Un operaio, una giornalista ed uno studente intrecciano le loro vite intorno alla morte e all'aldilà.
Il voto del redattore
- voto
- 3/5
- valutazione
- Citando Dickens, il grande amore del sensitivo George, le "great expectations" sull'ultimo Eastwood sono state tristemente ma inesorabilmente deluse.
Il voto dei lettori
- voto medio
- 1/5
- numero votanti
- Questo film è stato votato da 2 lettori
- di Sidney Lumet
- dal 14 03 2008
- genere Drammatico
- tipo Thriller
- Riccardo Lupoli
- di Andrew Dominik
- dal 18 10 2012
- genere Drammatico
- tipo Thriller
- Ernesto Fanfani
- Contro Il pessimo metodo
- A favore La violenza della psicoanalisi
- Sara Troilo Vs. Keivan Karimi
Hereafter
di Clint Eastwood
- Dati
- Titolo originale: Hereafter
- Soggetto:
- Sceneggiatura: Peter Morgan
- Genere: Drammatico - Thriller
- Durata: 129 min.
- Nazionalità: U.S.A.
- Anno: 2011
- Produzione: The Kennedy/Marshall Company, Malpaso Productions
- Distribuzione: Warner Bros. Pictures Italia
- Data di uscita: 05 01 2011
- Link
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Great expectations mal riposte
di Luisa Beretta
La drammatica storia di tre persone che sono state toccate dalla morte in modi diversi. George (Matt Damon) è un operaio americano che ha un rapporto speciale con l'aldilà, può parlare ai morti ma non vuole, Marie (Cécile de France) è una giornalista francese che ha avuto un'esperienza tra la vita e la morte che ha sconvolto tutte le sue certezze durante un terribile tsunami che si è abbattuto sulla cittadina indonesiana in cui si trovava, Marcus è uno studente londinese che ha perso la persona che gli era più cara, il suo fratello gemello, a causa di un incidente stradale e ora sta cercando disperatamente delle risposte. Le loro storie finiranno con l'intrecciarsi, le loro vite saranno cambiate da quello che credono esista nell'altro mondo.
Confesso: che fatica scrivere
questa recensione! Cinezoom mi perdoni! L’ho rimandata e poi rimandata ancora.
Ho visto il film spinta da un invito familiare e da un articolo di Curzio
Maltese su “La Repubblica”
che ne parlava in termini entusiastici. Si preannunciava una visione su temi
fondamentali quali l’amore (fraterno o appassionato, vissuto o solo sognato),
la vita (tutta da vivere e poi strappata, come quella dei due fratellini;
stanca di essere in perenne contatto con l’altrove o aldilà, come quella del
giovane americano; infine quella scampata per un soffio alla fine, della bella
giornalista francese), l’amicizia e, sopra a ogni altra cosa per l’appunto,
l’esperienza della perdita assoluta e della morte. Prevedevo un terremoto
emotivo dentro di me, un fiume di lacrime e pugni nello stomaco in abbondanza,
come del resto Clint Eastwood è solito assestare.
Sono
invece uscita dalla sala ammutolita. Non perché il film mi avesse travolto ma
proprio per il motivo opposto: non trovavo il filo del discorso, faticavo a
individuare un messaggio forte e chiaro. Ho rimandato la scrittura convinta
che, forse, il tempo avrebbe potuto mettere ordine ai pensieri e alle
impressioni. Invano. Mi sono confrontata con amici e fidanzato, tutti (chi più
e chi meno) piuttosto tiepidi rispetto al film. Cosa avrà voluto dirci il
grande Clint? Che la vita davvero vissuta e l’amore sono l’unica salvezza? Che
ciò che davvero importa è l’aldiqua, la cura e l’attenzione che dedichiamo a
chi ci sta vicino e a noi stessi? Non mi sono parse delle trovate alla sua
altezza. E sinceramente ho faticato a trovare dell’altro… Senza contare poi che
le tre storie sono a tal punto parallele che i linguaggi e le atmosfere mi sono
sembrati assolutamente inconciliabili, lontani e irraggiungibili: l’episodio
americano è stato l’unico che mi è parso rientrare nelle corde di Eastwood, la
vicenda londinese mi ha invece riportato alle atmosfere da dramma sociale alla Ken Loach, il racconto parigino mi ha
infine catapultato in atmosfere patinate alla Claude Lelouche.
Il risultato complessivo: le storie prese singolarmente potevano avere un valore, ma non si amalgamano, sprovviste di un fil rouge che le renda un’entità indivisibile. A tal proposito, il finale che le riunisce è scadente, banale conclusione di un film mal strutturato. Mi spiace. Non riesco a salvare questo lavoro… se qualcuno può aiutarmi a trovare una lettura più profonda, affascinante e salvifica è solo il benvenuto e lo ringrazierei infinitamente.
I lettori hanno scritto 3 commenti
- indirizzo IP 79.51.155.169
- data e ora Mercoledì 02 Marzo 2011 [8:43]
- commento Questa esperienza dovrebbe insegnare al grande clint a evitare film che gli ritagliano addosso, ma che lui non sente suoi. L'aldilà per atei sbandierata da Curzio Maltese ha fregato anche me, ma nel film proprio non c'è.
- indirizzo IP 151.5.148.94
- data e ora Mercoledì 02 Marzo 2011 [9:07]
- commento Già il concetto di aldilà per atei è abbastanza discutibile. Una volta che credi al trascendente e al metafisico è difficile star lì a fare gli schizzinosi.
- indirizzo IP 77.58.111.57
- data e ora Domenica 13 Marzo 2011 [17:03]
- commento Io ci ho visto la paura di C.E. per la sua fine che si avvicina. Vero è che il film rimane un pò piatto, probabilmente per la struttura a storie multiple che tradizionalmente sottointende (a verità o a torto) la debolezza della trama centrale portante. In ogni caso, lodevole la totale assenza di riferimenti religiosi. Dai Clint, che ce ne fai altri 4 di film!
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