Il voto del redattore
- voto
- 4/5
- valutazione
- Debutto coi fiocchi per la figlia d'arte Lucìa Puenzo, che incanta Cannes con una storia d'amore molto particolare.
Il voto dei lettori
- voto medio
- 2/5
- numero votanti
- Questo film è stato votato da 2 lettori
- di Francois Ozon
- dal
- genere Drammatico
- tipo Sentimentale
- Laura De Gregorio
- di Michel Hazanavicius
- dal 09 12 2011
- genere Drammatico
- tipo Sentimentale
- Roberta Folatti
- di Pedro Almodóvar
- dal 23 09 2011
- genere Drammatico
- tipo Sentimentale
- Anna Romana Sebastiani
- Contro Il pessimo metodo
- A favore La violenza della psicoanalisi
- Sara Troilo Vs. Keivan Karimi
XXY
di Lucìa Puenzo
- Dati
- Titolo originale: XXY
- Soggetto: Lucìa Puenzo
- Sceneggiatura: Lucìa Puenzo, Sergio Bizzio
- Genere: Drammatico - Sentimentale
- Durata: 91 min.
- Nazionalità: Argentina/Spagna
- Anno: 2007
- Produzione: Luis Puenzo e José Maria Morales
- Distribuzione: Teodorafilm
- Data di uscita: 22 06 2007
Scelta d'identità
di Emanuel Perico
Alex è un'adolescente che vive con la famiglia sulle brulle e desolate coste dell'Uruguay, dove si è trasferita dopo aver lasciato Buenos Aires. Una coppia di amici, con il figlio di 16 anni Alvaro, vanno a far loro visita. Questo perché il padre di Alvaro è un noto chirurgo plastico ed è lì per constatare di persona il segreto che Alex nasconde: ella è in realtà un'emafrodita e dopo qualche tempo la voce inizia a trapelare fra la gente della città causando scompiglio e diffidenza nei suoi confronti. Nel frattempo però, tra Alex e Alvaro, nasce una tenera attrazione.
Con questa sua opera prima Lucìa Puenzo ha conquistato l'ambito Gran Premio della 46me Semaine Internationale de la Critique a Cannes 2007, raccontando una storia di ambiguità genitale, fenomeno abbastanza frequente in Argentina (addirittura 1 neonato su 500, secondo alcune stime, nasce con entrambi i sessi). Soprattutto è una storia sulla libertà di scelta e sulle paure che può creare la diversità. Alex sta attraversando una fase critica, quella del risveglio ormonale, ed è sotto l'effetto di farmaci che le impediscono la "virilità" e che quindi la conservano nella sua parte femminile. Ma le sue pulsioni sessuali creano turbamenti, sia a lei, sia a chi le sta intorno. L'esplosione dell'adolescenza amplifica oltremodo la sua doppia condizione sessuale creandole confusione e smarrimento, tanto che diventa diffidente anche nei confronti degli amici più vicini a lei. L'intento dei genitori (soprattutto della madre) è quello di farla operare e di renderla "normale". Non è della stessa idea il padre che difende a spada tratta la figlia dagli attacchi di coloro che la credono solo una "specie in estinzione". Alvaro si trova suo malgrado coinvolto dall'ambiguità di Alex e ne rimane affascinato. Lui stesso ha alcuni conflitti irrisolti con il padre, il quale vede nella ragazza solo una potenziale fonte di maggior popolarità per la sua professione.
La giovane ermafrodita (splendidamente interpretata dall'esordiente Inés Efron) affronta con disarmante naturalezza la sua natura bizzarra cercando di tranquillizzare gli altri sul fatto che diverso non sempre vuol dire pericoloso. In particolar modo XXY vuole puntare il dito contro chi non vuol conoscere e rinnega la diversità altrui arrivando addirittura ad estirparla con la forza. Azzeccati anche i personaggi comprimari come il padre Kraken (un intenso Ricardo Darìn) o il giovane Alvaro (Martìn Piroyanski), il quale dà vita ad un personaggio che nella sua "normalità" sa essere fragile e confuso quanto Alex.
I dialoghi ridotti all'osso focalizzano maggiormente l'attenzione sul "non detto" e quindi fanno emergere le sfumature caratteriali dei personaggi in un'atmosfera mistica e fuori dal tempo (complice anche lo splendido paesaggio magistralmente ripreso).
La Puenzo è figlia d'arte (il padre Luis è il famoso regista di pellicole come Old Gringo e La puta y la Ballena e in XXY ricopre il ruolo di produttore) e l'influenza si sente eccome. La regia è molto pacata, ai limiti del documentario, molto attenta negli esterni ed estremamente sensibile quando si tratta di girare scene particolarmente insidiose e delicate come quelle dei primi approcci sessuali tra Alex e Alvaro. La regista gioca molto con le immagini e come metafora della castrazione inserisce sequenze di sicura efficacia come ad esempio la madre di Alex con un coltello che taglia una carota con irruenza finendo poi per ferirsi o una tartaruga di mare con le pinne amputate. Alex alla fine, decide di non decidere, perché la natura le ha donato quel corpo che può sembrare uno scherzo ma ciò non le ha impedito di innamorarsi o di provare dei sentimenti e sensazioni forti e questo equivale a sentirsi liberi. Diventa così l'icona di chi, consapevole dei propri limiti, decide di non nascondersi, affrontando a testa alta i pregiudizi delle persone che si fanno scudo nascondendosi dietro a facili discriminazioni.
Bella prova d'esordio per Lucìa Puenzo che rischiava di bruciarsi dato l'argomento scelto, quello dell'ambiguità sessuale, che andava trattato con le dovute cautele senza scadere nello scandalistico o nel morboso. Il livello si mantiene sempre intenso, molto vicino alla storia narrata e sempre con l'occhio puntato sul fulcro della vicenda ovvero (per dirla con le parole della regista) sul fatto che "nel processo di castrazione, la paura per l'ambiguità genitale diventa la metafora per tutte le amputazioni prodotte dalla paura di essere diversi".
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