Il voto del redattore
- voto
- 2.5/5
- valutazione
- Un biopic arduo e dialettico nel quale le ricostruzioni scenografiche sovrastano candidamente i contenuti narrativi e spettacolari.
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02 11 2013
J. Edgar
di Clint Eastwood
- Dati
- Titolo originale: J. Edgar
- Soggetto: Basato sulla vita di J. Edgar Hoover
- Sceneggiatura: Dustin Lance Black
- Genere: Drammatico - Biografico
- Durata: 137 min.
- Nazionalità: U.S.A.
- Anno: 2012
- Produzione: Imagine Entertainment, Malpaso Productions, Wintergreen Productions
- Distribuzione: Warner Bros.
- Data di uscita: 04 01 2012
- Link
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Recensione pubblicata il 18 01 2012
Questa recensione è stata letta 1883 volte
I complotti del bureau specchio di mezzo secolo americano
di Keivan Karimi
I più maligni dissero circa un anno fa che Hereafter avrebbe rappresentato l'ultimo capolavoro di uno stanco e sempre più superstizioso Clint Eastwood alla regia, quasi a volergliela tirare contro. Invece il caro vecchio cowboy delle pellicole sgranate di Sergio Leone si ripresenta con un biopic molto particolare, quasi sconosciuto al pubblico extra-americano o comunque a coloro poco interessati allo sviluppo sociale degli Usa.
Eastwood traccia il profilo di J. Edgar Hoover, capo dell'FBI per quasi cinquant'anni, uno degli uomini più potenti e scabrosi d'oltreoceano nella storia del Ventesimo secolo. Il regista si affida ciecamente alle capacità interpretative e trasformiste di Leonardo Di Caprio, il quale dopo aver impersonificato un altro grande protagonista della storia americana contemporanea come Howard Huges in The Aviator, si ritrova a calarsi negli scomodi e dialettici panni di Hoover, componendo un discreto assolo di tensione realistica.
Il film, senza girarci troppo attorno, è al 70% basato sull'abilità di Di Caprio, come se Clint avesse voluto regalargli la possibilità di concorrere all'Oscar o a qualche ulteriore premio per l'interpretazione cucendogli addosso dei panni complicati ma ben affilati.
Il personaggio di J. Edgar è interessantissimo, costruito su un carattere burbero e cocciuto, sull'ascesa di un uomo apparentemente indistruttibile ma fondamentalmente fragile e pieno di vizi impropri. L'amore mai troppo dichiarato per il collega Clyde Tolson, l'attaccamento morboso alla madre Anne Marie, la mania di protagonismo nel lavoro hanno inciso sul potere di questo soggetto, mai troppo amato dai presidenti Usa che si sono succeduti durante la sua carica al bureau.
Il progetto ambizioso di Eastwood riesce particolarmente bene dunque nella caratterizzazione del personaggio principale, nel rendere scomodo ma invincibile un character che nella propria storia reale non ha lasciato molto parlare di sé, a parte le presunte attrazioni omosessuali di cui si è discusso negli anni '40.
Per il resto il contorno non è magniloquente né troppo affascinante, visto che tutto lo sforzo degli autori sembra fermarsi alle ricostruzioni, alla similitudine nelle atmosfere e nei tempi, nel make-up dei personaggi certamente speciale e sopra le righe. Ma il rischio è quello di cadere da una biografia accentuata e particolarmente avvincente ad una sorta di Cocoon anni '70, quando l'attenzione converge su Di Caprio e la sua segretaria Naomi Watts invecchiati e rugosi come fossero protagonisti della pellicola degli arzilli vecchietti firmata da Ron Howard nel 1985. Come detto la scenografia è eccellente, il fatto che gli uffici dell'FBI siano stati riproposti in uno stile così realistico è certamente un vanto per il film, ma Clint stesso dovrebbe ben sapere che non è solo la parte estetica a dover conquistare i cinefili. A parte il Di Caprio personaggio a tutto tondo, gli altri spunti di J. Edgar si rivolgono ad una linearità narrativa e nostalgica inarrestabilmente dialettica e razionale, non sembra mai scoppiare quella scintilla illogica e maligna come in Gran Torino da appassionare e dare un tono superiore allo svolgimento dell'opera. I tanti, troppi dialoghi serrati tra Hoover e i suoi comprimari, anche in tarda età, ad un passo dal baratro, appaiono insistenti e confusi, lasciano poco spazio all'azione. Di certo l'intento di Eastwood non era di girare un film rivolto alla spettacolarizzazione esterna, alla storia americana del Novecento riproposta in una salsa cronologicamente vigorosa, ma lo spettacolo vero si ferma agli interni, a quei caldi uffici del bureau da cui fuoriescono macchiette di giovani agenti falsamente intriganti e assolutamente terrorizzati dalla figura di J. Edgar. Probabilmente Clint ci ha abituati negli ultimi anni a lavori di pregio nel contenuto e nella forma, ciò che ci resta è comunque un Di Caprio sopra le righe ma confermato nel ruolo di assoluto interprete del cinema americano contemporaneo.
