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libera critica cinematografica

 
 
 
 
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Il voto del redattore

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  • 3.5/5
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  • La "visione" di Ferrara induce a pensare e ripensare sul significato del verbo "credere"
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Il voto dei lettori

  • voto medio
  • 4/5
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  • Questo film è stato votato da 8 lettori
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Info

Mary

di Abel Ferrara

 
    Dati
  • Titolo originale: Mary
  • Soggetto:
  • Sceneggiatura: Simone Lageoles, Abel Ferrara, Mario Isabella
  • Genere: Drammatico - Religioso
  • Durata: 83 min.
     
  • Nazionalità: Italia, U.S.A.
  • Anno: 2005
  • Produzione: De Nigris - Central Film, Wild Bunch and Associated Filmakers
  • Distribuzione: Mikado
  • Data di uscita: 18 11 2005
 
 
 
 
 
 
 
 
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Recensione

Misteri della Fede

di Nicola Tedeschi

Cosa significa realmente "credere"? Si tratta di una conquista definitiva o di un traguardo sempre in discussione? E' necessario avere la Fede in vista di una vita ultraterrena o semplicemente per giustificare l'imperfezione dell'esistenza e vivere meglio in questa vita che é probabilmente l'unica? La fede é necessaria in sé oppure é soltanto strumentale all'accettazione e alla sopportazione del male che é inscindibile dalla vita umana? Esiste una differenza sostanziale tra il credere assolutamente e il credere in una delle molte "versioni della storia" che le diverse religioni propongono? Fino a che punto la fede può modificare in concreto lo stile di vita e gli atteggiamenti quotidiani di un individuo? Fede come "conditio sine qua non" per attingere ad una Verità supposta esistente o solo, come sosteneva Nietzsche, "extrema ratio" di animi deboli per tentare di contrastare l'irrazionalità della vita e l'indifferenza della Natura? L'elenco potrebbe proseguire, sull'argomento si discute del resto da secoli. Sono trascorsi invece solo due mesi dall'afoso pomeriggio in cui al termine della nuova pellicola di Abel Ferrara sono rimasto seduto per cinque minuti al Palagalileo, mentre tutti sfollavano, confuso e perplesso, chiedendomi che cosa realmente avessi visto e quanto ci avrei messo a formulare un giudizio.
Anticipo subito che parte dell'incertezza iniziale si e' mantenuta tale a tutt'oggi. Nei giorni successivi ho peraltro deciso di favorire il superamento perlomeno parziale dell'aporia critica operando una sorta di personale riduzione fenomenologica: ho stabilito di dimenticare, o meglio mettere tra parentesi, autore, contesto, eziologia e presunte finalità dell'opera, compreso tutto quanto avevo letto e sentito su Mary. Il compito non é stato facile e non lo é neanche ora, dopo due mesi in cui ho riflettuto molto, rilettura quasi integrale dei Vangeli Apocrifi compresa. Se ho sgombrato il campo da numerose perplessità, su un aspetto sono tuttavia fondatamente sicuro. Mai come per Mary é necessario distinguere tra il piano semantico e contenutistico e quello puramente filmico-realizzativo: complesso, forte e ricco di implicazioni il primo, contraddittorio, farraginoso e in più punti sfocato il secondo, asservito del resto in tutto e per tutto al primo. Un film dunque più teoretico che visivo (anche se certamente visionario), più logico che eidetico, più intellettualmente stimolante che percettivamente suggestivo. Una sceneggiatura di impostazione quasi letteraria, con tre short stories quasi indipendenti ma interconnesse, per via analogica all'inizio, in un rapporto diretto poi. Mutuando una simbologia matematica, le tre parti sono tre "funzioni cinematografiche" di forma e ritmo sinusoidali che si intrecciano ciclicamente l'una all'altra, per tendere poi ad una sorta di convergenza all'infinito, metaforicamente geometrico ma anche sostanzialmente ontologico; convergenza che resta peraltro imperfetta, come se un irriducibile, per quanto minimo, scarto, inficiasse la perfetta fusione delle tre linee in una sola. Tony Childress (Matthew Modine) é un egocentrico e maniacale attore e regista, una via di mezzo tra un cineasta alternativo, un playboy mediatico e un abile agitatore culturale, fresco autore dell'ennesimo film su Gesù, "This is my blood", politicamente e teologicamente scorretto, che attinge a piene mani a fonti apocrife e opinioni del tutto personali, concretizzando una versione provocatoria ed eterodossa della vita del Cristo. Nello strepitoso incipit vediamo una ripresa del film, con Marie Palesi (Juliette Binoche), l'attrice che interpreta il ruolo di Maria Maddalena, che esce correndo dalla grotta teatro della Resurrezione, sconvolta e turbata, a  sua volta come resuscitata ad una superiore consapevolezza spirituale, dopo avere a tal punto interiorizzato il proprio ruolo da venirne del tutto sopraffatta e "rapita", l'attrice non sarà più la stessa.
Appare ben presto chiaro che non si tratta di un turbamento passeggero: Marie appare svuotata, il suo Io come prosciugato e annichilito dal personaggio rappresentato, la sua identificazione con la Maddalena pressoché totale. La sua scelta é clamorosa: abbandona una promettente carriera di attrice e decide di non tornare in America per recarsi invece a Gerusalemme. Il ritorno della troupe a New York a riprese ultimate sarà dunque senza di lei, che decide di rimanere in Terra Santa, spossessata della sua identità, tesa alla ricerca di una spiritualità totale, in preda ad un anelito di fede che si confonde con la ricerca di un viaggio di illuminazione intellettuale verso la conoscenza. Una terza traiettoria ci conduce a New York, dove il brillante anchorman televisivo Ted Younger (Forest Whitaker) conduce un programma settimanale sul tema della fede cui partecipano, in qualità di ospiti, teologi, uomini di chiesa, esegeti delle Scritture ed esperti di questioni religiose di varie confessioni. Puntata dopo puntata Ted abbandona progressivamente il suo distacco professionale, la sua coolness da consumato professionista, per appassionarsi sempre più al tema ed al reale significato di una vita da credente, tanto che la riflessione e il dubbio si insinuano impercettibilmente nella sua anima.
Ferrara e i suoi co-sceneggiatori adottano abilmente una struttura narrativa para-evangelica; laddove i Vangeli fanno propria una narrazione di tipo sinottico, il film racconta le tre storie secondo uno sviluppo sincronico, per intreccio successivo delle vicende dei tre protagonisti: ciascuno dei tre personaggi (sia pur in maniera profondamente diversa) sviluppa un proprio personale percorso interiore e soprattutto viene a contatto con quell'elemento cruciale che sempre, nel corso della Storia, ha fronteggiato la fede e l'ha costretta a misurarsi dialetticamente e in modo spesso terribile sul campo dell'esistenza concreta: il Male. Un Male certo univoco in senso metafisico, ma singolarmente articolato nelle sue declinazioni terrene: minacce di morte per Tony Childress regista blasfemo, che si trova a fronteggiare la possibilità di un attentato alla premiere del suo film; l'incontro con la guerra e la violenza del conflitto etnico e religioso per Marie, stabilitasi in Terra Santa per vivere con la massima intensità possibile la sua scelta di ricerca; la prospettiva della morte dei propri cari per Ted Younger, la cui moglie partorisce prematuramente un figlio, con gravi complicazioni per entrambi, mentre lui é distratto dalla preparazione del suo programma, cio' avviene proprio quando la sua predisposizione al dubbio é giunta ad un tale livello di sviluppo che egli interpreta come un segno divino nei confronti della sua condotta agnostica e insensibile la possibile tragedia che incombe sulla sua vita. Ed ecco che la sorte fa incrociare le traiettorie di questa singolare trinità laica: tornato a New York Ted contatta Tony e gli propone di partecipare a una puntata del suo show. Quest'ultimo accetta, a condizione che la prima del suo film, contestata dai cristiani più radicali, da alcuni movimenti di destra e dalle frange più estreme degli ebrei ortodossi, venga ripresa in diretta dalla TV di Ted. La premiere minaccia di saltare per l'elevato rischio di un attentato e Tony, sconvolto per la virulenza dell'opposizione e per l'impossibilità di vedere proiettato il proprio lavoro, decide di rendere clamorosa la sua protesta, durante un'ulteriore puntata in cui la stessa Marie Palesi viene contattata in diretta telefonica da Gerusalemme: é la sintesi, la chiusura potente e suggestiva del cerchio narrativo, ma anche il punto di fuga a partire dal quale le esistenze dei tre personaggi dovranno forzatamente prendere atto dell'oltrepassamento di un punto di non ritorno.
