Ex primo ministro inglese, ormai molto anziana, alle prese con i ricordi e con il probabile sopraggiungere della malattia.
Il voto del redattore
- voto
- 2.5/5
- valutazione
- Biopic nel complesso poco coerente e traballante, in cui si impone la maestosità ed il trasformismo della Streep, così brava da rendere affabile persino la Lady di ferro.
Il voto dei lettori
- voto medio
- senza voto
- numero votanti
- Questo film è stato votato da 0 lettori
- di Sean Penn
- dal 25 01 2008
- genere Drammatico
- tipo Biografico
- Lorenzo Morganti
- Contro Il pessimo metodo
- A favore La violenza della psicoanalisi
- Sara Troilo Vs. Keivan Karimi
The Iron lady
di Phyllida Lloyd
- Dati
- Titolo originale: The Iron lady
- Soggetto: Tratto dall'aautobiografia: Come sono arrivata a Downing Street
- Sceneggiatura: Abi Morgan
- Genere: Drammatico - Biografico
- Durata: 104 min.
- Nazionalità: Gran Bretagna
- Anno: 2012
- Produzione: Film4, Pathé, UK Film Council
- Distribuzione: Bim Distribuzione
- Data di uscita: 27 01 2012
E' Meryl la vera donna d'acciaio
di Keivan Karimi
Biografia
cinematografica e pseudo spettacolare di uno dei personaggi femminili
più eminenti della storia del Novecento europeo, ovvero Margaret
Thatcher, la lady di ferro più discussa degli ultimi cento anni.
L'impressione, vedendo il trailer e le presentazioni, è che il film
possa esaltare in maniera ampia e seducente la figura della Thatcher,
ex primo ministro britannico, in carica per ben tre mandati tra il
1979 ed il 1990. In effetti Phyllida Lloyd, inesperta autrice del
mieloso ed iper-commerciale musical Mamma mia,
nella prima parte del suo biopic prova a enfatizzare le mille
difficoltà di una ragazza dai forti ideali conservatori nel provare
a scalare la vetta del successo politico, mettendole contro le
bigotte e arcaiche idee degli uomini di provincia. La giovane
Margaret, quando di cognome faceva ancora Roberts, figlia di un
fornaio ideologicamente piuttosto acceso, è vista come un'eroina
impassibile e rigida, fin dai primi vagiti politicizzanti. L'idea di
contrapporre la biografia cronologica del personaggio ai suoi
fantasmi ricorrenti in vecchiaia è piuttosto estrosa ma convincente,
eppure nei tempi e nello sviluppo di questa narrazione bidimensionale
pecca la mancanza di una sensibilità nel rapporto senso/controsenso,
ovvero di un'alternanza fondamentale per rendere l'intreccio tra i
due tempi differenti collegato e conseguenziale, un po' nello stile
ben riuscito della diegesi del Benjamin Button diDavid Fincher.
Scorrendo in avanti, la narrazione e la costruzione
del personaggio cominciano a far intravedere delle pecche, degli
strappi nella personalità e nelle scelte vitali della Thatcher,
finalmente non più vista solo come una valchiria onnipotente, ma
anche come donna cocciuta e leader a metà tra il carismatico ed il
vanitoso opprimente.
Eppure l'autrice salta a piè pari, facendo
restare giusto qualche rimasuglio narrativo per dovere di cronaca,
alcuni tra i casi più scottanti dell'era thatcheriana nei feroci
anni '80 del Regno Unito, lo sciopero della fame di alcuni
prigionieri irlandesi, le rivolte operaie, la povertà e la crisi
incalzante nelle province anglosassoni, soffermandosi solo
sull'esplosione al Grand Hotel di Brighton del 1984, al quale il
primo ministro e suo marito Dennis sono scampati per pochissimo.
Troppe dimenticanze, dovute forse alla base principale del film, che
non è affatto il mostrare la storia dell'Inghilterra tra il 79 ed il
90, bensì l'autobiografia letteraria scritta dalla stessa Iron Lady
dal titolo Come sono arrivata a Downing Street.
E' un film dunque leggermente controverso, capace a tratti di realizzare giustamente un profilo completo e realistico sulle misure drastiche e a volte crudeli che questa donna ha voluto imporre al proprio paese, ma con la tentazione, anche qui troppo spesso, di schierarsi completamente e ciecamente dalla sua parte, come nella spiegazione della onerosa e sanguinosa guerra navale per le Isole Falkland voluta insistentemente dal primo ministro in persona. In tutto questo calderone di alti e bassi spicca lei, la regina della recitazione moderna, Meryl Streep, alla sua ennesima prova da attrice trasformista implacabile. E' lei la vera donna d'acciaio, inossidabile, sempre idonea ad ogni ruolo, capace in questa occasione non solo di interpretare un accento anglosassone piuttosto veritiero, ma anche di mantenere quel livello di signorilità e cinismo tipico della Thatcher, anche in vecchiaia. Anche la versatilità dei suoi comprimari inglesi, come lo splendido Jim Broadbent nel ruolo di suo marito, arricchiscono un'operazione ardua e sicura di accogliere qualche polemica di troppo. La regia non è né spettacolare né troppo didascalica e prolissa, ma fallisce nell'atto di razionalizzare un biopic e metterlo in un universo coerente ed autoriale. Ribadiamo, l'impresa era piuttosto complicata, ma l'atto troppo continuo di chiedere allo spettatore di schierarsi pro e contro miss Margaret è sinonimo di una faticosa rappresentazione lasciata quasi tutta in mano alla bravura della regina Meryl.
I lettori hanno scritto 1 commento
- indirizzo IP 83.103.87.142
- data e ora Martedì 21 Febbraio 2012 [17:07]
- commento Condivido in pieno. In regia non ci sono guizzi d'autore, ma sua altezza Meryl offre l'ennesima prestazione maiuscola. E non puoi che uscire dalla sala con la sensazione di non aver sprecato i soldi del biglietto.
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