Il voto del redattore
- voto
- 3/5
- valutazione
- "L'amore non è bello se non è litigarello" d'autore
Il voto dei lettori
- voto medio
- 3/5
- numero votanti
- Questo film è stato votato da 5 lettori
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- tipo Psicologico
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02 11 2013
La donna di Gilles
di Frederic Fonteyne
- Dati
- Titolo originale: La femme de Gilles
- Soggetto: Tratto dal romanzo omonimo di Madeleine Bourdouxhe
- Sceneggiatura: Frederic Fonteyne, Philippe Blasband
- Genere: Drammatico - Psicologico
- Durata: 108'
- Nazionalità: franco-belga-lussemburghese
- Anno: 2004
- Produzione: Artemis, liaison, Samsa, Nord-Ouest,Eyescreen, Fama
- Distribuzione: Lucky Red
- Data di uscita: 15 04 2005
- Link
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- il sito del distributore co-produttore italiano
Recensione pubblicata il 15 04 2005
Questa recensione è stata letta 16135 volte
Il lato oscuro dell'amore
di Eduard Le Fou
Una volta le donne, se proprio non riuscivano ad innamorarsi dell'uomo che si ritrovavano per marito (visto che difficilmente era dato loro sceglierselo), ma nemmeno riuscivano ad odiarlo, decidevano allora di innamorarsi dell'Amore, cioè di quell'ideale di devozione (per la famiglia, per i genitori, per il marito, per i figli, insomma per tutti coloro i quali avrebbero dovuto accudire per il resto della loro vita) che era stato loro inculcato da un'educazione di stampo maschilista, fortunatamente scomparsa anche se solo da pochissimi decenni.
Questo surrogato d'amore, cui la maggior parte delle donne si sono dovute aggrappare per secoli, pur di non crollare psicologicamente, è stato imposto anche a Elisa, il personaggio protagonista de La Donna Di Gilles, nuovo film di Frederic Fonteyne, fedele adattamento per il grande schermo del romanzo omonimo di Madeleine Bourdouxhe, ambientato in un borgo di operai nella Francia degli anni '30.
Non c'è infatti nessun'altra ragione logica ed emotiva per giustificare i nobili sentimenti che Elisa prova per suo marito Gilles. Un uomo tutto muscoli e niente cervello, poco attraente, infantile, ignorante, violento, pessimo amante. E fedifrago, per di più con la giovane e attraente sorella di sua moglie, Victorine, di cui l'uomo si innamora come un bambino per la marmellata. Ma Elisa, venuta a conoscenza della tresca, anziché mettere il marito alla porta, decide di aiutarlo a dimenticare Victorine, e di riconquistarlo.
Lungi dall'essere un film sulla condizione femminile negli anni '30 o sulla folle passione che travolge tre persone che si amano fra loro, La Donna Di Gilles si fonda su un'assenza, sulla mancanza di un perché la protagonista decida di sacrificare la propria integrità e salvare contro ogni evidenza il suo matrimonio. La sua interiorità infatti non è mai esplicitata, anche se tutto il film è girato dal punto di vista della protagonista. Una forzatura che porta, da un lato lo spettatore ad un continuo atto di fede durante la visione del film, e dall'altro la povera Elise ad un inevitabile tragico epilogo.
Per colmare questo senso di vuoto al tempo stesso emotivo e narrativo, dentro e fuori del film, che scorre lungo tutta la pellicola, il regista è costretto ad un grande lavoro per dare spessore agli altri elementi fondamentali del racconto. E ci riesce con discreto successo tramite una sapiente direzione degli attori (soprattutto di Emmanuelle Devos, di nuovo alle prese con un personaggio ottusamente eroico come in Sulle Mie Labbra), una particolareggiata ricostruzione di usi e costumi dell'epoca, e soprattutto un utilizzo strumentale della natura e del paesaggio.
