Kathy, Tommy e Ruth crescono in collegio e scoprono che quella decisamente non è la parte peggiore della loro esistenza.
Il voto del redattore
- voto
- 3/5
- valutazione
- Qualche buco nella sceneggiatura per un film ben bilanciato dall'ottima interpretazione dei protagonisti. Inquietante e reale allo stesso tempo, conduce nei sotterranei dell'anima e dei sentimenti umani.
Il voto dei lettori
- voto medio
- senza voto
- numero votanti
- Questo film è stato votato da 0 lettori
- di Sidney Lumet
- dal 14 03 2008
- genere Drammatico
- tipo Thriller
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- dal 18 10 2012
- genere Drammatico
- tipo Thriller
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Non lasciarmi
di Mark Romanek
- Dati
- Titolo originale: Never Let Me Go
- Soggetto: Tratto dal romanzo di Kazuo Ishiguro
- Sceneggiatura: Alex Garland
- Genere: Drammatico - Thriller
- Durata: 103 min.
- Nazionalità: Gran Bretagna, U.S.A.
- Anno: 2011
- Produzione: DNA Films, Film4
- Distribuzione: 20th Century Fox
- Data di uscita: 25 03 2011
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Creati per uno scopo inconfessabile
di Filippo Cannizzo
Hailsham
è un college inglese immerso nel verde, isolato e fuori dal mondo.
Eppure, gli studenti che lo frequentano sono parte del mondo. Loro
sono esseri speciali, unici. Uniti sin dalla nascita da una missione,
da un segreto inconfessabile. Sono dei cloni creati per salvaguardare
il progresso e la scienza. Cloni perfetti per l’espianto degli
organi.
Uomini e donne in apparenza comuni, che hanno vissuto quel
limbo meraviglioso e irripetibile dell’adolescenza, proprio come
tanti altri. Il racconto, per voce di una dei protagonisti, comincia
proprio dai primi anni dell’adolescenza, quando l’innocenza
dell’anima si mischia ai primi sentimenti di odio, amore,
ribellione e frustrazione. Kathy, ormai trentenne, dietro un vetro
d’ospedale, comincia il suo racconto. Ed è
una storia di una lunga amicizia e di un amore romantico e struggente
di tre amici “speciali”.
Tre vite, tre anime, tre nomi: Kathy,
Ruth, Tommy.
Non
lasciarmi è tratto dal
romanzo omonimo dello scrittore giapponese naturalizzato britannico, Kazuo Ishiguro,
autore anche di Quel che resta
del giorno diventato un film
di successo grazie all’interpretazione di James
Ivory. Il film, diretto da Mark
Romanek, regista di video
musicali, cerca di suggerire nella sceneggiatura la stessa angoscia
mista a stupore e rabbia, che traspira dalle pagine del libro.
Tuttavia, riesce solo in parte nello scopo di essere fedele allo
script originale. La sceneggiatura spesso presuppone la conoscenza di
alcuni elementi che andrebbero sviluppati e mostrati meglio agli
occhi dello spettatore, che grazie ai ricordi di Kathy, rivive il
dramma e il travaglio di un’amicizia lunga una vita.
C’è
un’inquietudine di fondo che trova nei volti dei protagonisti,
però, un ideale compromesso. Keira
Knightley (Ruth), Carey
Mulligan (Kathy) e Andrew
Garfield (Tommy), appaiono
perfetti nell’interpretazione, legati l’un l’altro, da una
storia triste e alienante. Una solitudine che nelle pagine del
romanzo è abilmente descritta attraverso le parole della voce
narrante. Sul grande schermo sono gli sguardi, i corpi fragili e
algidi a rappresentare una condizione umana molto simile alla realtà.
L’adolescenza dorata e protettiva, lungo i confini delimitati e
delimitanti del vecchio collegio, è solo lo spunto, il passaggio
obbligato verso l’età adulta. In realtà, Kathty, Tommy e Ruth non
sanno, o meglio non credono, di avere un’anima, cresciuti con
l’idea di essere perfetti e autosufficienti. Da adulti, scopriranno
di essere fragili e sensibili. Novelli automi, senza spirito né
sentimenti di alcun genere. Omologati a un mondo che li vuole uguali,
allineati ad un unico scopo, liberi ma senza esserlo davvero. Progettati
per il bene del mondo, per il sostentamento del genere umano. Pezzi
di ricambio artificiali ad uso e consumo altrui. Proprio in quest’aspetto
il film dà il meglio di sé. Nello scoprire come l’anima possa
essere facilmente svuotata dalla crudeltà umana, ma soprattutto
dall’indifferenza e dall’apatia dei sentimenti, male ben
peggiore del precedente. Ognuno dei ragazzi avrà a disposizione
due o tre espianti da assolvere, dopo di che la loro vita sarà
segnata. Per sempre.
Altri hanno deciso per loro, perché: “Forse nessuno ha compreso davvero la propria vita, ne sente di aver vissuto abbastanza.”
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