Anni '70, un agente segreto in pensione torna in servizio per scoprire chi, tra i suoi ex colleghi, sta tradendo l' MI6.
Il voto del redattore
- voto
- 3.5/5
- valutazione
- Molta vodka e poco Martini per un cocktail poco modaiolo ma per intenditori, che ci fa apprezzare un anti-Bond come George Smiley, soprattutto grazie alla misurata interpretazione di Gary Oldman.
Il voto dei lettori
- voto medio
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02 11 2013
La talpa
di Tomas Alfredson
- Dati
- Titolo originale: Tinker, Tailor, Soldier, Spy
- Soggetto: Tratto dal romanzo omonimo di John le Carré
- Sceneggiatura: Bridget O'Connor, Peter Straughan
- Genere: Giallo - Spionaggio
- Durata: 127 min.
- Nazionalità: U.K.
- Anno: 2012
- Produzione: Studio Canal, Working Title Films
- Distribuzione: Medusa
- Data di uscita: 13 01 2012
- Link
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- Il sito italiano
Recensione pubblicata il 23 01 2012
Questa recensione è stata letta 2904 volte
Fidarsi è bene...
di Emanuel Perico
1973. Ci troviamo a Londra in piena Guerra Fredda. C’è subbuglio tra gli alti ranghi dell’Intelligence britannica che a causa di una missione andata storta in Ungheria, perde il suo n°.1, Control.
Il suo braccio destro Smiley, costretto al pensionamento anticipato, viene però richiamato in servizio per smascherare un infiltrato doppiogiochista insinuatosi ai vertici del Circus e che da tempo agisce per conto dei sovietici.
La sensazione di essere osservati dalla fila posteriore della sala ci pervade già dopo 30 secondi dall’inizio della pellicola e si viene rapiti dall’atmosfera plumbea e trattenuta de La Talpa, adattamento di uno dei romanzi più celebri di John Le Carré (in origine Tinker, Tailor, Soldier, Spy) ad opera del sofisticato regista svedese Tomas Alfredson già apprezzato per il suo esordio con il memorabile Lasciami entrare. Non si tratta della prima volta per il romanzo di Le Carrè, che già aveva preso vita sullo schermo nel 1979
Il cast di prim'ordine, nel quale svetta su tutti un rigoroso Gary Oldman (che presto rivedremo nel capitolo finale della saga di Batman) nei panni del ruvido e malinconico George Smiley (più che un nome un ossimoro, nda), è ben orchestrato a partire dal tormentato John Hurt che dà il volto a Control e all’ambiguo Colin Firth.
Completano il gruppo Toby Jones (il perfido Percy Alleline), Kathy Burke (che interpreta Connie Sachs, personaggio chiave nella vicenda) e Benedict Cumberbatch alias Peter Guillam, il giovane aiutante di Smiley (apprezzato anche nella recente serie TV in onda sulla BBC dedicata al detective Sherlock Holmes).
Lo sceneggiatore Peter Straughan ha sacrificato un poco della brillantezza che lo aveva reso noto al pubblico con L’uomo che fissa le capre, per uno stile più asciutto e consono alle tematiche trattate.
Sia chiaro, non si tratta di un film facile, non è una passeggiata, tant'è che bisogna ricorrere ad uno sforzo mnemonico iniziale per tenere a mente tutti i nomi e i collegamenti.
Anche l’utilizzo dei flashback non sempre risulta fluido e a tratti può sembrare fastidioso, poco chiarificante e a sprazzi nemmeno troppo necessario e ciò inevitabilmente grava sul livello di attenzione.
Però la differenza tra una storia di spionaggio qualunque e La Talpa, è proprio il fatto che chi la scrisse, ovvero John Le Carrè, sia stato realmente un agente segreto nel MI6 (l'agenzia di spionaggio d’oltre manica). Quindi chi meglio di lui può conoscere i meccanismi, gli intrecci e le sottotrame? Lo stile di Le Carrè è però molto poco cinematografico e questo lo si avverte in più di un occasione. Ed è qui che vengono in soccorso il talento visivo del regista e la livida fotografia di Hoyte Van Hoytema che già aveva sapientemente illuminato il precedente lavoro di Alfredson.
