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libera critica cinematografica

 
 
 
 
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Voti

Il voto del redattore

  • voto
  • 4/5
  • valutazione
  • La vita nella sua essenza più primordiale custodita nella poesia delle immagini.
  •  
 
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Il voto dei lettori

  • voto medio
  • 3.4/5
  • numero votanti
  • Questo film è stato votato da 12 lettori
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Info

La marcia dei pinguini

di Luc Jacquet

 
    Dati
  • Titolo originale: La marche de l'empereur
  • Soggetto: Luc Jacquet
  • Sceneggiatura: Luc Jacquet
  • Genere: Drammatico - Documentario
  • Durata: 80 min.
     
  • Nazionalità: Francia, USA
  • Anno: 2005
  • Produzione: Bonne Pioche, Buena Vista, Film Production, Canal +, APC.
  • Distribuzione: Lucky Red
  • Data di uscita: 18 11 2005
 
    Cast
 
 
 
 
 
 
 
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Recensione

La marcia verso la vita

di Riccardo Lupoli

"Cercasi biologo che non abbia paura di niente, pronto a partire per quattordici mesi ai confini del mondo". E' iniziata così, con questo annuncio, l'incredibile storia di questo film. A rispondere all'annuncio è stato un certo Luc Jacquet, giovane biologo che voleva diventare ricercatore, per indole portato all'avventura e alla vita nella natura più selvaggia. Piccolo particolare, Luc non aveva mai preso in mano una cinepresa in vita sua. Ha cominciato così un periodo di formazione al 35mm della durata di dieci giorni, concluso con il primo soggiorno alla base scientifica di Daurmont d'Urville, in Antartide, un posto che per essere raggiunto richiede trenta ore d'aereo e sette giorni di navigazione nel mare più pericoloso del pianeta. Dopo questo periodo di tirocinio, Jacquet ha realizzato una serie di documentari sui ghiacci vagabondando per anni intorno al 66° parallelo. Poi è nata l'idea del pinguino. Un progetto che è partito in punta di piedi come film per la televisione fino a tramutarsi in un'avventura eccezionale: un vero e proprio lungometraggio per il grande schermo, un anno di lavorazione nelle condizioni più impervie, 120 ore di immagini senza poter rivedere il girato, uomini e pellicola che non hanno mai lasciato il luogo delle riprese prima della fine della storia.
Fino ad arrivare al coronamento di tutto il lavoro con l'apparente paradosso, l'assurdo, l'illogico: il sorpasso al box office USA de La guerra dei mondi di Spielberg, costato 15 volte tanto. Sembrano così essere baciate dalla buona sorte le vicende del Pinguino Imperatore, la cui storia ha già appassionato migliaia di spettatori. Già, la storia. Ecco la cosa realmente fantastica di questo film: una narrazione vera e propria che sgorga da uno sfondo offerto dalla natura in persona. Per capirci, chi avesse visto Il Popolo migratore o Profondo blu, avrà probabilmente ammirato la bellezza di immagini che raccontano cambiamenti, cicli e pratiche della regione animale nella sua dimensione più spettacolare. Jacquet fa questo, ovvero ricava dall'incantevole scenario Antartico immagini di glaciale purezza sul travagliato ciclo riproduttivo del Pinguino Imperatore e in più le fa slittare dolcemente su una sorta di sceneggiatura di raro candore, raccontata nella versione italiana dalla voce narrante Fiorello. La marcia verso la vita inizia a febbraio, quando uno stormo gigantesco di pinguini muove i primi passi verso quello che sarà il loro nido d'amore. Ad aprile, dopo giorni e giorni di marcia e decine di chilometri percorsi, la fiumana bianco-nera si ritrova finalmente sull'oamok dove l'amore e i canti di seduzione hanno appuntamento col più rigido inverno del pianeta.
Non c'è alternativa: per portare a compimento i loro riti amorosi ci vogliono  settimane e l'allevamento della progenie è una pratica che richiede mesi interi. I canti amorosi, che servono a sincronizzare i ritmi biologici dei partner e a creare una sorta di firma vocale riconoscibile fra migliaia, sono accompagnati da una vera e propria danza, un sinuoso movimento corporale che rende questo avvenimento uno spettacolo unico sotto ogni punto di vista. La cova delle uova, l'avvicendarsi di maschi e femmine, l'allevamento dei piccoli, sono pratiche affascinanti che nascondono migliaia di rischi e difficoltà, tutte narrate scrupolosamente dalla pellicola, elencarle tutte come si fa con una trama canonica arrestando i propri passi sulla soglia del finale sarebbe inutile e priverebbe lo spettatore di emozioni distillate sapientemente una alla volta; vanno viste e scoperte dalla prima all'ultima, per potersi rendersi conto di come poesia e dramma possano intrecciarsi alla perfezione anche in una sceneggiatura concepita dalla natura in carne ossa.
Questa è la vita nella sua essenza più primordiale, che nasce e si aggrappa a se stessa per continuare a sussistere, questo e' il luogo dove la certezza non esiste e non è neanche contemplata.
Incantevole la cornice antartica, dove il bianco può avere una duplice funzione: rappresenta l'unione del tutto, la fusione dell'iride, si adagia dolcemente su chi ha perso la battaglia per la vita, fino a farlo scomparire, a costituirne l'azzeramento e nel contempo fa contrasto col nero dei corpi ammassati uno contro l'altro per sopravvivere, come a voler formare uno scudo, una testuggine (e anche qui, signori, la poesia fa capolino sottopelle: la vita può essere tale solo nella sua dimensione collettiva, dove è il fiato, il calore di un altro corpo, il bene più prezioso). L'istrionico Fiorello racconta tutto con tono amabile, non può strafare ma riesce comunque a lasciare la sua impronta prestando la voce a divertenti scambi di battute fra pinguini; Emilie Simon firma con stile particolarissimo la colonna sonora, compagna di tutto il viaggio.

 
 
 
 
 
 
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