Anni '80, sul Paraguay incombe la dittature di Stroessner, lo zio della regista non vuole fare il fabbro, ma il ballerino. Si sa che ai dittatori, di concerto con la chiesa, non piacciono i gay. Renate Costa decide di scoprire la storia dello zio, trovato morto completamente nudo per strada.
Il voto del redattore
- voto
- 4.5/5
- valutazione
- Un ottimo lavoro, doloroso, utile, quello di questa giovane regista che a sua disposizione non ha molto materiale e alterna in continuazione i piani personale e sociale-storico senza mai perdersi.
Il voto dei lettori
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- di Sabina Guzzanti
- dal 07 05 2010
- genere Drammatico
- tipo Documentario
- Sara Troilo
- di Alex Gibney
- dal 22 05 2009
- genere Drammatico
- tipo Documentario
- Roberta Folatti
- di Michael Winterbottom, Mat Whitecross
- dal 15 09 2006
- genere Drammatico
- tipo Documentario
- Stefano Tirelli
- Contro Il pessimo metodo
- A favore La violenza della psicoanalisi
- Sara Troilo Vs. Keivan Karimi
108 - Cuchillo de Palo
di Renate Costa
- Dati
- Titolo originale: 108 - Cuchillo de Palo
- Soggetto: Renate Costa
- Sceneggiatura:
- Genere: Drammatico - Documentario
- Durata: 93 min.
- Nazionalità: Spagna
- Anno: 2010
- Produzione: Estudi Playtime SL
- Distribuzione: Atlantide Entertainment
- Data di uscita: 04 03 2011
Paraguay, dittatura e omofobia.
di Sara Troilo
E’ disponibile su Queerframe, dal 4 marzo, 108 Cuchillo de Palo diretto da Renate Costa, giovanissima regista che ci svela la storia recente del Paraguay attraverso la storia della propria famiglia; il film ha vinto il 51° Festival dei popoli di Firenze.
Renate Costa, la regista, decide di riprendere i contatti con il proprio padre che non vedeva da anni, ma lo fa in modo significativo: con una macchina da presa e la ferrea volontà di raccontare una storia taciuta da troppo tempo, quello dello zio Rodolfo (aka Hector Torres) e della sua tragica morte. Ben presto viene citata la famigerata “lista degli omosessuali o 108” di cui lo zio Rodolfo faceva parte. Questa lista veniva vigliaccamente distribuita nelle caserme, nelle chiese, in modo che i componenti della lista venissero stigmatizzati, derisi, umiliati, emarginati e abbondantemente picchiati e torturati dalla polizia. La piccola Renate era stata messa debitamente in guardia all’epoca: stai alla larga dallo zio Rodolfo”, suscitando ovviamente la curiosità infantile per questa figura che alle feste di famiglia vestiva in modo differente dagli altri. Lo zio Rodolfo ovvero l’unico che quando la madre di Renate, dopo aver lasciato il padre, torna per una veglia funebre con tanto di pancione, incinta del nuovo compagno e le si crea il vuoto intorno, le si avvicina e la prende per mano. Un ricordo vivido, prezioso ed eloquente, un gesto di solidarietà tra emarginati? Forse, di sicuro un gesto umano.
E in effetti viene da chiedersi dove fosse questa umanità all’epoca della dittatura, quando la famiglia stessa era costretta a lasciare ai margini le persone della lista, quando, a distanza di anni, il padre della regista, fratello di Rodolfo, ancora non ammette cosa gli sia successo, faticando a pronunciare anche la parola “omosessuale” e tentando di farla evaporare fra i miasmi delle innumerevoli citazioni bibliche che la figlia ad un certo punto gli rimprovera. La regista dimostra di avere coraggio non tanto per l’argomento affrontato quanto per la sua vicinanza agli eventi trattati, la scelta di entrare spesso nelle riprese rafforza questa decisione di non prendere le distanze, ma immergersi nella storia della sua famiglia nel tentativo di scoperchiare quel baule di segreti che circondano non solo la morte dello zio, ma tutta la sua vita.
La voce comune dice che Rodolfo sia morto di tristezza, circonlocuzione tipicamente latina che vorrebbe ammantare di sentimentalismo un fatto tragico e per niente sentimentale. I Personaggi di Isabel Allende muoiono di tristezza, a volte, altre volte vengono uccisi dai dittatori e la scrittrice non confonde mai i piani. Lo sguardo vivido della regista non è più disposto a navigare nel materiale vischioso delle mezze verità e dell’omertà, è arrivato il momento di ricollocare le parole al posto giusto, di dire che il povero zio Rodolfo era omosessuale e solo per questo è stato torturato dai poliziotti moltissime volte fino ad essere poi ucciso e lasciato morto nudo per strada.
Nemmeno il padre di Renate è disposto ad accettare questa verità, preferisce raccontare alla figlia, ma prima ancora a se stesso, che quando il fratello veniva prelevato dalla polizia era solo per fargli capire che doveva smetterla di avere grilli per la testa e rassegnarsi a condurre una vita normale. Che, insomma, se l’omosessualità non era accettata, era stupido continuare a “manifestarla”, l’avrebbe capito chiunque. Si torna all’antica, logora, squallida e schifosa storia dell’autoassoluzione nel nome del “se l’è cercata” che lascia la regista in dubbio se suo padre creda veramente a ciò che dice o si stia raccontando bugie da anni.
Al di fuori della cerchia famigliare Renate incontra una serie di personaggi che invece raccontano di un altro zio, uno zio che viveva la vita che voleva vivere, determinato e raccontano dell’assurdità dei pestaggi e della vigliaccheria di quella lista. Una linea di demarcazione nettissima che sancisce che solo chi vive determinate esperienze può capire e che 108 Cuchillo de Palo vuole infrangere perché la testimonianza, il documentario, a ciò serve, al non dover ripetere gli stessi errori, al fornire un punto di vista che non legittimi mai più nessuno ad ergersi arbitro della vita altrui divenendo complice di un dittatore.
Un
ottimo lavoro, doloroso, utile, quello di questa giovane regista che a sua
disposizione non ha molto materiale e alterna in continuazione i piani
personale e sociale-storico senza mai perdersi. Capace di cogliere dettagli,
pur nell’enormità della storia raccontata, davvero illuminanti, si pensi al
cane del finale. Il documentario ha la capacità di aprirsi dalla storia che sta raccontando al male che una dittattura lascia nel Paese che ha vessato per anni. Le persone con cui Renate ha a che fare sono reduci, devono convivere con gli orrori vissuti, a volte faticano ad avere un'opinione, quasi avessero ancora paura di manifestarla.
I lettori hanno scritto 2 commenti
- indirizzo IP 93.71.62.246
- data e ora Lunedì 07 Marzo 2011 [15:53]
- commento tra l'altro il transessuale della seconda foto è identica alla Ventura, ma è simpatica
- indirizzo IP 151.65.220.212
- data e ora Lunedì 07 Marzo 2011 [19:48]
- commento U - GU - A - LE! :)
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