Vincitore del Torino Film Festival e candidato a 4 Oscar, il film racconta la storia di Ree che sfida l'omertà di tutto il paese in cui vive per scoprire che fine ha fatto suo padre e per non perdere la casa in cui vive.
Il voto del redattore
- voto
- 4/5
- valutazione
- Nello spietato degrato rurale del Midwest la giovanissima Ree va a caccia della verità per sé e la sua famiglia. E non restare preda della vita.
Il voto dei lettori
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- di Nicolo Donato
- dal 02 07 2010
- genere Drammatico
- tipo Psicologico
- Papupop
- di Francis Ford Coppola
- dal 20 11 2009
- genere Drammatico
- tipo Psicologico
- Antinoo
- di Marc Forster
- dal 28 03 2008
- genere Drammatico
- tipo Psicologico
- Elena De Dominicis
- di Michael Haneke
- dal 30 10 2009
- genere Drammatico
- tipo Psicologico
- Severino Faccin
- Contro Il pessimo metodo
- A favore La violenza della psicoanalisi
- Sara Troilo Vs. Keivan Karimi
Un gelido inverno
di Debra Granik
- Dati
- Titolo originale: Winter's Bone
- Soggetto: Daniel Woodrell (romanzo)
- Sceneggiatura: Debra Granik, Anne Rosellini
- Genere: Drammatico - Psicologico
- Durata: 100 min.
- Nazionalità: USA
- Anno: 2010
- Produzione: Anonymous Content, Winter's Bone Productions
- Distribuzione: Bolero Film
- Data di uscita: 18 02 2011
Veramente americano. Veramente.
di Antinoo
Chi di voi sa dove si trovano i monti Ozark? La regione è quella del Missouri, in pieno Midwest: qui non troverete armadietti per liceali segaioli, balli di fine anno, cheerleader o eroi del football. La popolazione locale è dedita a tutt’altre attività: coltivare la terra, badare agli animali, procacciarsi cibo attraverso la caccia,produrre e spacciare cocaina e metanfetamine, tenere in gran conto i legami di sangue e d’onore più che le regole della convivenza civile.
In quest’atmosfera è nata e cresciuta - troppo in fretta ma giusto in tempo per badare alla sopravvivenza sua e dei suoi fratellini - Ree Dolly (Jennifer Lawrence): il padre, Jessup entra ed esce di galera. La madre, ormai ombra di se stessa e ridotta in stato quasi catatonico, non è più in grado di occuparsi della famiglia, che grava completamente sulle spalle della ragazzina.
Un giorno lo sceriffo bussa alla porta dei Dolly, annunciando che Jessup è uscito di prigione lasciando a garanzia la casa stessa ed il terreno, unica sicurezza su cui possono contare: se non si presenterà al processo, perderanno tutto. Ree decide allora di mettersi alla ricerca del padre, cominciando dallo zio Teardrop (John Hawkes): immediatamente si imbatte nella diffidenza e nell’omertà, conditi da tentativi di depistaggio che sembrano nascondere una verità scomoda e che tutti hanno intenzione di nascondere. A qualunque prezzo. Ree, però, sa bene che l’unica possibilità che le resta per salvare la casa ed impedire che i suoi fratellini vengano adottati o muoiano di stenti è trovare il proprio padre. Vivo o morto.
Un Gelido Inverno è un film teso ed inquietante. Dimenticate i soliti luoghi comuni del viaggio on the road per le strade d’America. Scordatevi le riserve di Forks, dove i licantropi sono buoni ed i vampiri pure. Rimpiangete pure i boschi di Twin Peaks, dove niente è quello che sembra. Qui tutto è esattamente come si vede: squallido, sordido, degradato, senza pietà - come la natura pretende - vero. Gli alberi non rassicurano, celano e sono costellati da una lurida presenza umana che sporca con le proprie suppellettili artificiali e colorate, incendia baite, produce scorie, droghe e vendette. Un’umanità che si divide in uomini che si sfidano, vantano e uccidono, forti dei loro distintivi di una cultura patriarcale prevaricante e donne sempre di qualcuno, bellezze sfiorite, pronte a colpire e a ricambiare la violenza di cui sono vittime, per restare vive.
La cosa che più colpisce del film di Debra Granik sono proprio i volti delle gente durante la ricerca della verità. Donne sul patio, armate di fucili, pronte a colpire come ad accarezzare. Occhi larghi di sofferenza, dolore ed intuito. Tra di loro non c’è alcuna pietà ed è questa la loro forma di rispetto: ti insegnano, ti costringono a non averne bisogno per diventare e restare forte. Ree dimostra di esserlo nello strenuo tentativo di salvare i suoi cuccioli da tutto questo, tanto che la paura scompare perché peggio della morte è la perdita dell’unica cosa che possiede: il dolce peso della sopravvivenza dei fratellini, che protegge ed educa come una leonessa.
Un’opera dura, intensa, con un senso di pericolo che aleggia per tutta la vicenda, fatta di momenti memorabili: la consunta busta con su scritto “have a nice day” usata per conservare resti umani, la sorellanza di sangue che scorre attraverso i canali più diversi; il breve ed intenso cameo di Sheryl Lee nel ruolo di April, una delle pupe di Jessup, che appare all’improvviso, ti lascia senza fiato perché la riconosci e non la riconosci. Credi ancora di avere di fronte Laura Palmer 20 anni dopo, sfuggita all’inferno simbolico della provincia Lynchiana per finire in quello più banalmente orrendo e quotidiano dell’entroterra americano.
Su tutto svetta la straordinaria performance di Jennifer Lawrence, sospesa in una interpretazione fragile e potente: giustamente candidata agli Oscar, rischiava di dar vita ad un personaggio piagnucoloso od ottuso. Invece è incredibilmente perfetta nel suo ergersi a donna di nessuno, che non chiede ad un uomo di sporcarsi le mani per lei, ma se le sporca lei per prima insieme ai piedi e a tutto il resto. Tutto, ma non la coscienza, determinata com'è nella sua disperazione: “come una vera Dolly”, per dirla come le sue stesse parole, alla fine della ricerca.
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