Il voto del redattore
- voto
- 3.5/5
- valutazione
- Un buon film di soldati americani, un po' più realistici del solito
Il voto dei lettori
- voto medio
- 3/5
- numero votanti
- Questo film è stato votato da 1 lettore
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02 11 2013
Buffalo Soldiers
di Gregor Jordan
- Dati
- Titolo originale: Buffalo Soldiers
- Soggetto: Robert O'Connor (romanzo)
- Sceneggiatura: Eric Weiss, Nora Maccoby, Gregor Jordan
- Genere: Commedia - Guerra
- Durata: 98'
- Nazionalità: USA, Gran Bretagna, Germania
- Anno: 2001
- Produzione: Rainer Grupe, Ariane Moody
- Distribuzione: Buena Vista
- Data di uscita: 00 00 0000
Recensione pubblicata il 22 07 2005
Questa recensione è stata letta 17528 volte
Punto di ebollizione
di Alice Trippolini
Buffalo soldiers
non è proprio un film di guerra, ma non è neanche una commedia, oppure
un giallo. Potrebbe definirsi un miscuglio di tutto ciò, un miscuglio
ben riuscito, soprattutto considerando l'anno di produzione (2001, anno
difficile per il cinema impegnato) e l'argomento scottante: le basi
militari americane dislocate nella Germania Ovest e la politica di
gestione dell'esercito durante gli anni '80.
Il film è ambientato a Stuttgart, Germania Ovest, nel 1989, all'interno di una base militare americana. Siamo in piena guerra fredda, in concomitanza con l'imminente crollo del muro di Berlino e nella base americana Theodore Roosvelt ci sono soldati molto poco motivati. Il governo americano, dopo lo scandalo Vietnam e la carenza di volontari, arruola nell'esercito giovani carcerati, proponendo loro il servizio militare volontario al posto della pena da scontare.
La denuncia della corruzione nelle basi americane è il tema principale del film, argomento che il regista Gregor Jordan deve conoscere molto bene, essendo cresciuto in una base militare americana in Australia. Altrettanto si può dire per i riferimenti alla guerra del Vietnam, poiché il padre del regista vi ha combattuto come pilota e il personaggio del sergente Lee è il classico veterano ossessionato dal complotto e dalla brutalità.
Da subito emerge una condanna della politica estera americana che non esita a mandare al macello migliaia di soldati per combattere guerre inutili, scegliendo poi di rimpiazzarli con pregiudicati tirati fuori dal carcere, ironici Buffalo Soldiers. Il protagonista, Ray Elwood (Joaquin Phoenix) è un ladro d'auto e i suoi compagni di battaglione sono tossicodipendenti, spacciatori, tutti provenienti dalla prigione. Qualsiasi cosa venga spedita dagli Stati Uniti alla base è rivenduta al mercato nero tedesco: l'affare migliore è però quello della raffinazione di cocaina, che il protagonista gestisce utilizzando il laboratorio chimico della base.
Questa situazione di equilibrio viene interrotta dall'arrivo del sergente Lee (Scott Glenn), uomo deciso a ripristinare l'ordine, ma che allo stesso tempo sembra avere un ruolo occulto all'interno della base. La trama mette subito in conflitto Ray e il sergente Lee, senza schierarsi a favore dell'uno o dell'altro, ma scegliendo di mostrarne le piccolezze. Ray è pur sempre un ladro, che spesso gioca con affari più grandi di lui, sceglie i compromessi e non è un eroe per nessuno. Il sergente è duro, impassibile, ma dietro la maschera di eroe del Vietnam c'è la rabbia e la frustrazione di chi deve cercare una motivazione nella violenza, non avendo rapporti umani soddisfacenti. Forse un po' banale la love story che nasce tra Ray e la ribelle figlia del sergente Robyn (Anna Paquin), ma nel complesso il film si snoda bene, fornendo anche un colpo di scena finale che contribuisce a caratterizzare personaggi poco chiari e a risolvere il giallo.
La tensione cresce in modo continuo con il precipitare degli eventi, anche se a tratti viene smorzata alternando momenti di scontro a pause romantico-visionarie, fino al punto di ebollizione, quando, nel processo di raffinazione, l'eroina diventa un micidiale esplosivo. Un punto da cui non si può tornare indietro, li' il piccolo universo corrotto della base implode spazzando via i buoni e i cattivi e lasciando solo un fumo nero.
Buffalo soldiers è un film che riesce a coniugare bene l'impegno e l'intrattenimento, senza cadere nel patetico e senza nascondersi dietro una sceneggiatura approssimativa. I personaggi sono ben caratterizzati e gli attori sono perfetti nei ruoli che ricoprono, aiutati da una gestualità molto marcata che il regista sottolinea con riprese ravvicinate. Emozionante è la scena in cui Ray e Robyn si buttano in piscina facendo un salto di dieci metri: l'agitazione è palpabile e coinvolgente, sembra di essere lì.
