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libera critica cinematografica

 
 
 
 
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Voti

Il voto del redattore

  • voto
  • 3.5/5
  • valutazione
  • Un Kusturica minore, ma comunque da vedere
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Il voto dei lettori

  • voto medio
  • 3.6/5
  • numero votanti
  • Questo film è stato votato da 14 lettori
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Info

La vita è un miracolo

di Emir Kusturica

 
    Dati
  • Titolo originale: Kad je zivot bio cudo
  • Soggetto:
  • Sceneggiatura: Emir Kusturica, Ranko Bozic
  • Genere: Commedia - Sentimentale
  • Durata: 154'
     
  • Nazionalità: Repubblica Federale Yugoslava / Francia
  • Anno: 2004
  • Produzione: Alain Sarde, Maja e Emir Kusturica
  • Distribuzione: Fandango
  • Data di uscita: 04 03 2005
 
 
 
 
 
 
 
 
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Recensione

L'amore al tempo della guerra bosniaca

di Eduard Le Fou

La prima ineludibile considerazione da fare sul nuovo film di Kusturica è che, in concorso al Festival di Cannes 2004, quest'opera è uscita dalla competizione senza nessun riconoscimento. Una novità assoluta per un regista tra i più premiati nelle competizioni internazionali degli ultimi venti anni. Questo insuccesso indurrebbe a pensare di trovarsi di fronte ad un film minore del maestro jugoslavo (senza "ex", come piacerebbe a lui).
E in effetti, dopo aver raggiunto gli apici di padronanza espressiva di Underground e Gatto Nero,Gatto Bianco, La vita è un miracolo appare a prima vista come un lavoro imperfetto, "squilibrato", con troppe deviazioni stilistiche. Tuttavia ciò non esclude, anzi, che si tratti comunque di un film piacevole ed interessante. Chi conosce il cinema di Kusturica sa infatti che se il regista può peccare non è per scarso impegno o mancanza di idee, bensì per eccessiva generosità, coraggio e volontà di rimettersi in discussione.
A partire dai temi affrontati. Anche se non è l'elemento centrale del film, Kusturica torna infatti ad affrontare lo scottante tema del conflitto balcanico tra Serbia e Bosnia, una guerra che ha lacerato profondamente tanto l'animo del regista di Sarajevo, quanto i rapporti con molti dei suoi compatrioti, che lo accusarono violentemente di aver assunto durante il conflitto una posizione filo-serba. Ma un cinema anarchico e fuori dagli schemi come il suo non poteva raccontare quella guerra da un punto di vista strettamente politico-ideologico.
Per Kusturica la guerra tra serbi e bosniaci è Una Guerra, cioè uno di quegli eventi storici che travolgono inesorabilmente uomini e donne, che increduli devono confrontarsi con la sua tragica quotidianità, mettendo in mostra il meglio e il peggio di sé stessi, l'umanità e la vigliaccheria, la generosità e la barbarie, l'amore e l'odio. La vera novità di questo film sta nella sua struttura drammaturgica: i protagonisti non sono abbandonati all'abituale caos vitale e ricco di fantasia, ma inseriti all'interno un dilemma morale che lo stesso Kusturica ha voluto definire di retaggio shakespeariano. La mano dell'autore, benché presente ma apparentemente invisibile anche nei precedenti film, stavolta si fa notare e governa i destini dei personaggi. Anno 1992: l'ingegnere serbo Luka si è stabilito in uno sperduto paesino tra gli imponenti monti della Bosnia, insieme alla moglie Jadranka, folle e lunatica cantante lirica, e al figlio Milos, giovane e talentuoso calciatore che sogna di giocare nel Partizan di Belgrado.
Luka sta per portare a termine il progetto governativo legato alla ferrovia locale, che dovrebbe trasformare quella zona in un località accessibile ai turisti. A rovinare i sogni di tutti arriva la guerra serbo-bosniaca, i cui segnali erano stati fino ad allora volutamente ignorati un po' da tutta la popolazione. Luka viene lasciato dalla moglie per un musicista magiaro, e deve a malincuore anche accettare il fatto che la ferrovia, alla cui realizzazione tanto aveva lavorato, venga utilizzata per i loschi traffici dei signori della guerra. Il figlio Milos, benché finalmente ingaggiato dal Partizan, deve invece partire per il fronte, dove viene presto fatto prigioniero.
L'esercito serbo affida a Luka però un prezioso ostaggio, la bella infermiera musulmana Sabaha, per scambiarla con il figlio Milos. I due si ritrovano a convivere più del previsto; l'isolamento e la paura per il conflitto che li circonda fanno il resto: tra i due si crea un'intimità che farà innamorare perdutamente l'uno dell'altra.
E a questo punto siamo soltanto a circa metà del film. Questa prima parte è forse la meno convincente, nonostante abbia tutte le migliori caratteristiche del cinema di Kusturica. Attorno ai protagonisti ruota infatti l'abituale grottesco circo di personaggi e situazioni deliranti: l'idealista e gaudente governatore locale, il postino bonaccione e fifone, il faccendiere erotomane e spietato, orsi assassini, un mulo innamorato con tendenze suicide, fantasmi, risse calcistiche, feste al ritmo di colpi di pistola. Tutto è confusione.
I personaggi sembrano affetti da un iperdinamismo (tanto che all'inizio si fatica a capire chi siano i veri protagonisti del film) tipico di Kusturica, ma che stavolta appare senz'anima. Sia ha infatti la sensazione che il regista stia citando sé stesso, e che i suoi stessi personaggi non si spieghino il perché siano così iperattivi. L'arrivo della guerra (cioè l'intervento del deus ex machina) sblocca l'empasse espressivo in cui si stava impantanando il film e finalmente si assiste al racconto di una splendida storia d'amore, che, si intuisce adesso, è il vero obiettivo del regista. Tutta la seconda parte del film è sicuramente più godibile, anche se poco originale, disegnata con un tocco da commedia leggera, ottimista e sentimentalista, nella tradizione dei film di Frank Capra, esplicitamente citato sin dal titolo stesso.
Questa cifra stilistica è appunto la vera novità della pellicola, un modo di raccontare cui Kusturica si è voluto amabilmente abbandonare e confrontare. Il racconto si stringe principalmente intorno a Luka e Sabaha e a pochi altri personaggi di contorno. Mentre un ruolo fondamentale a livello visivo e narrativo lo svolge il paesaggio montuoso della Bosnia, un vero atto d'amore del regista per la sua terra, filmato con tale delicatezza, nello splendore dei colori autunnali e invernali, da trasformarsi in un vero e proprio personaggio che accompagna a braccetto i due amanti nelle loro oniriche fughe d'amore, cui sono costretti per sfuggire dalle brutture della guerra e dal ritorno della moglie di Luka. Da quel momento l'ingegnere dovrà tornare alla realtà e verrà posto di fronte a un dubbio amletico, cioè se riabbracciare l'adorato figlio, rinunciando però a questo travolgente sentimento che prova per Sabaha. Un film vorticoso, per emozioni, tematiche, scelte stilistiche.
Un continuo lavoro di accumulazione, di espansione e di variazioni di ritmo che però Kusturica stavolta trascina piuttosto stancamente lungo l'originale sentiero tracciato dai suoi precedenti film.
L'apertura al classicismo è una scelta forse necessaria per un artista ormai giunto nella fase della maturità espressiva, ma si tratta al momento di un innesto il cui effettivo attecchimento nell'immaginario del - comunque irrinunciabile - autore bosniaco è ancora tutto da verificare.

 
 
 
 
 
 
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