Il voto del redattore
- voto
- 4.5/5
- valutazione
- Una bellissima storia vera. Quando si parte per la Thailandia?
Il voto dei lettori
- voto medio
- 4.1/5
- numero votanti
- Questo film è stato votato da 17 lettori
- di Christopher Nolan
- dal 22 12 2006
- genere Drammatico
- tipo Indefinibile
- Fabrizio Ferrero
- di Jacques Audiard
- dal 18 11 2005
- genere Drammatico
- tipo Indefinibile
- Roberta Folatti
- Contro Il pessimo metodo
- A favore La violenza della psicoanalisi
- Sara Troilo Vs. Keivan Karimi
Beautiful Boxer
di Ekachai Uekrongtham
- Dati
- Titolo originale: Beautiful Boxer
- Soggetto: Ekachai Uekrongtham
- Sceneggiatura: Ekachai Uekrongtham e Desmond Sim Kim Jim
- Genere: Drammatico - Indefinibile
- Durata:
- Nazionalità: Thailandia
- Anno: 2004
- Produzione: GMM Pictures
- Distribuzione:
- Data di uscita: 00 00 0000
- Link
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Quando il Karma comanda...
di Ariana Fellatio
Apriamo con un auspicio: che questa non sia lo solita recensione di nicchia del solito film visto al solito festival, ma che sia a tutti gli effetti un'anteprima. Ariana Fellatio, forte della sua autorità morale (nonché del suo indiscutibile charme) lancia un accorato appello: fate uscire al più presto questo film nelle sale!
Secondo voci ben informate comunque, questa perla imperdibile dovrebbe uscire in DVD anche per il mercato italiano: sarebbe già qualcosa... Ariana si sta informando, e non mancherà di farvi sapere (e se non lo distribuiscono sono dei cafoni. Oh.)
La storia (vera) di questo delizioso film thailandese, che Ariana ha visto per voi al 18° Festival del cinema Gay-Lesbo di Milano, è quella di Parynia Charoenphol, detto Nong Toom, star della Thai Boxe divenuto celebre nel suo paese per l'abitudine di salire sul ring truccato come una fanciulla, con cipria, mascara e ombretti di tutti i colori. Sì, perché questo atleta che sprigiona forza virile a tutto spiano porta dentro di sé, fin dalla più tenera età, un desiderio irrinunciabile: cambiare sesso, far combaciare la propria anima con un corpo che le corrisponda, come dice il medico della clinica per il sex-change ai due dubbiosi (ma poi subito convinti) genitori del giovane.
Si aggiunge così alla nostra conoscenza un altro tassello della cinematografia di un paese che stà facendo assai bene parlare di sè (pensiamo a "Tropical Malady", omaggiato da ottime critiche a Cannes), con questo film giustamente premiato al Festival gay di Torino e a quello di Milano.
La lezione morale del film è che tutto è possibile: combattere come un uomo per diventare una donna (così recita la locandina), aspirare a primeggiare in uno sport machista ma al contempo desiderare più di ogni altra cosa di trasformarsi in una splendida, sensuale regina asiatica. L'importante è crederci.
Per noi spettatori, la cosa importante è la maturità linguistica di questo film: che sorpresa, dopo essersi aspettati la solita baracconata camp da dilettanti, vedere un film ben girato ed emozionante come questo, davvero un'opera da proiettare nelle scuole, negli oratori e nei circoli calcistici. Quante rifritture da tesina universitaria delle teorie queer e post-femministe si sono viste ai festival di cinema gay degli ultimi anni, mascherate da deliri "sperimentali" in chiave sadomaso, o transgender, o cybersex (a seconda dei gusti). Qui la classe del cineasta di rango si vede fin dalle prime sequenze: il giornalista che cerca Toom per intervistarlo viene coinvolto in una rissa, e a salvarlo interviene lui (o è già lei?) con una perfetta sequenza di combattimento alla Bruce Lee. Senonchè, i piedi che, dopo aver sgominato gli avversari, atterrano al suolo in un magistrale primo piano non calzano delle rudi scarpacce da atleta, e nemmeno le Onitsuka Tiger di Uma Thurman in Kill Bill Vol. 1, ma bensì un elegantissimo mezzo tacco laccato, perfetto, ancorché assai pratico, con l'abito-kimono indossato da Toom.
Ci piace il fatto che la storia di questo personaggio inclassificabile e incredibile non venga presentata come fenomeno "freak", come mostro queer, mentre il punto di vista è fisso sull'umanità e la sincerità di questo atleta particolare, sull'affetto che gli porta sempre la coraggiosa madre e sulla comprensione del suo allenatore, nonché sulle perplessità subito dissipate del padre. Ben delineate sono tutte le figure, femminili e maschili, che lo accompagnano nella sua parabola paradossale ma piena di verità e di determinazione.
Insomma, grazie a Ekachai Uekrongtham (registra e produttore del film) per averci fatto ricordare che il cinema è anche, soprattutto, un'arte popolare, dove si ride, si piange, ci si entusiasma per una scena di boxe al ralenti. E grazie per averci fatto capire, per dirla con Nong Toom, che "è difficile essere un uomo, è duro essere una donna, ma la cosa più difficile è capire quello che si vuole diventare". Una lezione di vita. E di stile.
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