Il voto del redattore
- voto
- 2.5/5
- valutazione
- Ben confezionato, ma non spiega chi fosse davvero una geisha
Il voto dei lettori
- voto medio
- 2.6/5
- numero votanti
- Questo film è stato votato da 38 lettori
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02 11 2013
Memorie di una geisha
di Rob Marshall
- Dati
- Titolo originale: Memoirs of a geisha
- Soggetto: Arthur Golden
- Sceneggiatura: Robin Swincord
- Genere: Drammatico - Sentimentale
- Durata: 104 min.
- Nazionalità: U.S.A.
- Anno: 2005
- Produzione: Columbia Pictures Corporation, Dreamworks SKG, Red Wagon Productions, Spyglass Entertainment, Amblin Entertainment
- Distribuzione: Eagle Pictures
- Data di uscita: 16 12 2005
Recensione pubblicata il 16 12 2005
Questa recensione è stata letta 18559 volte
Meglio dimenticare
di Eduard Le Fou
La voce narrante di Chiyo ci racconta la sua vita a partire da quando, nel Giappone degli anni '30, a soli nove anni, per colpa della malattia della madre, è costretta a lasciare la famiglia e il povero villaggio di pescatori dove era nata per essere venduta ad una casa dove si insegna a diventare geishe. I genitori muoiono e la sorella scapperà: le geishe diventeranno la sua famiglia.
Chiyo, ancora ragazzina, un giorno incontra un facoltoso uomo di cui rimane innamorata, giurandogli amore eterno. Intanto cresce e diviene una donna (Zhang Ziyi) e viene istruita sui riti, le danze, la musica, la cerimonia del tè e l'abbigliamento adatto. Durante l'apprendimento è costretta a subire vessazioni e umiliazioni dalle colleghe e soprattutto dalla geisha più importante, Hatsumomo (Gong Li). A darle un'opportunità di diventare una vera geisha sarà Mameha (Michelle Yeoh), geisha esperta e generosa, rivale di Hatsumomo, che la prende sotto la sua protezione.
C'è un solo modo per non restare delusi da Memorie di una geisha: non aspettarsi un film che descriva il profilo umano e psicologico, anche se discutibile, di una geisha. Come scriveva Arthur Golden, autore dell'omonimo romanzo bestseller del 1997 da cui è tratto il film: "Ci sono due miti a proposito delle geisha. Uno è che le geisha sono delle prostitute. Questo mito è sbagliato. L'altro è che le geisha non sono delle prostitute. Anche questo mito è sbagliato".
L'inafferrabilità per noi occidentali della figura di una geisha ha contribuito a creare un mito (forse oltre l'effettivo interesse) intorno ad un'idea vagamente esotica e affascinante di donna, idea che un film come questo potrebbe senz'altro contribuire ad approfondire.
Ma Memorie di una geisha perde questa interessante opportunità e affronta il film con quell'approccio pragmatico e a tratti grossolano secondo il quale la ricerca dell'universalità dei valori narrati da una storia ne assicurano la buona riuscita. Ma i valori di un giapponese di inzio '900 non sono certo quelli del pubblico cui la pellicola si rivolge: gli occidentali del nuovo secolo. In questa attitudine vanno trovati quelli che sono i pregi e i limiti, al tempo stesso, del film.
A partire da un cast stellare, che vede coinvolti grandi attori orientali, giovani e meno giovani, e che regala un'interpretazione di innegabile spessore. Peccato che ad interpretare ruoli di personaggi giapponnesi siano quasi tutti cinesi (più una malese). Tale scelta è nata dalla fama che riscuotono oggi gli attori cinesi a livello internazionale, ma ha fatto storcere non poco il naso all'opinione pubblica dei due grandi Paesi orientali, i quali vi hanno ravvisato una punta di razzismo, del tipo "tanto questi orientali hanno tutti gli occhi a mandorla!".
Per non parlare poi della fotografia, delle scenografie, dei costumi, tutti di meticolosa e spettacolare fattura e in grado di affascinare lo spettatore ricostruendo con fantasia e verosimiglianza il Giappone a cavallo della Seconda Guerra Mondiale. Un mondo e una società pre-moderne che oggi non esistono più e dei quali sarebbe stato opportuno descrivere anche dinamiche e risvolti psicologici di personaggi immersi in una realtà ben diversa da quella odierna.
Purtroppo non solo questo non si ritrova nel film, ma a tratti sembra addirittura che le tre geishe protagoniste si muovano con la mentalità di modernissime PR in carriera che lottano fra loro per conquistare i clienti migliori e il predominio sul mercato dell'intrattenimento. La stessa storia di amore tra Sayuri e il direttore generale (non ce l'ha un nome, durante il film viene sempre chiamato così, anche durante le scene più sentimentali!), viene trattata da un punto di vista troppo legato ai nostri tempi e viene ridotta ad una lunga e travagliata vicenda di emancipazione sociale dai contenuti sentimentali, quando poteva essere la storia di un dilaniante amore impossibile (tema classico della letteratura orientale) di una donna il cui destino era segnato sin dalla nascita.
