Il voto del redattore
- voto
- 4/5
- valutazione
- Chiudete gli occhi e lasciatevi andare alla musica
Il voto dei lettori
- voto medio
- 4.3/5
- numero votanti
- Questo film è stato votato da 3 lettori
- Contro Il pessimo metodo
- A favore La violenza della psicoanalisi
- Sara Troilo Vs. Keivan Karimi
I gatti persiani
di Bahman Ghobadi
- Dati
- Titolo originale: Kasi az Gorbehaye Irani Khabar Nadareh
- Soggetto:
- Sceneggiatura: Bahman Ghobadi, Roxana Saberi, Hossein M. Abkenar
- Genere: Drammatico - Sociale
- Durata: 106 min.
- Nazionalità: Iran
- Anno: 2010
- Produzione: Bahman Ghobadi, Mehmet Aktas per Mij-Film, Mitosfilm
- Distribuzione: BIM
- Data di uscita: 16 04 2010
Underground sì ma non in gabbia
di Roberta Folatti
L'amore per la musica, la voglia di esprimersi. Suonare diventa una flebo di vitalità in un mondo che la musica perseguita, guarda con sospetto, costringe negli anfratti bui. L'Iran teme le passioni forti, perché sono incontrollabili, spingono a lasciarsi andare all'emozione, conducono lontano dalla rigidità e dalla tristezza del fondamentalismo religioso.
Bahman Ghobadi, regista curdo, ha girato un film sui musicisti di Theran, è andato a scovarli nei loro nascondigli, nelle cantine, in fondo ai cunicoli, nelle periferie desolate, dove nessuno può sentirli e denunciarli agli sgherri del regime. Per le donne iraniane suonare e cantare è ancora più pericoloso, chi viola i divieti è considerata impura e rischia il carcere.
Ma al di là del paese ufficiale, retrogrado e nemico dell'arte, Ghobadi ce ne mostra un altro, fatto di gente decisa a non lasciarsi intimorire, a cui gli ostacoli fanno l'effetto di preziosi stimoli. La creatività prospera in condizioni sfavorevoli, è il benessere semmai a spegnere o annacquare la necessità d'espressione.
I gatti persiani è un film pieno di vitalità, veloce, dinamico, girato un po' banditescamente, sfuggendo a controlli opprimenti, irridendo l' "autorità". Ghodabi racconta:
"Durante le riprese ero molto preoccupato, non avevamo alcun permesso. Dovevamo girare le scene molto in fretta, in modo che la polizia non ci scoprisse. Sono invecchiato 17 mesi in quei 17 giorni! Abbiamo lavorato davvero in condizioni terribili!"
Il film interseca momenti documentaristici alla fiction, protagonisti della storia due ragazzi, una coppia, che vogliono andarsene dall'Iran per poter continuare a suonare la loro musica, dopo che sono finiti in carcere entrambi. Gli viene presentato uno strano individuo, estroverso e attivissimo, che si prende a cuore i loro problemi e che li condurrà alla scoperta dei musicisti più qualificati (e underground) di Theran.
I ragazzi sono i primi a stupirsi del valore artistico delle persone che incontrano, gente che alla musica sacrifica tempo, guadagni e tranquillità. E devo ammettere che nemmeno io mi aspettavo una qualità così alta, in tutti i generi "esplorati" dalla pellicola. Jazz, indie rock, rap, musica tradizionale, gli iraniani suonano ad un ottimo livello, e l'"oscuramento" di cui sono vittime acuisce la loro sensibilità. Ci si aspetterebbe che in un paese così chiuso, imperniato di fanatismo religioso (forse più di facciata che reale), travolto dai problemi quotidiani, di sopravvivenza, la musica fosse relegata in un angolo, trascurata rispetto a tutto il resto. Invece nel film si ascoltano delle cose eccelse, che provengono dalle cantine ma meriterebbero ben altri palcoscenici.
I gatti persiani delinea un quadro decisamente pessimista della società iraniana ma al tempo stesso mostra quanto fuoco covi sotto la cenere, quante scintille di vitalità, segno che anche controlli opprimenti, invasivi non possono nulla contro il bisogno di esprimersi, contro la forza della creatività.
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