Tiziano Terzani alla fine della propria vita ci lascia una testimonianza. Questa la trasposizione su schermo.
Il voto del redattore
- voto
- 3/5
- valutazione
- nel dialogo tra padre e figlio, l'inestimabile eredità intellettuale di un grande giornalista.
Il voto dei lettori
- voto medio
- 3.3/5
- numero votanti
- Questo film è stato votato da 3 lettori
- di Sean Penn
- dal 25 01 2008
- genere Drammatico
- tipo Biografico
- Lorenzo Morganti
- Contro Il pessimo metodo
- A favore La violenza della psicoanalisi
- Sara Troilo Vs. Keivan Karimi
La fine è il mio inizio
di Jo Baier
- Dati
- Titolo originale: Das Ende ist mein Anfang
- Soggetto: Tiziano Terzani
- Sceneggiatura: Ulrich Limmer, Folco Terzani
- Genere: Drammatico - Biografico
- Durata: 98 min.
- Nazionalità: Germania, Italia
- Anno: 2010
- Produzione: Collina Film, B.A. Produktion, Südwestrundfunk, ARTE, Degeto Film
- Distribuzione: Fandango distribuzione
- Data di uscita: 01 04 2011
Terzani. L'uomo che non ha mai smesso di vivere.
di Anna Romana Sebastiani
Trascrivere un libro sullo schermo cinematografico non è impresa facile, soprattutto se il tentativo coinvolge una narrazione come “La fine è il mio inizio” di Tiziano Terzani (qui interpretato da Bruno Ganz), ultima struggente prova letteraria del giornalista toscano, nella quale si riannodano i fili di un’intera vita trascorsa a raccontare i grandi eventi del secolo scorso.
La fine è il mio inizio rappresenta anche una sorta di testamento morale che Terzani ha lasciato ai suoi lettori, in cui vengono affrontati temi complessi che intrecciano religione, filosofia, politica, riflessioni sul significato della vita, della guerra, del progresso, la cui visione sintetica può tradursi nelle sue stesse parole: “nella mia vita ho vissuto con intensità, per cui non ho rimpianti, non ho paura”. Infatti, la stessa sfrontatezza che ha mosso tutta la sua esistenza, la si ritrova anche poco prima della sua morte, imminente poiché malato di cancro, ma attesa con grande pace spirituale.
Il figlio Folco (Elio Germano) lo raggiunge nel rifugio tra le montagne toscane e con un registratore immortala e poi trascrive le memorie familiari e professionali di suo padre, il quale non si ritrae dall’esprimere sagge considerazioni sul suo passato da reporter, che lo ha portato per gran parte del tempo in giro per l’Asia; un percorso che ha cambiato inevitabilmente la sua percezione degli eventi, facendolo avvicinare all’ascetismo orientale diventato poi una pratica di vita.
Terzani ricorda la sua infanzia da figlio di “poveri” alla periferia di Firenze, l’incontro ancora giovanissimo con Angela, sua futura moglie, l’amore per la sua professione, l’attrazione, ma anche il sentimento contraddittorio, che lo legavano alla Cina comunista, gli orrori della guerra in Vietnam, per approdare, infine, a un personale revisionismo delle proprie convinzioni politiche e alla successiva immersione in età adulta nella meditazione orientale, che riesce a “liberarlo” dagli istinti terreni, per riconoscersi in un Anam, un “senza nome”, un tutt’uno fuso nella Natura, alla quale vorrà riunirsi per l’ultimo e definitivo viaggio.
Il film non si limita a delineare soltanto il ritratto di un uomo complesso e dalle mille vite, a prima vista invidiabile e straordinario, ma ci mostra anche le debolezze insite nella natura umana, gli errori commessi, gli allontanamenti e le incomprensioni con i suoi cari, in particolare con Folco.
Il regista Jo Baier ci regala una trasposizione appassionante del libro e, pur non aggiungendo molto con le immagini alla narrazione su carta, riesce comunque a creare un’empatia con gli spettatori, andando a sfiorare, con cautela e rispetto, emozioni intime in cui chiunque può riconoscersi.
Il dialogo a due voci tra padre e figlio assume i connotati di un contradditorio tra due generazioni, incarna il passaggio dalle utopie infrante del novecento al disorientamento della globalizzazione, stigmatizzata in una scena significativa dove Tiziano scuote la testa davanti alle immagini cruente che scorrono in televisione.
Bruno Ganz offre una soddisfacente prova recitativa nei panni del giornalista, ed Elio Germano, apparentemente sotto tono, ben interpreta la stravaganza di chi ha condotto un’esistenza anomala, ma anche l’impaccio di un figlio che si ritrova a descrivere gli ultimi istanti di vita del padre.
Ne risulta un quadro limpido, semplice, emozionante, una prova che Jo Baier, gli attori e gli sceneggiatori Ulrich Limmer e Folco Terzani, superano a pieni voti.
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