Il voto del redattore
- voto
- 4/5
- valutazione
- Un film rigoroso, pulito, fatto di sguardi, di silenzi e di gesti a un tratto rumorosissimi
Il voto dei lettori
- voto medio
- 3.5/5
- numero votanti
- Questo film è stato votato da 9 lettori
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Saimir
di Francesco Munzi
- Dati
- Titolo originale: Saimir
- Soggetto: Francesco Munzi
- Sceneggiatura: Francesco Munzi, Serena Brugnolo, Dino Gentili
- Genere: Drammatico - Sociale
- Durata: 88 min.
- Nazionalità: Italia
- Anno: 2005
- Produzione: Orisa Produzioni, Pablo Produzioni
- Distribuzione: Istituto Luce
- Data di uscita: 00 00 0000
- Link
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Un divorante senso di estraneità
di Roberta Folatti
Nella scena del furto nell'appartamento-bene i ragazzi rubano tutti i ritratti incorniciati, come se volessero appropriarsi, più che degli oggetti, della vita delle persone fotografate. Indossano pellicce, frugano tra i ricordi personali, ma la soddisfazione più grande se la prende il giovane rom dal corpo scheletrico buttandosi nella piscina, simbolo di un agio che si può solo "rubare".
Mondi separati, non comunicanti, che se per caso si accostano sono incapaci di comprendersi - di questo racconta Francesco Munzi nel suo bel film Saimir. Protagonista un sedicenne albanese che abita sul litorale laziale col padre, la loro fonte di reddito viene dal trasporto di immigrati clandestini su un camion sgangherato. Il ragazzo arrotonda partecipando a qualche furto insieme agli amici rom del campo nomadi accanto a casa sua. Ma Saimir è sempre più insofferente a quella vita, non gli basta voltare la testa ignorando le conseguenze dei suoi atti per sopportare un'esistenza del tutto priva di umanità e di calore. Suo padre si giustifica dicendo che è l'unico modo per mantenersi e promettendo cambiamenti continuamente rimandati, Saimir sogna d'andarsene e di trovare un lavoro dignitoso.
Il trascinarsi in questa esistenza che gli pesa ogni giorno di più sembra trovare un po' di sollievo nell'incontro con una ragazza italiana, che accetta senza riserve di uscire con lui. Saimir per un attimo ridiventa ragazzino, ritrova la spensieratezza della sua età, sorride, si sente come gli altri, ma poi il desiderio di trattenere la prima cosa bella che ha incontrato in un paese così estraneo gli fa commettere una serie di sbagli. Un regalo troppo costoso e precoce, lo svelamento ingenuo del suo tipo di vita spaventano la ragazza e la allontanano irrimediabilmente da lui. Non è questione di razzismo, è che la differenza di cultura e di stili di vita crea tra i due giovani una tragica incomunicabilità, rinchiudendo Saimir nel recinto di emarginazione e di solitudine che imprigiona molti come lui.
Essere immigrati è anche questo, non avere gli strumenti necessari per mettersi sulla stessa lunghezza d'onda di chi vive nel proprio paese.
Il film di Munzi è connotato fortemente anche dal rapporto tra Saimir e suo padre, il bravo Xhevdet Feri, famoso attore teatrale albanese. L'uomo cerca di interpretare i malumori del figlio, le sue ombrosità, gli rivolge spesso domande un po' ansiose, ma i due non riescono a parlarsi, e il padre non riesce a fare l'unica cosa che Saimir si aspetta da lui: liberarli da quella vita, recuperando dignità e rispetto di sè. Questa incapacità condurrà inevitabilmente al drammatico finale.
Suggestiva anche la fotografia del primo lungometraggio di Munzi, il quale ha spiegato come sia stato fatto un lavoro sui colori, accentuando i chiaroscuri e spegnendo quelli troppo vividi. La storia richiedeva riflessi lividi, un po' malati, e forse l'unica scena in cui i colori risplendono è quella in cui Saimir e la ragazza fanno il bagno in mare, tenendosi per mano.
I lettori hanno scritto 6 commenti
- indirizzo IP 82.50.208.162
- data e ora Mercoledì 20 Dicembre 2006 [13:49]
- commento secondo me qst è l'unico film k è riuscito a trasmettere davvero quello k provano gli immigranti adolescenti quando arrivano in un altro paese e devono affrontare una vita diversa ....
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