A San Francisco le scimmie sono diventate più intelligenti degli uomini e adesso vogliono il mondo.
Il voto del redattore
- voto
- 3/5
- valutazione
- Dove Tim Burton aveva fallito Wyatt riesce a cavarsela
Il voto dei lettori
- voto medio
- senza voto
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- di Oxide Pang Chun, Danny Pang
- dal 29 01 2010
- genere Azione
- tipo Thriller
- Sara Troilo
- Contro Il pessimo metodo
- A favore La violenza della psicoanalisi
- Sara Troilo Vs. Keivan Karimi
L'alba del pianeta delle scimmie
di Rupert Wyatt
- Dati
- Titolo originale: Rise of the Planet of the Apes
- Soggetto: Rick Jaffa, Amanda Silver
- Sceneggiatura: Rick Jaffa, Amanda Silver
- Genere: Azione - Thriller
- Durata: 107 min.
- Nazionalità: USA
- Anno: 2011
- Produzione: Chernin Entertainment, Twentieth Century Fox Film Corporation
- Distribuzione: 20th Century Fox
- Data di uscita: 23 09 2011
- Link
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L'intelligenza non vuole guinzagli.
di Luigi Faragalli
Il mio cane è benedetto da un'intelligenza decisamente fuori dal comune.
A volte lo scopro in piedi, retto sulle
zampe posteriori, teso a guardare fuori dalla finestra, incuriosito
da chissà cosa. Altre volte mi sorprendo della comprensione chiara
che mostra per alcune parole, piuttosto che per intere frasi, anche
senza essere mai stato in qualche modo istruito a comprenderle. Altre
volte ancora mi accorgo di come le sue azioni siano frutto di vere e
proprie deduzioni, ad un passo dal ragionamento palese, perché
anticipare percorso e destinazione di un vassoio di biscotti
presuppone osservazione, ricordo, aspettativa.
Ho avuto molti
cani, li ho amati tutti, nessuno però dimostrava tali facoltà. Il
mio cane è così evidentemente cosciente da costringermi a
giustificarmi intimamente ogni volta che gli metto il guinzaglio. Mi
ripeto che è per il suo bene, per proteggerlo dai pericoli della
strada, dentro di me però so che è una costrizione che opero su una
creatura che non la merita, una evidente limitazione della sua
libertà. A volte penso che lo accetti di buon grado solo per non
farmi dispiacere.
Proprio un guinzaglio fa da elemento
ricorrente, determinante perfino, ne L'alba del pianeta delle
scimmie. Il film è un racconto sull'intelligenza che non accetta più
costrizioni. Facendo finta che Tim Burton non abbia mai girato nessun
remake, la pellicola si riallaccia direttamente alla fortunata e
feconda saga originale, nata tra gli anni sessanta e settanta del
secolo scorso, a partire da un romanzo di Pierre Boulle. In realtà,
ad essere davvero pignoli, non dovremmo nemmeno considerare il film
come un prequel tardivo de Il pianeta delle scimmie del 1968, perché
quel film un suo vero prequel ce l'ha già, ed è 1999 - Conquista
della Terra, del 1972. E' in questo film infatti che conosciamo il
primo Cesare, glorioso condottiero della rivolta dei primati.
Tirando
pedantemente le somme, possiamo dire che L'alba del pianeta delle
scimmie vuole essere una nuova partenza, una rilettura che riprende
personaggi, nomi e spunti dalla saga originale ma li rimescola dando
il via ad una narrazione nuova, un reboot, come si ama dire oggi.
Qualcosa di simile quindi a quanto fatto di recente con Batman o con
Star Trek.
Per quanto mi riguarda l'operazione è
da considerarsi riuscita. Il film è gradevole, solido, benfatto.
Forse manca dell'inquietudine e della cupezza degli illustri
predecessori, forse il tratto epico poteva essere più solenne e
calcato, tuttavia nel complesso l'opera si discosta dalla mediocrità
del panorama dei moderni action movie hollywoodiani.
L'incubo
atomico tipico degli anni della Guerra Fredda viene qui sostituito
dal terrore che l'economia, di questi tempi, non sia in grado di
porre limiti alla scienza e che anzi possa spingerla a varcare
confini sempre più rischiosi, fino a mettere in serio pericolo
l'esistenza stessa dell'umanità.
La trama ruota attorno al dramma
di uno scienziato straziato dalla malattia che consuma lentamente le
facoltà mentali del padre. In una disperata corsa contro il tempo,
la sua ricerca di una cura per l'Alzheimer lo condurrà a
confrontarsi con un imprevisto: la nascita di Cesare, piccola scimmia
dotata di intelletto paragonabile, se non superiore, a quello
dell'homo sapiens. Questi eventi, queste storie di singoli uomini e
di singole scimmie, diverranno fondamentali per il futuro dell'intero
pianeta, in un processo a cascata inarrestabile.
La sceneggiatura, pur senza eccellere, convince. Non ci sono buchi, il racconto regge, non ci sono grandi colpi di scena ma non si scade nemmeno nel banale o nel melenso. Il cast si comporta abbastanza bene. James Franco, lanciatissimo verso il firmamento delle star di prima grandezza, al solito a me sembra più esteticamente gradevole che espressivo, tuttavia pare che il suo broncio conquisti e quindi va bene così. John Lithgow invece dimostra grande abilità, i suoi occhi smarriti e la sua “assenza” sono davvero un'ottima prova d'attore. La protagonista femminile, Freida Pinto, è bella ma serve a pochissimo nel film. L'interpretazione migliore è comunque quella di Cesare, non so dire se più dovuta ai maghi degli effetti speciali o più a Andy Serkis che gli ha conferito consistenza, espressività e movimenti, come già aveva fatto col Gollum de Il Signore degli Anelli.
Rupert Wyatt dirige con abilità,
costruendo alcune scene di grande effetto ed altre quasi commoventi e
poetiche. Vedere Cesare in gabbia che disegna sul muro la forma della
finestra di camera sua, per illudersi di poter ancora guardare il
mondo, colpisce al cuore.
La pioggia di foglie al passaggio di un
esercito discreto, nei viali alberati tipici di tanta America, fa
comprendere come talvolta le rivoluzioni siano solo uno stormire di
fronde, finché tutto non precipita. La lunga sequenza della
battaglia sul ponte, con un abile stratega da un lato e degli stupidi
adepti della forza bruta dall'altro, si fa metafora di come
l'intelligenza trovi sempre il modo di prevalere, e di come gli
esseri umani siano ormai irrimediabilmente tronfi.
Inutile dire che, come sempre si fa nei riguardi degli oppressi, si finisce chiaramente per parteggiare per le scimmie e, quando tutto volge al termine sullo scorrere dei titoli di coda, non si può non pensare che, in fondo, gli esseri umani si meritano sempre quel che gli capita.
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