Il voto del redattore
- voto
- 3.5/5
- valutazione
- Volgare e scorretto, profondamente amaro: sarà il prossimo cult-movie?
Il voto dei lettori
- voto medio
- 1.4/5
- numero votanti
- Questo film è stato votato da 33 lettori
- di Sydney Pollack
- dal
- genere Commedia
- tipo Documentario
- Roberta Folatti
- di Alina Marazzi
- dal 07 03 2008
- genere Commedia
- tipo Documentario
- Carlo Griseri
- Contro Il pessimo metodo
- A favore La violenza della psicoanalisi
- Sara Troilo Vs. Keivan Karimi
Borat
di Larry Charles
- Dati
- Titolo originale: Borat: Cultural Learnings of America for Make Benefit Glorious Nation of Kazakistan
- Soggetto: Sacha Baron Cohen, Peter Baynham, Anthony Hines, Todd Phillips
- Sceneggiatura: Sacha Baron Cohen, Peter Baynham, Anthony Hines, Dan Mazer
- Genere: Commedia - Documentario
- Durata: 84 min.
- Nazionalità: USA
- Anno: 2006
- Produzione: Everyman Pictures, Gold/Miller Productions, One America
- Distribuzione: 20th Century Fox
- Data di uscita: 02 03 2007
- Link
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- Sito ufficiale
- Sito ufficiale di Borat
Sistemo l'America e torno
di Vincenzo Rossini
"Hallo, I'm Borat and I like sex". Così si presenta al pubblico il reporter kazako Borat. Due minuti dopo ci dice che sua sorella è la quarta prostituta della nazione, che sua moglie è pronta a tagliargli il pene in caso di tradimento e che nel suo paese lo sport preferito è la «caccia al giudeo». Ovviamente compiacendosi di tutto questo. Borat viene spedito negli Stati Uniti dal ministero della cultura kazako a girare un reportage educativo sui costumi e sulla vita americana. Assieme a lui un improbabile produttore, Azamat, unto e appesantito. Dovrebbero girare a New York, ma una notte, in albergo, Borat ha una visione paradisiaca: in un episodio di Baywatch che trasmettono alla televisione, Borat scorge le forme prosperose e la chioma angelica di Pamela Anderson, rimanendone folgorato. Cambiano i piani: si va a Los Angeles. Ovviamente lungo il tragitto Borat fa incontri di tutti i tipi: compare in uno show televisivo, si ritrova in un rodeo, entra in un circolo di "etiquette coaches", allenatori di buone maniere, conosce una prostituta gigantesca, viene ospitato in un bed & breakfast gestito da un inquietante rabbino, si addentra nei sobborghi neri di Atlanta
In ogni contesto Borat sembra un cavernicolo, cresciuto con idee che nella «democraticissima» America sembrano folli: antisemitismo, razzismo, omofobia, maschilismo acui si aggiunge un'abbondante dose di cattive maniere, di volgarità e di scorrettezze. Borat spiazza tutti quelli che incontra. E qui scatta il meccanismo perverso: il comportamento di questo personaggio è talmente destabilizzante che riesce a scoprire i punti dolenti del "buon senso" americano, tirando fuori il peggio dagli ignari intervistati. A un rivenditore di automobili Borat chiede a che velocità deve andare per ammazzare un gruppetto di zingari, e quello gli risponde senza fare una piega: «credo che 60km/h andrebbero bene». A una «etiquette coach» mostra una foto di suo figlio minorenne in posa adamitica esaltandone le dimensioni del pene, e quella non si scompone minimamente, poco dopo, però si rivolge agli altri allenatori dicendo che «bisogna averne compassione, che per il processo di americanizzazione ci vorrà un po' di tempo». E avanti così per tutto il film, mostrando il lato orribile degli Stati Uniti, i nazionalismi guerrafondai dietro l'apparente tolleranza, l'odio per il diverso dietro l'ipocrisia della multietnicità. Un membro di una confraternita - un adolescente preoccupato e idiota - afferma che questo è un momento difficile, che le minoranze stanno prendendo il sopravvento, mentre Borat si rammarica che in America le donne non siano schiave e possano addirittura scrivere un libro.
Eccola, l'America. Borat impietosamente e in modo scorretto ce la mostra. E fa paura. Dietro Borat c'è il genio folle - e paraculo, direbbe qualcuno - di Sacha Baron Cohen, inglese di origini ebraiche già creatore di personaggi destabilizzanti come Ali G, protagonista di un un flop di qualche anno fa, o Bruno, il fotografo gay che sarà protagonista del prossimo film. Questo lavoro può essere letto a due livelli: commedia scorretta e apparentemente improvvisata (e mirabilmente orchestrata), o mockumentary crudele sulla cultura contemporanea. In ogni caso si esce dal cinema sconvolti. E divertiti. Perché Borat è irresistibilmente divertente, provocatorio, eccessivo. Se riuscite, guardatelo in lingua originale, per capire che grandissimo lavoro di invenzione attoriale ha fatto Cohen sul suo personaggio; se riuscite guardate anche il film fino alla fine dei deliziosi titoli di coda in stile soviet-film, e analizzate attentamente il visto censura
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