeva il tè con Olivier o la Fonteyn e con i più grandi compositori dell'epoca. La fama gli scivola addosso, quello che lo colpisce è il lato abbagliante di Marilyn unito a un altro aspetto straordinario, la sua vulnerabilità. La loro è una strana relazione. In un certo senso è un miscuglio tra un rapporto madre-figlio e il suo opposto, con lui che si prende cura di lei. E' una relazione delicata e profonda, qualcosa che resta tra Colin e Marilyn."
Dal libro di memorie di Clark, intitolato "La mia settimana con Marilyn", scritto a distanza di quarant'anni, è tratto un film da non perdere.
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