Menzione particolare va fatta alla minuziosa e quasi maniacale ricostruzione scenografica (si notino le splendide carte da parati e l’oggettistica originale anni '70, come ad esempio le tazzine da caffè).
Ciò che disorienta maggiormente, comunque, è la sensazione che manchi sempre qualcosa all’appello e probabilmente questo è dovuto alla necessità di trasporre sullo schermo in un tempo condensato quello a cui in un libro viene dedicato molto più spazio, sacrificando, in questo modo, alcuni eventi determinanti al naturale svolgersi della vicenda. Per un film di questo calibro ci si aspettava una durata molto più importante soprattutto se teniamo presente che in una precedente trasposizione televisiva del 1979, per la BBC, era stata prodotta una miniserie di sette episodi (contro gli scarsi 128 minuti del film di Tomas Alfredson) e che vedeva come protagonista Sir Alec ”Obi-Wan” Guinness.
Volendo forzare un parallelismo con un altro film di genere quale Le vite degli altri, in quel caso la forza era l’identificazione con i personaggi, cosa che ne La Talpa risulta difficoltosa a causa della personalità “sintetica” dei personaggi (intesa sia come “artificiale” che come poco articolata).
Ma sappiamo benissimo che l’eterno conflitto cellulosa vs. celluloide si chiude sempre con un netto vantaggio della prima sulla seconda. Ed è per questo che il vero valore aggiunto alla storia va cercato al di fuori dell’intricata ragnatela di intrighi che ci viene dipanata, ovvero nel burbero e taciturno character di Smiley (ed in questo Gary Oldman si rivela maestro assoluto) e nella trama sottesa tra le righe del racconto di per sé anche un po’ retorico (praticamente tutti i film di spionaggio partono dallo stesso presupposto), che potremmo quasi definire “romantica” e nella sua seconda vita ovvero quella di normale essere umano con una moglie e una routine. Parallelamente vediamo il tradimento personale subìto tramutarsi in tradimento globale, traslato su larga scala che porterà il protagonista a riflettere sul sé, e a risolvere l’enigma della cospirazione come in una sorta di catarsi privata (e mi fermo qua per evitare lo spoiler).
La Talpa è l’altra faccia dei film di spionaggio, quella in ombra, meno spaccona e glamour (leggasi i vari 007), più opaca, quasi noiosa potremmo dire, ma proprio per questo motivo quella che ti rimane più impressa addosso con quel senso fastidioso del non detto, del celato e del torbido.
Gli amanti del genere (e di Le Carrè in generale) adoreranno questo film (redattore compreso), che rimane senza ombra di dubbio un ottimo prodotto dal punto di vista tecnico-stilistico.
Chi però si aspettava inseguimenti mozzafiato e sonore esplosioni, nonché avvenenti femme fatales a corollario, rimarrà sicuramente deluso.
Il suo braccio destro Smiley, costretto al pensionamento anticipato, viene però richiamato in servizio per smascherare un infiltrato doppiogiochista insinuatosi ai vertici del Circus e che da tempo agisce per conto dei sovietici.
La sensazione di essere osservati dalla fila posteriore della sala ci pervade già dopo 30 secondi dall’inizio della pellicola e si viene rapiti dall’atmosfera plumbea e trattenuta de La Talpa, adattamento di uno dei romanzi più celebri di John Le Carré (in origine Tinker, Tailor, Soldier, Spy) ad opera del sofisticato regista svedese Tomas Alfredson già apprezzato per il suo esordio con il memorabile Lasciami entrare. Non si tratta della prima volta per il romanzo di Le Carrè, che già aveva preso vita sullo schermo nel 1979
Il cast di prim'ordine, nel quale svetta su tutti un rigoroso Gary Oldman (che presto rivedremo nel capitolo finale della saga di Batman) nei panni del ruvido e malinconico George Smiley (più che un nome un ossimoro, nda), è ben orchestrato a partire dal tormentato John Hurt che dà il volto a Control e all’ambiguo Colin Firth.
Completano il gruppo Toby Jones (il perfido Percy Alleline), Kathy Burke (che interpreta Connie Sachs, personaggio chiave nella vicenda) e Benedict Cumberbatch alias Peter Guillam, il giovane aiutante di Smiley (apprezzato anche nella recente serie TV in onda sulla BBC dedicata al detective Sherlock Holmes).