Eastwood traccia il profilo di J. Edgar Hoover, capo dell'FBI per quasi cinquant'anni, uno degli uomini più potenti e scabrosi d'oltreoceano nella storia del Ventesimo secolo. Il regista si affida ciecamente alle capacità interpretative e trasformiste di Leonardo Di Caprio, il quale dopo aver impersonificato un altro grande protagonista della storia americana contemporanea come Howard Huges in The Aviator, si ritrova a calarsi negli scomodi e dialettici panni di Hoover, componendo un discreto assolo di tensione realistica.
Il film, senza girarci troppo attorno, è al 70% basato sull'abilità di Di Caprio, come se Clint avesse voluto regalargli la possibilità di concorrere all'Oscar o a qualche ulteriore premio per l'interpretazione cucendogli addosso dei panni complicati ma ben affilati.
Il personaggio di J. Edgar è interessantissimo, costruito su un carattere burbero e cocciuto, sull'ascesa di un uomo apparentemente indistruttibile ma fondamentalmente fragile e pieno di vizi impropri. L'amore mai troppo dichiarato per il collega Clyde Tolson, l'attaccamento morboso alla madre Anne Marie, la mania di protagonismo nel lavoro hanno inciso sul potere di questo soggetto, mai troppo amato dai presidenti Usa che si sono succeduti durante la sua carica al bureau.
Il progetto ambizioso di Eastwood riesce particolarmente bene dunque nella caratterizzazione del personaggio principale, nel rendere scomodo ma invincibile un character che nella propria storia reale non ha lasciato molto parlare di sé, a parte le presunte attrazioni omosessuali di cui si è discusso negli anni '40.
Per il resto il contorno non è magniloquente né troppo affascinante, visto che tutto lo sforzo degli autori sembra fermarsi alle ricostruzioni, alla similitudine nelle atmosfere e nei tempi, nel make-up dei personaggi certamente speciale e sopra le righe. Ma il rischio è quello di cadere da una biografia accentuata e particolarmente avvincente ad una sorta di Cocoon anni '70, quando l'attenzione converge su Di Caprio e la sua segretaria Naomi Watts invecchiati e rugosi come fossero protagonisti della pellicola degli arzilli vecchietti firmata da Ron Howard nel 1985. Come detto la scenografia è eccellente, il fatto che gli uffici dell'FBI siano stati riproposti in uno stile così realistico è certamente un vanto per il film, ma Clint stesso dovrebbe ben sapere che non è solo la parte estetica a dover conquistare i cinefili. A parte il Di Caprio personaggio a tutto tondo, gli altri spunti di J. Edgar si rivolgono ad una linearità narrativa e nostalgica inarrestabilmente dialettica e razionale, non sembra mai scoppiare quella scintilla illogica e maligna come in Gran Torino da appassionare e dare un tono superiore allo svolgimento dell'opera. I tanti, troppi dialoghi serrati tra Hoover e i suoi comprimari, anche in tarda età, ad un passo dal baratro, appaiono insistenti e confusi, lasciano poco spazio all'azione. Di certo l'intento di Eastwood non era di girare un film rivolto alla spettacolarizzazione esterna, alla storia americana del Novecento riproposta in una salsa cronologicamente vigorosa, ma lo spettacolo vero si ferma agli interni, a quei caldi uffici del bureau da cui fuoriescono macchiette di giovani agenti falsamente intriganti e assolutamente terrorizzati dalla figura di J. Edgar. Probabilmente Clint ci ha abituati negli ultimi anni a lavori di pregio nel contenuto e nella forma, ciò che ci resta è comunque un Di Caprio sopra le righe ma confermato nel ruolo di assoluto interprete del cinema americano contemporaneo.
I lettori hanno scritto 1 commento
Francesca Paciulli
- indirizzo IP 83.103.87.142
- data e ora Venerdì 24 Febbraio 2012 [18:04]
- commento Finora non mi è mai capitato con Clint. Ma 'stavolta ho seriamente rischiato di addormentarmi in sala. E il make-up stile "Gli sgommati" non ha giovato ai suoi interpreti. Di Caprio ci ha messo l'anima e Watts, pur in un piccolo (ma decisivo) ruolo, riesce a brillare, la regia però mi è sembrata piuttosto didascalica.
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