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Ma chi volete che siano Holly e Benji?
di Riccardo Lupoli
Avviso al lettore: poiché non paiono esserci segnali di pentimento o rammarico alcuno da parte del film (si parla addirittura di due sequel), sarà il calcio stesso, ovvero lo sport più amato e seguito in tutto il mondo, a porgere la proprie scuse per l'uscita di questa fetecchia: in fondo, è soprattutto colpa sua se siamo arrivati a questo.
Prepartita
Partendo dal presupposto che non sto affatto attraversando un bel momento e che la mia immagine è sempre più in declino, soprattutto qui in Italia, dove fra doping, decreti che dovrebbero salvarmi, bilanci in rosso, scommesse, papocchi estivi, prove tv, la bufala di Ronaldinho che colpisce quattro volte la traversa al volo, biscardismo imperante e potrei continuare per un'altra decina di righe, mi pare doveroso scusarmi col gentile pubblico per l'esistenza di questa pellicola, che contribuisce ad alimentare un focolaio oramai impazzito.
Calcio d'inizio
E pensare che quando mi avevano proposto un film interamente su di me con la collaborazione di una nota marca di abbigliamento sportivo, avevo accolto la cosa con entusiasmo: "sarà uno spot lungo un'ora e mezza", avevo pensato; in fin dei conti, le pubblicità delle scarpe sono quasi sempre accattivanti, spettacolari, con tutte quelle star che compiono numeri da circo, sfidano gli alieni, sfondano scafi a suon di pallonate e via dicendo. E invece niente. Quello che è venuto fuori è questa temibile soap opera che tutto è meno che spettacolare e accattivante. Comincerò quindi a scusarmi per la trama a dir poco grottesca. Il protagonista si chiama Santiago Munez ed è uguale a Christian Giuffrida di "Campioni, il sogno", reality show televisivo per il quale dovrei spendere pagine di scuse a parte, ma purtroppo questo non è né il momento né la sede deputata. Santiago è un profugo messicano, all'inizio del film lo vediamo infatti attraversare clandestinamente il confine coi genitori e un pallone che purtroppo perde durante questa pericolosa azione (beh, certo, uno rischia che gli sparino e pensa al pallone che è rotolato via). In seguito scopriremo essere questa la causa primaria di ogni rancore nei confronti del padre. Un giorno, mentre Santiago sta casualmente giocando una partita in un campetto di periferia, viene casualmente notato da Glen Foy, un ex-calciatore della premer League che si trova casualmente in California in vacanza e casualmente passa di lì in quel momento. Glen si complimenta con Santiago e gli promette che alla prossima partita che giocherà sarà presente a visionarlo un famoso manager inglese che guarda caso si trova anch'egli in California. Il Manager, una sorta di Moggi un po' più stiloso, ovviamente se ne batte, adducendo impellenti motivazioni di lavoro, ma in realtà è impegnato in attività ludiche in una piscina gonfiabile con vista su Los Angeles. Glen riesce comunque a far avere al ragazzo un provino, rompendo le balle all'allenatore del New Castle nel cuore della notte. Il poveraccio, pur di continuare a dormire, si fa strappare la promessa di dare un'occhiata al ragazzo non appena se lo troverà di fronte. Il giovane campione inizia così a lavorare sodo per pagarsi il viaggio oltreoceano, ma tutto il frutto dei suoi risparmi, scaltramente custodito dentro ad una scarpa, finisce nelle mani del padre, che lo utilizza per comprare un furgoncino da lavoro. Santiago riesce comunque ad andare in Inghilterra coi soldi della nonna, raggiungendo così Glen, che scopriamo avere un'officina a Newcastle, pronto a farsi in quattro per aiutare il ragazzo a realizzare il suo sogno. Il padre lo disereda, salvo poi godersi l'esordio del figlio in Premier League all'interno di uno dei numerosi pub inglesi in California dove tutti non fanno altro che seguire il New Castle. Spuntano quindi suggestive analogie, tanto che se il protagonista fosse giapponese, avesse un amico portiere e l'osservatore fosse un brasiliano di nome Roberto si potrebbe parlare addirittura di remake di tutti sappiamo cosa; si, proprio quello, il cartone animato che ha appassionato generazioni e generazioni di bambini: il mitico "Holly e Benji"! Questo anche perché, signori e signore, lo speaker delle partite è lo stesso! Proprio lui, la tuonante voce che allietava i pomeriggi di migliaia di bimbi, recuperato mentre annunciava i treni alla stazione di Berceto. Con la sostanziale differenza che il cartone giapponese, fatta eccezione per il campo in collina e il pallone che diventa un uovo, risulta addirittura più realistico del film in questione: Holly e i suoi amici si facevano infatti tutta la trafila dei vari campionati giovanili giapponesi e europei prima di arrivare ai mondiali, invece il caro Santiago passa direttamente dal campetto di periferia statunitense alla massima serie inglese, beato lui.
Intervallo
Vorrei brevemente chiedere perdono a tutti i giornalisti presenti in sala la sera della prima, i quali si sono visti sottrarre i posti migliori dalla già citata combriccola dei "Campioni" del Cervia.
Tempi supplementari
Ci terrei inoltre a precisare che non sono uno sport dove si passa tre quarti del tempo con la faccia nel fango, so anche essere spettacolare, peccato che al regista non gliel'abbiano detto. Altra bufala non da poco è la tanto sponsorizzata sequela di campioni-foriclasse-palloni d'oro-fighettissimi (per colpa mia, lo ammetto), che avrebbero dovuto rappresentare l'attrattiva principale del film: pervenuti sullo schermo un minuto e mezzo in totale, per giunta neanche mentre tirano calci al pallone, bensì intenti a dire idiozie che sembrano prese dall'oroscopo via sms; quello che si vede zampettare di più è l'inglese Alan Shearer, forse perché doveva rifare il bagno di casa. Tuttavia, le scuse più sentite devo indubbiamente rivolgerle al genere femminile intero. D'accordo che le signorine che ruotano attorno al mio mondo non sono mai state famose per essersi laureate alla Sorbonne, ma l'immagine fornita da questo film è pari soltanto a quella che offrono i supermercati della carne in saldo, con improbabili figure frutto di una fantasia morbosa (l'infermiera della squadra? Ma neanche il Milo Manara dei tempi d'oro avrebbe osato tanto!) e altolocate ammucchiate da sabato sera.
Dopopartita
A conti fatti sul grande schermo risulto sempre finto e poco attendibile, ma qualcuno, in passato, con l'ironia o l'oculatezza nelle scelte se l'era cavata più che egregiamente. Tanto per citare un esempio, l'ottimo Fuga per la vittoria, prodotto confezionato dal maestro John Huston, in cui un certo Pelè gioca e recita per davvero e mister Micheal Caine regge tutta la baracca. Certo, il rigore parato alla fine da Stallone con la faccia di Rambo è credibile quanto Andreotti che fa un tunnel a Nesta, però spettacolo e ritmi trascinanti non mancavano di certo. Signori, per me è stato davvero un piacere non dover per una volta rendere conto al pubblico ululante di "Controcampo" ma a degli appassionati di cinema, ma adesso mi tocca proprio andare, in fin dei conti, Domenica sono io a dover andare in scena.
I lettori hanno scritto 36 commenti
- indirizzo IP 87.9.174.230
- data e ora Lunedì 23 Luglio 2007 [18:30]
- commento naturalmente se uno RIESCE a guardare campioni è naturale che possa piacere...ma si và nell'ambito delle perversioni e del masochismo..è IMHO è molto più comprensibile e 1 che si fa frustare.
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