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La Padania alla fine non è meglio dell'Italia
di Luigi Faragalli
Sapete
quando ha avuto l'ictus Umberto Bossi? Nel 2004.
E' passato molto
tempo.
Dopo l'ictus non riusciva a parlare bene, non riusciva a
camminare, a muovere un braccio, non riconosceva parenti e amici. Per
due mesi le persone a lui più vicine lo hanno tenuto nascosto in una
clinica svizzera, in modo che i militanti, e gli italiani tutti, non
potessero vedere come fosse ridotto davvero.
Negli otto anni
successivi, fino a pochi giorni fa, tutti hanno fatto finta che non
fosse successo niente.
Escludendo le forme più lievi e che
consentono un recupero quasi completo, l'ictus cerebrovascolare è un
evento fortemente invalidante. Molti malati colpiti da ictus, dopo la
prima fase acuta della malattia, muoiono. Altri sopravvivono e
migliorano, rimanendo però bisognosi di assistenza continua.
I
politici, gli elettori, i giornali, tutti hanno rimosso una semplice
evidenza, un fatto, qualcosa di indiscutibile: un ictus cerebrale
causa danni al cervello.
E' un fatto, non è una cattiveria, è
una cosa da accettare e con cui fare i conti. Noi invece, tutti,
abbiamo deciso di ignorare una verità lampante, abbiamo fatto
credere ad un invalido (le parole esistono e vanno usate, e i nostri
giornalisti troppo spesso non lo fanno), di poter fare il segretario
di un partito al governo e, addirittura, il ministro della
Repubblica.
Oggi ci raccontano che non era più lo stesso, che non
si è accorto di chi, intorno a lui, si approfittava della sua
malattia. Oggi... dopo otto anni di silenzio.
Io mi domando,
quanta mancanza di rispetto c'è nel non vedere, nel non dire, nel
far finta di niente?
Woody Allen non è Umberto Bossi, e nemmeno Benigni è Renzo Bossi, tuttavia...
Esce il 20 aprile nelle sale la nuova
fatica di Woody Allen, To Rome with love, titolo non originalissimo
di un film che spero invece capace di togliermi dalla mente un'idea
che mi perseguita da un po'. Spero davvero che sia in grado di farlo
perché questa idea, questo chiodo fisso, non è ancora una
convinzione precisa e determinata, è solo un'idea in formazione, una
suggestione, una sensazione, e già mi infastidisce.
Quest'idea
postula più o meno così: Woody Allen non ha più niente da dire e
nessuno glielo dice.
Giuro non vorrei pensarlo... o subodorarlo
per esser più precisi, eppure non riesco nemmeno a ricacciare questo
pensiero nel limbo delle baggianate affiorate alla mente per scherzo
dei neuroni.
Andersen, nello scrivere i vestiti nuovi dell'imperatore, ha colto e sviscerato una verità profonda, un meccanismo umano antico e radicato, un comportamento inconscio che nasce chissà dove e chissà quando, forse qualcosa di ancestrale e animale addirittura.
Lo si faccia per ammirazione, per
timore di sembrare stupidi, per timore di sembrare irriverenti,
irriconoscenti, lo si faccia per paura di ritorsioni o di
conseguenze, per qualunque motivo lo si faccia tacere verità
lampanti e far finta di nulla fa sempre del male a qualcuno.
Allen è un genio, questo non si discute, la sua filmografia lo sancisce
senza dubbio alcuno. Chiediamoci però quanti film di Allen ricordiamo e consideriamo capolavori. Non faremo fatica a citare Il
dittatore dello stato libero di Bananas, Tutto
quello che avreste voluto sapere sul sesso* (*ma non avete mai osato
chiedere), La rosa purpurea del Cairo, Prendi i soldi e scappa, Zelig, Il dormiglione, Stardust Memories e via dicendo. Chiunque
sappia qualcosa di cinema, chiunque abbia un minimo di passione, non
faticherà ad inanellare una decina, se non una dozzina, di titoli
memorabili, film che hanno cambiato il cinema, l'umorismo, il
linguaggio stesso, diventando vera e propria cultura condivisa
dell'occidente. Ora rifate questo piccolo esercizio con davanti la
filmografia di Allen ordinata cronologicamente. A me è successo, e
credo capiterà lo stesso a molti, di accorgermi di come tutti i film
di Allen che considero tra i suoi migliori abbiano ormai almeno
vent'anni, quando non trenta o quaranta.
E'
molto, moltissimo tempo.
Ho anche riguardato la scheda di Allen su
cineZoom. Negli ultimi anni abbiamo pubblicato le recensioni di sette
film, scritte da sei redattori diversi. Allen ha meritato sempre la
sufficienza o più, mai l'eccellenza però. Non è un po' poco per un maestro riconosciuto del
cinema?
Siamo sicuri che andare in giro per le città europee a
fare belle inquadrature di monumenti e stradine sia davvero
abbastanza?
Forse qualcuno dovrebbe dirglielo, forse qualcuno
dovrebbe dirgli: Woody, rimboccati le maniche, sei più intelligente
di così, sai far meglio di così.
E forse qualcuno dovrebbe dire a Benigni: Oh, grullo, è da La vita è bella che non ne imbrocchi una e vai in giro a recitare Dante ed a riciclare battute vecchie o scritte da dilettanti di talento su Spinoza. Puoi far meglio di così.
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