Un lavoro certo stilisticamente imperfetto e ideologicamente squilibrato, di taglio quasi documentaristico in alcuni momenti, ma sferzante e provocatorio, capace di generare problematicità e domande nella misura inesorabile in cui un dialogo platonico o un apologo zen possono farlo. Anche altri elementi concorrono senza dubbio a renderlo rilevante: il carattere intrinsecamente contraddittorio della figura di Maria Maddalena, e il cruciale interrogativo (enfatizzato più volte) sul suo reale status: donna equivoca, quasi-prostituta redenta da Gesù secondo l'ortodossia cristiana, amica strettissima del Cristo e suo primario discepolo, sino all'aperta rivalità personale e dottrinaria con Pietro, secondo la tradizione apocrifa. Anche in questo senso e su un registro ancora diverso, di carattere marcatamente storico-antropologico, il film conferma la sua impronta sottilmente sovversiva, soprattutto per l'evidente messa in discussione di alcuni fondamenti della dottrina e del misticismo giudaico-cristiano, in primis il ruolo della donna nella società e la sua valenza all'interno delle questioni religiose (soggetto passivo o anche possibile discepolo e continuatore della dottrina ?); ma anche, e più profondamente, pur se in modo sottile e quasi impercettibile, il senso dell'esistenza del Femminile nel discorso teologico e la sua integrazione con il Verbo divino e il Logos evangelico.
Anche in questo ambito la scelta di Ferrara é eterodossa ed estremamente ardita, fondata com'é sul privilegio accordato ai Vangeli Gnostici (scoperti, giova ricordarlo, solo nel 1945), ed in particolare al testo attribuito alla stessa Maria Maddalena, dal quale non si può non inferire il suo ruolo primario sotto il profilo teologico e dottrinario. Alla donna viene riconosciuta a pieno titolo la facoltà, potente e decisiva, di promulgare e diffondere il Verbo, eclissata e disconosciuta per secoli. Anche restando su un livello maggiormente superficiale, il messaggio intuitivo di quest'opera é comunque netto: in un mondo segnato da un crescente agnosticismo, in cui la vita materiale eclissa il sentimento religioso, vissuto in maniera prettamente rituale anche da chi si professa credente, intraprendere un reale percorso di fede e di ricerca interiore appare come un'esperienza letteralmente sconvolgente che può impattare in modo drastico e inaspettato nella vita di ciascuno. Tanto che una possibile conclusione tra le molte potrebbe essere così formulata: in una società come quella Occidentale (e in un mondo che sempre più tende a rassomigliarle), tecnocratica,  performativa e secolarizzata, in cui un immanentismo crescente sostituisce Dio con un esercito di "piccoli dei" creati dall'uomo, credere e professare una fede autentica costituiscono forse la scelta e lo stile di vita più autenticamente sovversivi. Non si può passare sotto silenzio la  recitazione di livello assoluto dei tre attori principali, con una Binoche assolutamente sensazionale, completamente fagocitata dal suo duplice ruolo, i cui caratteri sono separati del resto da un diaframma impercettibile, virtualmente sovrapposti. Il pregio principale della pellicola é quello di stimolare un ripensamento sul tema della complessità ineliminabile di ogni ragionamento nel campo della fede religiosa, ma per via analogica di ogni forma di fiducia e credenza in qualcosa di Altro supposto superiore. Un approccio, quello di Ferrara, obliquamente trasgressivo ma permeato pur sempre dall'idea che la dimensione trascendente sia un elemento portante di ogni riflessione umana, e in tal senso anche sottilmente conservatore. E così é in fondo, da sempre, anche il suo cinema: ci si può "credere" o meno, ma con esso si deve comunque fare i conti.

 
 
 
 
 
 
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