Il voto del redattore
- voto
- 3.5/5
- valutazione
- Potezialmente un piccolo capolavoro
Il voto dei lettori
- voto medio
- 2.5/5
- numero votanti
- Questo film è stato votato da 8 lettori
- di Nicolo Donato
- dal 02 07 2010
- genere Drammatico
- tipo Psicologico
- Papupop
- di Francis Ford Coppola
- dal 20 11 2009
- genere Drammatico
- tipo Psicologico
- Antinoo
- di Marc Forster
- dal 28 03 2008
- genere Drammatico
- tipo Psicologico
- Elena De Dominicis
- di Michael Haneke
- dal 30 10 2009
- genere Drammatico
- tipo Psicologico
- Severino Faccin
- Contro Il pessimo metodo
- A favore La violenza della psicoanalisi
- Sara Troilo Vs. Keivan Karimi
La vita segreta delle parole
di Isabel Coixet
- Dati
- Titolo originale: La vida secreta de las palabras
- Soggetto: Isabel Coixet
- Sceneggiatura: Isabel Coixet
- Genere: Drammatico - Psicologico
- Durata: 112 min.
- Nazionalità: Spagna, U.S.A.
- Anno: 2005
- Produzione: Esther García
- Distribuzione: BIM
- Data di uscita: 15 03 2006
- Link
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- Sito ufficiale
Quello che le donne non dicono
di Eduard Le Fou
Ogni persona custodisce dentro di sè un'esperienza dolorosa che si vorrebbe dimenticare. Alcune serbano una vera e propria tragedia, impossibile da dimenticare perché le ferite sono lì, davanti agli occhi, ogni giorno, per sempre. Condividere queste esperienze, parlandone magari con un perfetto sconosciuto, sembra essere l'unico modo per osservarle dall'esterno, per riuscire ad assegnare le effettive responsabilità e alleviarne un pò il peso, questo sì, indicibile.
Il percorso che porta dal silenzio che segue un'esperienza tragica alle parole che improvvisamente rompono gli argini del dolore è il tema, apparentemente anticinematografico, che la regista e sceneggiatrice catalana Isabel Coixet ha scelto di descrivere nel suo nuovo film, La vita segreta delle parole. Hanna (Sarah Polley) è una donna solitaria di cui non sappiamo nulla: straniera in un paese -apparentemente- nordeuropeo, è una giovane operaia con problemi di udito, che vive una vita abitudinaria, triste e ossessiva finchè un giorno decide di prendere delle ferie per raggiungere da sola un'uggiosa località sul mare (apparentemente del Nord). Per caso viene a conoscenza di un brutto incidente accaduto su una vicina piattaforma petrolifera: serve un'infermiera e lei si propone. Così, in un posto lontano da tutto, dove vivono alcune anime solitarie che come lei cercano soltanto la loro fetta di tranquillità e silenzio, Hanna si ritrova a prendersi cura di Josef (Tim Robbins), gravemente ustionato e momentaneamente reso cieco dall'incidente occorso sulla piattaforma mentre cercava di salvare la vita ad un collega. Inizialmente molto guardinga, Hanna si lascerà pian piano conquistare dalla generosa e ironica personalità di Josef; nascerà un'empatia, un'intesa speciale, che porterà Hanna a confidare all'uomo il terribile segreto che con tanto dolore serba dentro di sé. Una rivelazione che sconvolgerà la vita di entrambi.
La vita segreta delle parole è un film intenso che si avvale di un soggetto tra i più singolari e azzardati degli ultimi tempi. La scommessa risulta vinta a metà. L'ambientazione (che rimanda a Le onde del destino di Von Trier) e l'ottima interpretazione dei due protagonisti e dei personaggi secondari rendono credibili esperienze insolite e sconosciute alla maggior parte del pubblico. C'è chi crede che il cinema debba essere oggi, nella società delle immagini dominata dalla TV, lo spazio privilegiato dell'alterità, il luogo eletto per raccontare quelle storie marginali ed eccezionali che, in opposizione alla presunta realtà quotidiana biecamente raccontata dalla TV, permettano di riscoprire nelle nostre vite (e nel cinema stesso) un senso perduto di unicità, storie che soddisfino quell'innato desiderio di credere che la vita vada comunque vissuta, desiderio troppo spesso svilito nella grande mediocrità rappresentata oggi dai media. Queste vite così diverse dal "normale" possono essere raccontate per accumulazione, attraverso le vie del grottesco, o "in levare", alla ricerca della semplicità come minimo denominatore comune tra cinema e vita. Questa è la strada che segue la Coixet, con buoni risultati, nella prima parte del film, quando lo spirito disperato e determinato al tempo stesso di Hanna ci conduce con garbo attraverso questo luogo fuori dal mondo, abitato da anime in pena, in cerca di redenzione e di fiducia per proseguire a vivere. La regista ci mostra i loro sguardi che non si incrociano, le parole che non si scambiano, le emozioni vissute in solitudine, dilatando i tempi e i silenzi con efficacia. E proprio alla luce di questo andamento quieto appare troppo brusco e repentino il passaggio cruciale del film, la rivelazione di Hanna, la cui portata segna un passaggio fondamentale per la prosecuzione della sua vita (e del film). Lo snodo della pacata tensione che attraversa la prima parte del film poteva e doveva essere risolto con maggiore originalità. Anche se il silenzio, la parola e i suo limiti ad interpretare i nostri sentimenti sono stati scelti quali temi centrali del film, una maggiore fiducia nella capacità dell'immagine cinematografica di esprimere l'inesprimibile avrebbe giovato a donare umanità e generosità al film intero, contagiando lo spettatore, che invece esce di sala con la sensazione di aver assistito ad un'occasione perduta.
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