Il voto del redattore
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- 4/5
- valutazione
- Quattro donne, con i loro destini, simboleggiano la perdita della democrazia in Iran durante i fatti dell'estate 1953.
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Donne senza uomini
di Shirin Neshat
- Dati
- Titolo originale: Zanan-e Bedun-e Mardan
- Soggetto: Shahrnush Parsipur (romanzo )
- Sceneggiatura: Shirin Neshat, Shoja Azari
- Genere: Drammatico - Storico
- Durata: 95 min.
- Nazionalità: Germania
- Anno: 2009
- Produzione: Coop99 Filmproduktion
- Distribuzione: Bim
- Data di uscita: 12 03 2010
L'innocenza perduta lasciando un giardino.
di Antinoo
Da sempre, nella mitologia e nella mistica persiana, il giardino indica un posto di pace, un'oasi nella quale rinfrancarsi ed essere protetti. Ma anche un non luogo, la sede dell'esilio. Ed è un giardino il protagonista delle storie di quattro donne, altrettanti simboli e sfaccettature di un paese, l'Iran, la cui libertà e democrazia vengono ancora una volta umiliati, questa volta da America e Inghilterra: siamo, infatti, nel 1953. Anno in cui il Primo Ministro democraticamente eletto, Mohammad Mossadegh, viene deposto con un colpo di stato fortemente voluto dagli Inglesi ed appoggiato dalla Cia. Proprio durante quei tragici giorni si decide il destino di Fakhri (Arita Shahrzad), la cui avvenenza è sul punto di sfiorire come i propri talenti artistici e culturali, sposata ad un importante militare che, da tempo, ha smesso di amare e sopportare, di Zarin (Orsolya Tóth), prostituta dalla spettrale bellezza, sconvolta dal vedere, ormai, in ogni uomo nient'altro che una faccia priva di lineamenti, di Munis (Shabnam Toloui), che desidera partecipare attivamente alla liberazione democratica del proprio paese, della sua amica Faezeh (Pegah Ferydoni), che si sente sicura solamente nel rispetto delle regole, ben riparata dal suo chador mentre sogna di sposarne il fratello.
Tutte e quattro rappresentano, con la loro storia personale, un aspetto dell'Iran: Fakhri nutre una certa mal riposta fiducia nell'occidente, incarnato da un suo antico amore che torna dopo anni, che la spinge, illudendola, a fare scelte estreme che non le daranno che dolore in cambio. Zarin vive le conseguenze di una ferrea spiritualità solo esteriore, che è pretesa assoluta di sottomissione e forzata verginità da parte di ogni donna, che si traducono nell'abusare in maniera continuativa e regolare di quelle poche che per disperazione e denaro si concedono al miglior offerente. Munis svela i giochi di potere che sono più grandi di Noi e a cui, nonostante gli sforzi e l'assoluta devozione ad un giusto ideale, è possibile sfuggire solo ad un prezzo. Faezeh incarna l'ottusa fede nei codici comportamentali imposti da una società maschilista, ingenuità spazzata via da un'ondata di violenza che spalanca gli occhi su un mondo reale ed orribile.
Tra loro, un giardino. Che Zarin trova nel suo allucinato girovagare, che Fakhri acquista per ricreare quel paradiso di lettura, convivialità e serenità a cui ha sempre dovuto rinunciare, dove Faezeh scopre se stessa dopo la vergogna ed il dolore e che Munis sfiora soltanto, accompagnando l'amica, troppo desiderosa di vivere la Storia che le accade intorno, troppo vibrante per potersi nascondere. Finchè la Storia stessa scardinerà le porte del giardino. Ed entrerà, senza chiedere permesso.
Donne senza uomini, opera prima di Shirin Neshat, tratta dall'omonimo romanzo di Shahrnush Parsipur, è una pellicola seducente e difficile, lenta e visivamente affascinante. Un film dove una grande attenzione alla ricostruzione del reale clima politico convive perfettamente con la forte componente onirica, che ricrea il dramma di una nazione a cui viene tolto con la forza il diritto di poter decidere autonomamente del proprio destino e delle proprie risorse, esattamente come a quattro donne: un dramma personale che diventa paradigma universale.
Quella estate ed i suoi drammatici fatti sono spesso stati taciuti, ma il 16 agosto del 1953 è una data fondamentale per comprendere cosa ha seminato, preparato e reso possibile la cosiddetta rivoluzione iraniana e la conseguente catastrofica ascesa, in termini di libertà di pensiero e azione, dell'Ayatollah Khomeini. Una strada da cui alcune coraggiose donne hanno cercato di sottrarsi, all'ombra di un giardino.
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