L'idea del salto e della caduta nel vuoto apre e conclude il film, come una specie di cerchio all'interno del quale inserire la vita di Ray. Una parte importante del film è costituita dalla colonna sonora, composta da pezzi soul, rap e hip pop, che fa da contorno ironico alla vita nella base. Memorabile la sequenza in cui due tossici guidano un carrarmato per il paese, travolgendo le auto e facendo scoppiare una pompa di benzina. La regia che alterna interno/esterno e la musica a tutto volume trasformano la scena in un grottesco affresco contemporaneo: l'esercito è composto dai relitti della società, che non sanno quello che fanno e vivono in un mondo alterato. Unica pecca, gli ultimi cinque minuti: il lieto fine non è coerente con tutto il resto del film, ma in tempi come questi ci si accontenta volentieri.
Il film è ambientato a Stuttgart, Germania Ovest, nel 1989, all'interno di una base militare americana. Siamo in piena guerra fredda, in concomitanza con l'imminente crollo del muro di Berlino e nella base americana Theodore Roosvelt ci sono soldati molto poco motivati. Il governo americano, dopo lo scandalo Vietnam e la carenza di volontari, arruola nell'esercito giovani carcerati, proponendo loro il servizio militare volontario al posto della pena da scontare.
La denuncia della corruzione nelle basi americane è il tema principale del film, argomento che il regista Gregor Jordan deve conoscere molto bene, essendo cresciuto in una base militare americana in Australia. Altrettanto si può dire per i riferimenti alla guerra del Vietnam, poiché il padre del regista vi ha combattuto come pilota e il personaggio del sergente Lee è il classico veterano ossessionato dal complotto e dalla brutalità.
Da subito emerge una condanna della politica estera americana che non esita a mandare al macello migliaia di soldati per combattere guerre inutili, scegliendo poi di rimpiazzarli con pregiudicati tirati fuori dal carcere, ironici Buffalo Soldiers. Il protagonista, Ray Elwood (Joaquin Phoenix) è un ladro d'auto e i suoi compagni di battaglione sono tossicodipendenti, spacciatori, tutti provenienti dalla prigione. Qualsiasi cosa venga spedita dagli Stati Uniti alla base è rivenduta al mercato nero tedesco: l'affare migliore è però quello della raffinazione di cocaina, che il protagonista gestisce utilizzando il laboratorio chimico della base.
Questa situazione di equilibrio viene interrotta dall'arrivo del sergente Lee (Scott Glenn), uomo deciso a ripristinare l'ordine, ma che allo stesso tempo sembra avere un ruolo occulto all'interno della base. La trama mette subito in conflitto Ray e il sergente Lee, senza schierarsi a favore dell'uno o dell'altro, ma scegliendo di mostrarne le piccolezze. Ray è pur sempre un ladro, che spesso gioca con affari più grandi di lui, sceglie i compromessi e non è un eroe per nessuno. Il sergente è duro, impassibile, ma dietro la maschera di eroe del Vietnam c'è la rabbia e la frustrazione di chi deve cercare una motivazione nella violenza, non avendo rapporti umani soddisfacenti. Forse un po' banale la love story che nasce tra Ray e la ribelle figlia del sergente Robyn (Anna Paquin), ma nel complesso il film si snoda bene, fornendo anche un colpo di scena finale che contribuisce a caratterizzare personaggi poco chiari e a risolvere il giallo.
La tensione cresce in modo continuo con il precipitare degli eventi, anche se a tratti viene smorzata alternando momenti di scontro a pause romantico-visionarie, fino al punto di ebollizione, quando, nel processo di raffinazione, l'eroina diventa un micidiale esplosivo. Un punto da cui non si può tornare indietro, li' il piccolo universo corrotto della base implode spazzando via i buoni e i cattivi e lasciando solo un fumo nero.
Buffalo soldiers è un film che riesce a coniugare bene l'impegno e l'intrattenimento, senza cadere nel patetico e senza nascondersi dietro una sceneggiatura approssimativa. I personaggi sono ben caratterizzati e gli attori sono perfetti nei ruoli che ricoprono, aiutati da una gestualità molto marcata che il regista sottolinea con riprese ravvicinate. Emozionante è la scena in cui Ray e Robyn si buttano in piscina facendo un salto di dieci metri: l'agitazione è palpabile e coinvolgente, sembra di essere lì.
L'idea del salto e della caduta nel vuoto apre e conclude il film, come una specie di cerchio all'interno del quale inserire la vita di Ray. Una parte importante del film è costituita dalla colonna sonora, composta da pezzi soul, rap e hip pop, che fa da contorno ironico alla vita nella base. Memorabile la sequenza in cui due tossici guidano un carrarmato per il paese, travolgendo le auto e facendo scoppiare una pompa di benzina. La regia che alterna interno/esterno e la musica a tutto volume trasformano la scena in un grottesco affresco contemporaneo: l'esercito è composto dai relitti della società, che non sanno quello che fanno e vivono in un mondo alterato. Unica pecca, gli ultimi cinque minuti: il lieto fine non è coerente con tutto il resto del film, ma in tempi come questi ci si accontenta volentieri.
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