Il voto del redattore
- voto
- 3.5/5
- valutazione
- Ozpetek torna al cinema con un fantasioso omaggio alla recitazione.
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Magnifica presenza
di Ferzan Ozpetek
- Dati
- Titolo originale: Magnifica presenza
- Soggetto: Federica Pontremoli, Ferzan Ozpetek
- Sceneggiatura: Federica Pontremoli, Ferzan Ozpetek
- Genere: Commedia - Comico
- Durata: 115 min.
- Nazionalità: Italia
- Anno: 2012
- Produzione: Fandango, Faros Film, Rai Cinema
- Distribuzione: 01 Distribution
- Data di uscita: 16 03 2012
Recensione pubblicata il 06 04 2012
Questa recensione è stata letta 5509 volte
In una magnifica presenza l?omaggio di Ozpetek alla recitazione
di Anna Romana Sebastiani
Ferzan Ozpetek torna sul grande schermo con una storia in cui l’immaginario riesce a confondersi dolcemente con una realtà spesso crudele, la quale non lascia scampo agli eterni inseguitori dei propri sogni.
Magnifica Presenza intreccia realtà e finzione, proponendo una vecchia dicotomia del cinema in chiave moderna ed esistenziale; lungi dallo scivolare su tracciati già visti, il regista focalizza la narrazione sul personaggio di Pietro (Elio Germano), aspirante attore siciliano trapiantato a Roma in cerca di fortuna. Attraverso gli occhi del giovane ingenuo e trasognato, il film ci svela un segreto misterioso nascosto nelle stanze della casa dove Pietro vive.
Il mondo del giovane si racchiude in fantasiose aspirazioni che lo distaccano fortunatamente da una società ingannatrice e ingiusta, rappresentata dalle situazioni reali ma insolite a cui va incontro. C’è il lavoro notturno nella pasticceria dove crea degli appetitosi cornetti, c’è il solo vero contatto umano dato dall’amicizia con sua cugina, persona scaltra e sempre pronta a fiutare l’occasione giusta per emanciparsi dal suo lavoro di segretaria, c’è infine l’incontro con un uomo rispettabile che di notte si trasforma in un’altra persona.
Il personaggio di Elio Germano è stupendo, ha qualcosa di immaturo e infantile che sfiora la purezza più che l’ingenuità; non si può non adorarlo e paradossalmente invidiarlo per la leggerezza che trasmette agli spettatori che lo seguono nella sua scoperta della città.
Pietro è forse uno degli ultimi sognatori rimasti, comico e corrivo negli intensi momenti che regala durante i suoi provini, non conosce la malizia, innamorato di un ragazzo di cui sa solo il nome, con cui ha vissuto una serata appassionata diversi anni prima, anela a una relazione inventata e impossibile, la sola che riesce a riempirlo di speranza e vitalità.
Nella dimora antica del quartiere Monte Verde dove ha scelto di vivere si materializza una “magnifica presenza”, qualcuno che lo rimanda al passato ed a un segreto appartenuto alla Storia.
Diversamente dai coinquilini precedenti, Pietro è la persona giusta per accettare i particolari ospiti, la sua propensione all’immaginazione gli fa assimilare facilmente l’illusione che in un’apparente assenza si nasconda in realtà una presenza.
Il gioco “realtà/finzione” permea anche i personaggi intrappolati in casa, attori teatrali del passato in cerca di una spiegazione perduta.
E proprio Pietro li aiuterà a riannodare i fili di una vicenda oscura che ha sospeso nel tempo la loro compagnia teatrale, in cambio di preziose lezioni di recitazione. Il cuore del film può riassumersi nella frase “il trucco è tutto”, pronunciata da uno degli inaspettati inquilini, a sottolineare l’importanza che nella vita assume la costruzione di una maschera personale e credibile con cui ci confrontiamo coi nostri interlocutori, siano essi spettatori o persone con cui instaurare una vera relazione. In fondo Ozpetek vuole ricordare come la nostra esistenza sia un grande palcoscenico, in cui prima o poi arriva il momento della scelta: mantenere per sempre la finzione o perseguire la verità, quindi la realtà, anche a costo della propria vita.
Il film è un grande omaggio al teatro italiano del secolo scorso, che volti noti del nostro cinema (Beppe Fiorello, Margherita Buy, Vittoria Puccini) hanno avuto l’onere di riproporre.
Vengono sfoggiati fastosi costumi dell’epoca, eleganti e impeccabili sul corpo dei protagonisti, e una nota nostalgica per le vecchie tecniche di recitazione trapela dalla narrazione di Ozpetek, una specie di dimensione antica capace di circondare gli attori con un lucore sublime quasi impossibile da riscontrare nella contemporaneità.
