Uno strano regalo, uno schiaccianoci magico, trasformerà il monotono Natale della piccola Mary in una meravigliosa avventura.
Il voto del redattore
- voto
- 2/5
- valutazione
- Nuova veste grafica per un classico intramontabile.
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02 11 2013
Lo Schiaccianoci 3D
di Andrei Konchalovsky
- Dati
- Titolo originale: The Nutcracker in 3D
- Soggetto: Basato sull'omonimo balletto
- Sceneggiatura: Andrei Konchalovsky, Chris Solimine
- Genere: Fantastico - Animazione
- Durata: 107 min.
- Nazionalità: Ungheria, Gran Bretagna
- Anno: 2009
- Produzione: Goldcrest Post Production London, HCC Media Group
- Distribuzione: M2 Pictures
- Data di uscita: 02 12 2011
- Link
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- Pagina facebook
Recensione pubblicata il 27 11 2011
Questa recensione è stata letta 2791 volte
Heil Topo!
di Maria Cristina Caponi
È la vigilia di Natale, i genitori di Mary e Max si apprestano a passare la notte più magica dell’anno all’opera, lasciando i bambini in compagnia di quel grande affabulatore che è lo zio Albert.
Sarà proprio lui a regalare a Mary lo Schiaccianoci, che ben presto si rivelerà un (mini) principe umano trasformato in un giocattolo di legno, per via di un malefico sortilegio ordito dalla regina dei topi. Andrei Konchalovsky è davvero uno “Yes man”: pensando in grande, è riuscito a portare sul grande schermo nientemeno che il famoso balletto Lo schiaccianoci, commissionato a Pëtr Il'ic Cajkovskij nel 1891 dal direttore del teatro di Mosca. Puntando sulla formula budget smisurato, tante comparse e grande spettacolo, Konchalovsky cerca di interpretare l’impalpabile, contando sui prodigi di un 3D affidato alle mani di esperti del settore, come la PassmoreLab di San Diego.
E' proprio qui però che il regista pecca, appesantendo la pellicola con una dose eccessiva di effetti speciali, tanto che il trascendentale, da lui a lungo vagheggiato, perde in forza e consistenza. Per circa tre quarti del film la noia dilaga e tutto scorre stancamente. L’autore sceglie di non seguire la strada maestra, trovando un’intrinseca connessione tra il libretto di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann da un lato e l’ispirazione a interpretare la Storia in chiave fenomenologicamente anacronistica dall’altro.
Prende le mosse da questa ricerca, il lavoro di Konchalovsky che agevola una fluttuante connessione tra l’ascesa del Terzo Reich e la terribile egemonia del Re dei Topi.
Senza ombra di dubbio solo gli adulti potranno cogliere la serie di simboli lanciati insieme in audaci concatenazioni. Nello stesso tempo, però, la dicotomia tra il bene e il male non può non toccare la sfera interiore del pubblico più giovane. Si può ammettere con tutta sincerità che la forza fondante dell’opera si limiti essenzialmente a ciò, esaurendosi in una serie di episodi ben riusciti. Al contrario, alcune posizioni del regista de La casa dei matti lasciano abbastanza interdetti: basti citare, ad esempio, il caso del bravo Nathan Lane che veste i panni dello scienziato Albert Einstein, qui presentato come l’affettuoso zio di Mary e Max. Era davvero necessario? Mah! In secondo luogo, sarebbe da prendere in considerazione pure una questione ostica come quella legata al fatto di aggiungere testi semplici e orecchiabili alle melodie di Cajkovskij. È buona norma non toccare e rimaneggiare musiche così universalmente conosciute per non incappare poi in critiche al vetriolo. Lo stesso valga pure se chi sfida le regole di creanza è un compositore della stregua di Tim Rice, che nella sua carriera ha vinto tre Oscar (Aladdin, Il re leone e Evita): il risultato è improntato - non potrebbe essere altrimenti - a stucchevoli raffinatezze formali.
Eppure, il maggiore disturbo post-traumatico collegato alla visione de Lo schiaccianoci 3D rimarrà a lungo l’immagine di John Turturro con divisa simil SS e parruccone biondo in stile Andy Warhol accennare passi di danza con movenze da roditore!
Sarà proprio lui a regalare a Mary lo Schiaccianoci, che ben presto si rivelerà un (mini) principe umano trasformato in un giocattolo di legno, per via di un malefico sortilegio ordito dalla regina dei topi. Andrei Konchalovsky è davvero uno “Yes man”: pensando in grande, è riuscito a portare sul grande schermo nientemeno che il famoso balletto Lo schiaccianoci, commissionato a Pëtr Il'ic Cajkovskij nel 1891 dal direttore del teatro di Mosca. Puntando sulla formula budget smisurato, tante comparse e grande spettacolo, Konchalovsky cerca di interpretare l’impalpabile, contando sui prodigi di un 3D affidato alle mani di esperti del settore, come la PassmoreLab di San Diego.
E' proprio qui però che il regista pecca, appesantendo la pellicola con una dose eccessiva di effetti speciali, tanto che il trascendentale, da lui a lungo vagheggiato, perde in forza e consistenza. Per circa tre quarti del film la noia dilaga e tutto scorre stancamente. L’autore sceglie di non seguire la strada maestra, trovando un’intrinseca connessione tra il libretto di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann da un lato e l’ispirazione a interpretare la Storia in chiave fenomenologicamente anacronistica dall’altro.
Prende le mosse da questa ricerca, il lavoro di Konchalovsky che agevola una fluttuante connessione tra l’ascesa del Terzo Reich e la terribile egemonia del Re dei Topi.
Senza ombra di dubbio solo gli adulti potranno cogliere la serie di simboli lanciati insieme in audaci concatenazioni. Nello stesso tempo, però, la dicotomia tra il bene e il male non può non toccare la sfera interiore del pubblico più giovane. Si può ammettere con tutta sincerità che la forza fondante dell’opera si limiti essenzialmente a ciò, esaurendosi in una serie di episodi ben riusciti. Al contrario, alcune posizioni del regista de La casa dei matti lasciano abbastanza interdetti: basti citare, ad esempio, il caso del bravo Nathan Lane che veste i panni dello scienziato Albert Einstein, qui presentato come l’affettuoso zio di Mary e Max. Era davvero necessario? Mah! In secondo luogo, sarebbe da prendere in considerazione pure una questione ostica come quella legata al fatto di aggiungere testi semplici e orecchiabili alle melodie di Cajkovskij. È buona norma non toccare e rimaneggiare musiche così universalmente conosciute per non incappare poi in critiche al vetriolo. Lo stesso valga pure se chi sfida le regole di creanza è un compositore della stregua di Tim Rice, che nella sua carriera ha vinto tre Oscar (Aladdin, Il re leone e Evita): il risultato è improntato - non potrebbe essere altrimenti - a stucchevoli raffinatezze formali.
Eppure, il maggiore disturbo post-traumatico collegato alla visione de Lo schiaccianoci 3D rimarrà a lungo l’immagine di John Turturro con divisa simil SS e parruccone biondo in stile Andy Warhol accennare passi di danza con movenze da roditore!
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