Il film è infatti cadenzato dal lento, inesorabile e primordiale trascorrere delle stagioni che ci restituisce un modo pre-moderno di percepire il fluire del tempo oggi completamente sconosciuto. Stagioni che lasciano evidenti segni nell'ambiente, allusioni alle invisibili ferite nell'animo dei personaggi, questi devono infine chinarsi all'impossibilità di dimenticare e di riparare ai danni e ai conflitti provocati dalle proprie inconsapevoli azioni. La Donna Di Gilles rende insomma allo spettatore una visione della vita e delle relazioni amorose curiosamente speculare, per stile e contenuti, a quella di Una Relazione Privata, penultimo lungometraggio diretto dallo stesso Fonteyne.
Tanto verboso il precedente, quanto silenzioso e allusivo questo. Tanto speranzoso e disincantato il precedente, quanto disilluso e amareggiante il nuovo. Volutamente distaccato l'uno, completamente interiorizzato l'altro.
In comune, una consapevole, sobria e attenta messa in scena che rende merito alle capacità del regista, al di là del soggetto scelto.
Questo surrogato d'amore, cui la maggior parte delle donne si sono dovute aggrappare per secoli, pur di non crollare psicologicamente, è stato imposto anche a Elisa, il personaggio protagonista de La Donna Di Gilles, nuovo film di Frederic Fonteyne, fedele adattamento per il grande schermo del romanzo omonimo di Madeleine Bourdouxhe, ambientato in un borgo di operai nella Francia degli anni '30.
Non c'è infatti nessun'altra ragione logica ed emotiva per giustificare i nobili sentimenti che Elisa prova per suo marito Gilles. Un uomo tutto muscoli e niente cervello, poco attraente, infantile, ignorante, violento, pessimo amante. E fedifrago, per di più con la giovane e attraente sorella di sua moglie, Victorine, di cui l'uomo si innamora come un bambino per la marmellata. Ma Elisa, venuta a conoscenza della tresca, anziché mettere il marito alla porta, decide di aiutarlo a dimenticare Victorine, e di riconquistarlo.
Lungi dall'essere un film sulla condizione femminile negli anni '30 o sulla folle passione che travolge tre persone che si amano fra loro, La Donna Di Gilles si fonda su un'assenza, sulla mancanza di un perché la protagonista decida di sacrificare la propria integrità e salvare contro ogni evidenza il suo matrimonio. La sua interiorità infatti non è mai esplicitata, anche se tutto il film è girato dal punto di vista della protagonista. Una forzatura che porta, da un lato lo spettatore ad un continuo atto di fede durante la visione del film, e dall'altro la povera Elise ad un inevitabile tragico epilogo.
Per colmare questo senso di vuoto al tempo stesso emotivo e narrativo, dentro e fuori del film, che scorre lungo tutta la pellicola, il regista è costretto ad un grande lavoro per dare spessore agli altri elementi fondamentali del racconto. E ci riesce con discreto successo tramite una sapiente direzione degli attori (soprattutto di Emmanuelle Devos, di nuovo alle prese con un personaggio ottusamente eroico come in Sulle Mie Labbra), una particolareggiata ricostruzione di usi e costumi dell'epoca, e soprattutto un utilizzo strumentale della natura e del paesaggio.
Il film è infatti cadenzato dal lento, inesorabile e primordiale trascorrere delle stagioni che ci restituisce un modo pre-moderno di percepire il fluire del tempo oggi completamente sconosciuto. Stagioni che lasciano evidenti segni nell'ambiente, allusioni alle invisibili ferite nell'animo dei personaggi, questi devono infine chinarsi all'impossibilità di dimenticare e di riparare ai danni e ai conflitti provocati dalle proprie inconsapevoli azioni. La Donna Di Gilles rende insomma allo spettatore una visione della vita e delle relazioni amorose curiosamente speculare, per stile e contenuti, a quella di Una Relazione Privata, penultimo lungometraggio diretto dallo stesso Fonteyne.
Tanto verboso il precedente, quanto silenzioso e allusivo questo. Tanto speranzoso e disincantato il precedente, quanto disilluso e amareggiante il nuovo. Volutamente distaccato l'uno, completamente interiorizzato l'altro.
In comune, una consapevole, sobria e attenta messa in scena che rende merito alle capacità del regista, al di là del soggetto scelto.
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