Che poi il suo riscatto si realizzi grazie all'arrivo delle amichevoli truppe americane (nessun cenno alle bombe atomiche) che cambiano la Storia di un popolo, liberandolo in cambio soltanto di un'innocente scopata di tanto in tanto con le giapponesi più avvenenti, è un finale di una superficialità davvero di pessimo gusto, soprattutto per i tempi che corrono.
Chiyo, ancora ragazzina, un giorno incontra un facoltoso uomo di cui rimane innamorata, giurandogli amore eterno. Intanto cresce e diviene una donna (Zhang Ziyi) e viene istruita sui riti, le danze, la musica, la cerimonia del tè e l'abbigliamento adatto. Durante l'apprendimento è costretta a subire vessazioni e umiliazioni dalle colleghe e soprattutto dalla geisha più importante, Hatsumomo (Gong Li). A darle un'opportunità di diventare una vera geisha sarà Mameha (Michelle Yeoh), geisha esperta e generosa, rivale di Hatsumomo, che la prende sotto la sua protezione.
C'è un solo modo per non restare delusi da Memorie di una geisha: non aspettarsi un film che descriva il profilo umano e psicologico, anche se discutibile, di una geisha. Come scriveva Arthur Golden, autore dell'omonimo romanzo bestseller del 1997 da cui è tratto il film: "Ci sono due miti a proposito delle geisha. Uno è che le geisha sono delle prostitute. Questo mito è sbagliato. L'altro è che le geisha non sono delle prostitute. Anche questo mito è sbagliato".
L'inafferrabilità per noi occidentali della figura di una geisha ha contribuito a creare un mito (forse oltre l'effettivo interesse) intorno ad un'idea vagamente esotica e affascinante di donna, idea che un film come questo potrebbe senz'altro contribuire ad approfondire.
Ma Memorie di una geisha perde questa interessante opportunità e affronta il film con quell'approccio pragmatico e a tratti grossolano secondo il quale la ricerca dell'universalità dei valori narrati da una storia ne assicurano la buona riuscita. Ma i valori di un giapponese di inzio '900 non sono certo quelli del pubblico cui la pellicola si rivolge: gli occidentali del nuovo secolo. In questa attitudine vanno trovati quelli che sono i pregi e i limiti, al tempo stesso, del film.
A partire da un cast stellare, che vede coinvolti grandi attori orientali, giovani e meno giovani, e che regala un'interpretazione di innegabile spessore. Peccato che ad interpretare ruoli di personaggi giapponnesi siano quasi tutti cinesi (più una malese). Tale scelta è nata dalla fama che riscuotono oggi gli attori cinesi a livello internazionale, ma ha fatto storcere non poco il naso all'opinione pubblica dei due grandi Paesi orientali, i quali vi hanno ravvisato una punta di razzismo, del tipo "tanto questi orientali hanno tutti gli occhi a mandorla!".
Per non parlare poi della fotografia, delle scenografie, dei costumi, tutti di meticolosa e spettacolare fattura e in grado di affascinare lo spettatore ricostruendo con fantasia e verosimiglianza il Giappone a cavallo della Seconda Guerra Mondiale. Un mondo e una società pre-moderne che oggi non esistono più e dei quali sarebbe stato opportuno descrivere anche dinamiche e risvolti psicologici di personaggi immersi in una realtà ben diversa da quella odierna.
Purtroppo non solo questo non si ritrova nel film, ma a tratti sembra addirittura che le tre geishe protagoniste si muovano con la mentalità di modernissime PR in carriera che lottano fra loro per conquistare i clienti migliori e il predominio sul mercato dell'intrattenimento. La stessa storia di amore tra Sayuri e il direttore generale (non ce l'ha un nome, durante il film viene sempre chiamato così, anche durante le scene più sentimentali!), viene trattata da un punto di vista troppo legato ai nostri tempi e viene ridotta ad una lunga e travagliata vicenda di emancipazione sociale dai contenuti sentimentali, quando poteva essere la storia di un dilaniante amore impossibile (tema classico della letteratura orientale) di una donna il cui destino era segnato sin dalla nascita.
Che poi il suo riscatto si realizzi grazie all'arrivo delle amichevoli truppe americane (nessun cenno alle bombe atomiche) che cambiano la Storia di un popolo, liberandolo in cambio soltanto di un'innocente scopata di tanto in tanto con le giapponesi più avvenenti, è un finale di una superficialità davvero di pessimo gusto, soprattutto per i tempi che corrono.
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