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libera critica cinematografica

 
 
 
 
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Locandina
 
 
 
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Trama

Due borghesi intellettuali francesi conoscono il fascino della rozzezza.

 
 
 
 
 
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Voti

Il voto del redattore

  • voto
  • 3/5
  • valutazione
  • Una commedia estroversa dai toni poco moderati che smaschera la finzione delle buone maniere per favorire l'imperfezione della naturalezza umana.
  •  
 
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Il voto dei lettori

  • voto medio
  • senza voto
  • numero votanti
  • Questo film è stato votato da 0 lettori
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Info

Il mio migliore incubo

di Anne Fontaine

 
    Dati
  • Titolo originale: Mon pire cauchemar
  • Soggetto:
  • Sceneggiatura: Nicolas Mercier, Anne Fontaine
  • Genere: Commedia - Sentimentale
  • Durata: 99 min.
     
  • Nazionalità: Francia
  • Anno: 2012
  • Produzione: Maison de Cinema, Pathé, M6 Films
  • Distribuzione: Bim Distribuzione
  • Data di uscita: 30 03 2012
 
 
 
 
 
 
 
 
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Recensione

Un ciclone in famiglia

di Keivan Karimi

Che il cinema francese d'esportazione avesse ampliato i propri orizzonti dal punto di vista stilistico e tematico è ormai riconosciuto da tutti i critici di livello internazionale, almeno se si prende in esame l'ultima stagione cinematografica d'oltralpe. Ciò che invece non era propriamente noto è che la commedia estroversa e poco raffinata è divenuta un caposaldo nel sistema di generi di tale produzione artistica. L'esempio più evidente è rappresentato dal farsesco Giù al Nord e dal successivo Quasi amici, entrambe commedie brillanti che spiccano non tanto per la magniloquenza espressiva ed interpretativa, ma più per il vigore della comicità mai troppo velata e piuttosto semplice da interpretare, così da poter essere esportata al di fuori dai confini francesi. Sulla stessa scia si pone la pellicola Il mio migliore incubo, diretta da Anne Fontaine, divenuta celebre per aver riportato in auge la figura di Coco Chanel nel biopic del 2009 con protagonista Audrey Tautou.
La miscela del film in questione è la stessa dei titoli suddetti: si prende in esame una famiglia tipica dell'alta borghesia parigina, dove spicca l'algida e seriosa Isabelle Huppert, madre e moglie dal portamento elevato, donna che predilige la classe e l'ordine alle emozioni quotidiane. Al nucleo familiare in questione si aggiunge l'intrusione di un personaggio fuori dal comune, uno stereotipo della provincialità e dello scarso savoir faire, in questo caso nei panni del comico belga Benoit Poelvoorde, perfetta antitesi della Huppert, uno scomodo e rumoroso manovale che irromperà nella vita mite e fin troppo quieta dei propri comprimari.
Il film si nutre e si solidifica proprio basandosi sulle gags assolutamente viscerali e poco contenute del personaggio “intruso”, del fenomeno da baraccone che rivoluzionerà in qualche modo l'esistenza di Agathe (il personaggio interpretato dalla Huppert) e di suo marito François, estraendo mano a mano dall'essenza dei due coniugi lati del loro carattere finora totalmente nascosti. Il personaggio dell'estroverso e folle Patrick rappresenta una sorta di deus ex machina della comicità moderna, quel simbolo di cambiamento, quel creatore e risolutore di situazioni che sarebbe piaciuto, con le rispettive proporzioni, ai drammaturghi dell'antico teatro greco. Patrick è una maschera buffa ed esagerata che utilizza il mezzo della spigliatezza e dell'innocente quanto burbera naturalezza espressiva per esprimersi e per mandare in frantumi il mondo pacato degli altri personaggi.
La Fontaine disegna un mondo, nella Parigi attuale, che inizialmente si fonda sulle buone maniere, magari anche poco realistiche, di cui la società è schiava, ci si nasconde nei meandri della moralità, si giudica l'altro dalle apparenze quotidiane, le stranezze sono viste come una sorta di follia ossessiva alienante e poco riconoscibile.
Il personaggio diPoelvoorde è fondamentale proprio per rompere le invisibili barriere della falsa buona creanza e  mettere a gambe all'aria una famiglia che rappresenta il mondo esteriore, mandando in estasi quei caratteri fino a quel momento racchiusi in un involucro fatto di senso del dovere e dell'apparire, della perfezione solo idealizzata. Il mio migliore incubo nella sua imperfezione ed esagerazione esclamativa riesce a pieno nell'intento per cui è stato creato: far ridere con un umorismo del tutto esplicito per mettere ko l'universo delle finte buone maniere. L'utilizzo di una attrice super impegnata come Isabelle Huppert è azzeccatissimo in tal senso, visto che l'esuberanza di Patrick riesce a distruggere il mito di una donna che il grande pubblico ricorda come simbolo aulico ed etereo della filmografia sofisticata di maestri come Claude Chabrol o Michael Haneke. Un film dunque divertente ed irridente, con quel messaggio di sottofondo ben pensato, che ha avuto discreto successo al Festival del Cinema di Roma dello scorso novembre, testimonianza della caparbietà comica dei francesi negli ultimi anni.

 
 
 
 
 
 
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