Nell’epoca dell’ “iper-realtà” offerta dalle tecniche digitali avanzate viene da domandarsi se nel Cinema qualcosa sia stato lasciato per strada, se la formalità del passato non nasconda invece lo stentoreo racconto delle pulsioni umane nel suo significato più intimo. A dimostrazione di ciò, il balletto improvvisato dal personaggio della cameriera dimostra di essere semplice e musicale allo stesso tempo, quasi imbarazzante per la spontaneità su cui è basato. Eppure profuma di realtà, di corpo vibrante, nonostante esso sia solo una “magnifica presenza”.
Magnifica Presenza intreccia realtà e finzione, proponendo una vecchia dicotomia del cinema in chiave moderna ed esistenziale; lungi dallo scivolare su tracciati già visti, il regista focalizza la narrazione sul personaggio di Pietro (Elio Germano), aspirante attore siciliano trapiantato a Roma in cerca di fortuna. Attraverso gli occhi del giovane ingenuo e trasognato, il film ci svela un segreto misterioso nascosto nelle stanze della casa dove Pietro vive.
Il mondo del giovane si racchiude in fantasiose aspirazioni che lo distaccano fortunatamente da una società ingannatrice e ingiusta, rappresentata dalle situazioni reali ma insolite a cui va incontro. C’è il lavoro notturno nella pasticceria dove crea degli appetitosi cornetti, c’è il solo vero contatto umano dato dall’amicizia con sua cugina, persona scaltra e sempre pronta a fiutare l’occasione giusta per emanciparsi dal suo lavoro di segretaria, c’è infine l’incontro con un uomo rispettabile che di notte si trasforma in un’altra persona.
Il personaggio di Elio Germano è stupendo, ha qualcosa di immaturo e infantile che sfiora la purezza più che l’ingenuità; non si può non adorarlo e paradossalmente invidiarlo per la leggerezza che trasmette agli spettatori che lo seguono nella sua scoperta della città.
Pietro è forse uno degli ultimi sognatori rimasti, comico e corrivo negli intensi momenti che regala durante i suoi provini, non conosce la malizia, innamorato di un ragazzo di cui sa solo il nome, con cui ha vissuto una serata appassionata diversi anni prima, anela a una relazione inventata e impossibile, la sola che riesce a riempirlo di speranza e vitalità.
Nella dimora antica del quartiere Monte Verde dove ha scelto di vivere si materializza una “magnifica presenza”, qualcuno che lo rimanda al passato ed a un segreto appartenuto alla Storia.
Diversamente dai coinquilini precedenti, Pietro è la persona giusta per accettare i particolari ospiti, la sua propensione all’immaginazione gli fa assimilare facilmente l’illusione che in un’apparente assenza si nasconda in realtà una presenza.
Il gioco “realtà/finzione” permea anche i personaggi intrappolati in casa, attori teatrali del passato in cerca di una spiegazione perduta.
E proprio Pietro li aiuterà a riannodare i fili di una vicenda oscura che ha sospeso nel tempo la loro compagnia teatrale, in cambio di preziose lezioni di recitazione. Il cuore del film può riassumersi nella frase “il trucco è tutto”, pronunciata da uno degli inaspettati inquilini, a sottolineare l’importanza che nella vita assume la costruzione di una maschera personale e credibile con cui ci confrontiamo coi nostri interlocutori, siano essi spettatori o persone con cui instaurare una vera relazione. In fondo Ozpetek vuole ricordare come la nostra esistenza sia un grande palcoscenico, in cui prima o poi arriva il momento della scelta: mantenere per sempre la finzione o perseguire la verità, quindi la realtà, anche a costo della propria vita.
Il film è un grande omaggio al teatro italiano del secolo scorso, che volti noti del nostro cinema (Beppe Fiorello, Margherita Buy, Vittoria Puccini) hanno avuto l’onere di riproporre.
Vengono sfoggiati fastosi costumi dell’epoca, eleganti e impeccabili sul corpo dei protagonisti, e una nota nostalgica per le vecchie tecniche di recitazione trapela dalla narrazione di Ozpetek, una specie di dimensione antica capace di circondare gli attori con un lucore sublime quasi impossibile da riscontrare nella contemporaneità.
Nell’epoca dell’ “iper-realtà” offerta dalle tecniche digitali avanzate viene da domandarsi se nel Cinema qualcosa sia stato lasciato per strada, se la formalità del passato non nasconda invece lo stentoreo racconto delle pulsioni umane nel suo significato più intimo. A dimostrazione di ciò, il balletto improvvisato dal personaggio della cameriera dimostra di essere semplice e musicale allo stesso tempo, quasi imbarazzante per la spontaneità su cui è basato. Eppure profuma di realtà, di corpo vibrante, nonostante esso sia solo una “magnifica presenza”.
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