Lo sceneggiatore Peter Straughan ha sacrificato un poco della brillantezza che lo aveva reso noto al pubblico con L’uomo che fissa le capre, per uno stile più asciutto e consono alle tematiche trattate.
Sia chiaro, non si tratta di un film facile, non è una passeggiata, tant'è che bisogna ricorrere ad uno sforzo mnemonico iniziale per tenere a mente tutti i nomi e i collegamenti.
Anche l’utilizzo dei flashback non sempre risulta fluido e a tratti può sembrare fastidioso, poco chiarificante e a sprazzi nemmeno troppo necessario e ciò inevitabilmente grava sul livello di attenzione.
Però la differenza tra una storia di spionaggio qualunque e La Talpa, è proprio il fatto che chi la scrisse, ovvero John Le Carrè, sia stato realmente un agente segreto nel MI6 (l'agenzia di spionaggio d’oltre manica). Quindi chi meglio di lui può conoscere i meccanismi, gli intrecci e le sottotrame? Lo stile di Le Carrè è però molto poco cinematografico e questo lo si avverte in più di un occasione. Ed è qui che vengono in soccorso il talento visivo del regista e la livida fotografia di Hoyte Van Hoytema che già aveva sapientemente illuminato il precedente lavoro di Alfredson.
Menzione particolare va fatta alla minuziosa e quasi maniacale ricostruzione scenografica (si notino le splendide carte da parati e l’oggettistica originale anni '70, come ad esempio le tazzine da caffè).
Ciò che disorienta maggiormente, comunque, è la sensazione che manchi sempre qualcosa all’appello e probabilmente questo è dovuto alla necessità di trasporre sullo schermo in un tempo condensato quello a cui in un libro viene dedicato molto più spazio, sacrificando, in questo modo, alcuni eventi determinanti al naturale svolgersi della vicenda. Per un film di questo calibro ci si aspettava una durata molto più importante soprattutto se teniamo presente che in una precedente trasposizione televisiva del 1979, per la BBC, era stata prodotta una miniserie di sette episodi (contro gli scarsi 128 minuti del film di Tomas Alfredson) e che vedeva come protagonista Sir Alec ”Obi-Wan” Guinness.
Volendo forzare un parallelismo con un altro film di genere quale Le vite degli altri, in quel caso la forza era l’identificazione con i personaggi, cosa che ne La Talpa risulta difficoltosa a causa della personalità “sintetica” dei personaggi (intesa sia come “artificiale” che come poco articolata).
Ma sappiamo benissimo che l’eterno conflitto cellulosa vs. celluloide si chiude sempre con un netto vantaggio della prima sulla seconda. Ed è per questo che il vero valore aggiunto alla storia va cercato al di fuori dell’intricata ragnatela di intrighi che ci viene dipanata, ovvero nel burbero e taciturno character di Smiley (ed in questo Gary Oldman si rivela maestro assoluto) e nella trama sottesa tra le righe del racconto di per sé anche un po’ retorico (praticamente tutti i film di spionaggio partono dallo stesso presupposto), che potremmo quasi definire “romantica” e nella sua seconda vita ovvero quella di normale essere umano con una moglie e una routine. Parallelamente vediamo il tradimento personale subìto tramutarsi in tradimento globale, traslato su larga scala che porterà il protagonista a riflettere sul sé, e a risolvere l’enigma della cospirazione come in una sorta di catarsi privata (e mi fermo qua per evitare lo spoiler).
La Talpa è l’altra faccia dei film di spionaggio, quella in ombra, meno spaccona e glamour (leggasi i vari 007), più opaca, quasi noiosa potremmo dire, ma proprio per questo motivo quella che ti rimane più impressa addosso con quel senso fastidioso del non detto, del celato e del torbido.
Gli amanti del genere (e di Le Carrè in generale) adoreranno questo film (redattore compreso), che rimane senza ombra di dubbio un ottimo prodotto dal punto di vista tecnico-stilistico.
Chi però si aspettava inseguimenti mozzafiato e sonore esplosioni, nonché avvenenti femme fatales a corollario, rimarrà sicuramente deluso.
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