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libera critica cinematografica

 
 
 
 
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Locandina
 
 
 
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Trama

La storia dell'invenzione di Facebook: il social network più utilizzato al mondo, ovvero Mark Zuckerberg e le sue cause legali. 

 
 
 
 
 
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Voti

Il voto del redattore

  • voto
  • 3.5/5
  • valutazione
  • Regia, sceneggiatura e musica notevoli al servizio di una storia banale.
  •  
 
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Il voto dei lettori

  • voto medio
  • senza voto
  • numero votanti
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Info

The Social Network

di David Fincher

 
    Dati
  • Titolo originale: The Social Network
  • Soggetto: Ben Mezrich (libro: Miliardari per caso)
  • Sceneggiatura: Aaron Sorkin
  • Genere: Drammatico - Biografico
  • Durata: 120 min.
     
  • Nazionalità: USA
  • Anno: 2010
  • Produzione: Michael De Luca Productions, Scott Rudin Productions, Trigger Street Productions
  • Distribuzione: Sony Pictures Releasing Italia
  • Data di uscita: 12 11 2010
 
 
 
 
 
 
 
 
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Recensione

La storia di una socialità che precipita?

di Sara Troilo

David Fincher è sul pezzo. Facendo adattare la storia di Mark Zuckerberg, il creatore di Facebook, a Aaron Sorkin partendo dal libro Miliardari per caso. L'invenzione di Facebook: una storia di soldi, sesso, genio e tradimento di Ben Mezrich (in Italia edito da Sperling & Kupfer) decide di prendere in mano una controversa storia di stretta attualità e darne una versione che non si sbilancia lasciando parlare regia e commento sonoro. Si potrà anche pensare che la storia sia di scarso interesse, ma ciò significherebbe ignorarne i numeri: mezzo miliardo di iscritti in sei anni e un valore stimato di 75 miliardi di dollari. La capillarità della diffusione del social network dal logo blu fa spavento. Eppure il film di Fincher parla di Zuckerberg più che della sua invenzione e insinua il dubbio che Facebook sia nato sostanzialmente per due motivi: vendetta nei confronti dell'ex ragazza e la morbosa ossessione per l'ammissione nei club più esclusivi di Harvard. Parrebbero due ben futili motivi, un po' poveri per guadagnare soldi a palate, ma il film non si sofferma nemmeno per un istante sul senso ultimo di Facebook nei piani del suo inventore, più interessato dalle relazioni interpersonali di quest'ultimo.

 

Il film si apre con un litigio ad un tavolo apparecchiato per la cena (in realtà trattasi di due birre soltanto, serve un po' di immaginazione) tra Mark e la sua fidanzata Erica che, snervata dal tono saccente e giudicante del ragazzo, lo molla lì come merita e se ne va senza guardarsi indietro. Zuckerberg si sbronza, si sfoga sul blog recensendo malissimo la sua ormai ex fidanzata e propone agli amici di affiancare le foto dell'annuario delle studentesse a quelle di animali perchè siano votate, idea che porterà a facemash, con due visi di studentesse affiancate e la possibilità di votarne una o l'altra e il successivo crash della rete di Harvard. Impossibile non cogliere la profonda misoginia e il perpetuarsi della società degli uomini che serpeggia per tutto il film. Zuckerberg diventa popolare e viene avvicinato dal trio Cameron e Tyler Winklevoss e Divya Narendra per la crezione del social network HarvardConnection. Mark comincia invece a lavorare ad un proprio progetto sulla scorta del successo di facemash chiedendo all'unico amico Eduardo Saverin di affiancarlo in questa creazione.

 

Il film si sviluppa attorno a due tavoli di due studi di avvocati: Zuckerberg si difende contemporaneamente dalle accuse di Cameron Winklevoss, Tyler Winklevoss e Divya Narendra e da quelle di Eduardo Saverin. Dagli studi degli avvocati partono i flashback, come nella più classica delle messe in scena. Fincher non punta certo sull'originalità e nemmeno sulla volontà di prendere posizione, si lancia in una narrazione simile ad una costruzione solida e bella in cui la regia è altissima e non si nasconde, ogni personaggio ha il proprio quarto d'ora o più di shining, la sceneggiatura è un pilastro portante e la musica (curata da Trent Reznor e si sente) la chiave di volta. Dal dialogo d'apertura in poi Fincher dimostra a tutt* che non scherza e proprio per questa dichiarazione di intenti ci si aspetterebbe una virata nel non convenzionale, una rottura degli schemi che dimostra di sapere utilizzare tanto bene; invece il film non esce mai dallo sfavillante baccello lasciandoci con l'impressione, che via via si rafforza, di aver visto un'opera ben scritta, ben diretta e che non vuole essere più di questo.

 

Zuckerberg ne esce come figura ambigua, una sorta di sociopatico che subisce il fascino di un grande Justin Timberlake che impersona Sean Parker (il padre di Napster, sì, proprio lui) e che a momenti parrebbe essere vinto dall'invidia, come fosse in cerca soltanto di rivalsa. Questo movente piccolo e individuo-centrico della produzione statunitense ogni volta mi lascia perplessa anche se c'è una  chance (e non più di una) che potrebbero avere ragione loro. Resta il fatto che il lavoro più arduo e quello che ripaga (letteralmente) di più le multinazionali è quello di stendere profili il più possibile esatti degli acquirenti. Facebook è il social network in cui ogni consumatore inserisce quanti più dettagli riesce nel proprio profilo e si getta in pasto alleJustin Timberlakemultinazionali. E sì, può anche darsi che sia nato perchè Zuckerberg non si faceva una ragione di non essere stato "pizzicato" dai club di Harvard, ma non mi pare la migliore spiegazione possibile, tantomeno la più plausibile. Mi manca insomma un movente più alto, un ideale almeno dichiarato o, ancora meglio, il passaggio al lato oscuro dell'aspirante Jedi Mark (che al suo bar mitzvah ha scelto come musica quella di Star wars) dipinto invece come uno assolutamente avulso dalle questioni economiche e come il nuovo Bill Gates per bocca dello stesso Bill Gates (anche lui disinteressato al denaro se si applica la proprietà transitiva!).

 
 
 
 
 
 
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Commenti
 

I lettori hanno scritto 3 commenti

 
 
Luigi Faragalli
Luigi Faragalli
  • indirizzo IP 151.5.148.94
  • data e ora Lunedì 22 Novembre 2010 [12:10]
  • commento La notizia di questi giorni è che facebook costituisce ormai un quarto dell'intero traffico statunitense. Il che suggerisce che ormai, per molti, facebook e internet siano, di fatto, sinonimi.
 
 
 
 
 
Stefano Tirelli
Stefano Tirelli
  • indirizzo IP 77.58.111.28
  • data e ora Domenica 28 Novembre 2010 [23:54]
  • commento Per non parlare dell`integrazione con il 90% delle applicazioni mobili che trovo, moltissime hanno il "login via facebook".
 
 
 
 
 
Luigi Faragalli
Luigi Faragalli
  • indirizzo IP 151.65.218.104
  • data e ora Mercoledì 08 Dicembre 2010 [15:56]
  • commento Vero, e ti dico che, visto gli strumenti che mettono a disposizione, in effetti la tentazione di sostituire le proprie autenticazioni con la loro è forte.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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