Il voto del redattore
- voto
- 4/5
- valutazione
- Bella storia, ottima secneggiatura, ottimi attori per raccontarci un anacronismo anche diffuso.
Il voto dei lettori
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- A favore La violenza della psicoanalisi
- Sara Troilo Vs. Keivan Karimi
Il discorso del Re
di Tom Hooper
- Dati
- Titolo originale: The King's Speech
- Soggetto:
- Sceneggiatura: David Seidler
- Genere: Drammatico - Storico
- Durata: 111 min.
- Nazionalità: Regno Unito, Australia
- Anno: 2011
- Produzione: See Saw Films, Bedlam Productions
- Distribuzione: Eagle Pictures
- Data di uscita: 28 01 2011
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La sceneggiatura del re
di Sara Troilo
Corre l'obbligo di snocciolare le candidature e i premi vinti da questo film: premio del pubblico al Toronto International Film Festival, 5 British Indipendent Film Awards, un Golden Globe al protagonista, Colin Firth e dodici candidature agli Oscar 2011. Il discorso del re racconta la storia di re Giorgio VI (Colin Firth, appunto), della sua ascesa al trono d'Inghilterra alle soglie della seconda guerra mondiale e della sua strenua battaglia contro la balbuzie. Ma parla anche degli esordi della radio (la BBC nasce nel 1921), di come ha cambiato anche il volto dei regnanti che si trovavano a fare i conti con uno strumento che li conduceva nelle case dei sudditi. Per raccontare tutto questo la sceneggiatura gioca sul contrasto tra sfera pubblica, dove vige la più ferrea etichetta, e vita privata dove si impara che per “guarire”, inteso nel senso più ampio dello stare bene, è necessario cambiare punto di vista, mettere in gioco se stessi tutti interi.
Il Duca di York, futuro re, non si sente per nulla a proprio agio davanti al microfono della BBC che sempre più spesso gli si propone dinnanzi, infatti soffre di una forma piuttosto importante di balbuzie e ad ogni discorso pubblico il panico lo ghermisce. La moglie Elizabeth (una Elena Bonham Carter in un ruolo meno caratterizzato del solito) però scova un logopedista autoritario (Geoffrey Rush) quanto originale che non accetta di stare alle regole di nessuno, che sia di sangue blu o meno. Bisogna dire che il povero Bertie non è un mago del tempismo nemmeno dal punto di vista storico, infatti sale al regno d’Inghilterra alle soglie della Seconda guerra mondiale, dopo che il fratello maggiore, dedito alle donne più che alla politica, abdica. Si vede che un tempo le due cose erano in contrasto.
Il discorso del re si regge su una sceneggiatura elegante, raffinata, vivace e con un ritmo che non cala mai; gli scambi di battute fra i personaggi si mantengono sempre sagaci, pungenti, molto intelligenti, esempio eclatante è il primo incontro tra Lionell (il logopedista) e Bertie (il re): botta e risposta fulminee, nessuna riverenza da parte del logopedista. La regia decide di inquadrare i personaggi senza metterli al centro, ma facendoli soverchiare dalla tappezzeria o dai mobili delle stanze in cui si muovono. E se lo studio di Lionell ha una perete tutta scrostata è anche vero che è luminoso e confortevole, mentre le stanze reali sono state concepite per schiacciare l’essere umano e farlo sentire sempre sul procinto di sbagliare qualcosa.
Ci sono attimi di pura grazia in questo bel film, come il provino per una piccola compagnia teatrale cui si sottopone l’australiano Lionell Logue, profondo conoscitore dell'opera di Shakespeare, ma pur sempre troppo australiano per un regista inglese. Oppure gli esercizi sui generis che il logopedista prescrive al re e che coinvolgono anche la moglie. Decisamente convincenti gli attori: Colin Firth supera se stesso con questa meravigliosa interpretazione, lo vediamo con il terrore negli occhi nell'incipit e sempre in bilico tra paura e qualche briciola di coraggio durante la narrazione, Elena Bonham Carter esce dai panni di Bellatrix per vestire quelli della moglie del re, premurosa, preoccupata, sempre incoraggiante, molto misurata e alle prese con un personaggio molto diverso da quelli indemoniati con cui si misura più spesso. Goeffrey Rush è anch'egli sublime per la capacità insolita di non strafare con la caratterizzazione di questo logopedista inusuale quando sarebbe stato facile dargli un'aria da simpatico mattacchione che avrebbe fuorviato nel cogliere la complessità del personaggio, sicuro di sé e con un unico timore al mondo: il giudizio della propria moglie. Resta la certezza che la lingua originale sia imperdibile.
Bertie ed Elizabeth sono i genitori dell’attuale regina d’Inghilterra e se, come è successo a me, guardando Il discorso del re cadrete vittime della sindrome da non accettazione dell’anacronismo nel vedere che un film sui re non è in costume, vedrete che la dura realtà repubblicana vi guarirà immediatamente dalla voglia irresistibile di fare del sarcasmo su chi mantiene i veri fannulloni del mondo. L’anacronismo però rimane e forse se ne sono accorti anche gli inglesi, o almeno quelli che hanno realizzato questo film.
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