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Gli allegri nazisti e le coraggiose partigiane
di Alice Trippolini
Prima di tutto, mettiamo le cose in chiaro: io sono Black book, l'ennesimo film che parla di nazismo. Il regista è Paul Verhoeven che ha diretto Basic Instinct, quindi potete subito abbassare le pretese. Niente che ricordi lontanamente Schindler's list o Anna Frank. Niente pietà, niente scene dolorose, niente ebrei uccisi, niente dolore. Io sono un film d'intrattenimento e devo intrattenere.
Detto questo, vi chiedo scusa, prima di tutto per il titolo. Il famoso "libro nero" si vede solo in una piccola scena a metà film e alla fine e se indovinate la prima scena in cui appare vincete una notte con la protagonista femminile, oppure l'elenco degli ebrei olandesi uccisi che si stanno rigirando nelle fosse comuni. Dopo la proiezione stampa a Venezia mi sono vergognato di essere una pellicola che usa un tema delicato come il nazismo per raccontare la storia di un'allegra e un po' facile partigiana ebrea. Oggigiorno per fare soldi bisogna mostrare un po' di sederi e tette, cercate di capire. "Volevo che Black book fosse un film realistico e provocatorio" ha detto il regista. Largo alle provocazioni, quindi, ma solo estetiche: donne nude, uomini nudi, orge, dialoghi che farebbero impallidire un film erotico, combattimenti all'ultimo sangue, colori sgargianti e soprattutto tradimenti. Un thriller d'azione deve tenere lo spettatore con il fiato sospeso, pazienza per i particolari storici.
Insomma, niente è ciò che sembra, "Ogni sopravvissuto cela una colpa", non è tutto oro quello che luccica e mogli e buoi dei paesi tuoi. Lo so, suona banale, ma aspettate di sentire la trama. Olanda, 1944. La bellissima ballerina e cantante Rachel (Carice Van Houten) deve scappare per proteggersi dai nazisti. Un losco figuro la raggiunge nel suo nascondiglio per dirle che può portare tutta la sua famiglia in salvo. Rachel ci casca e la famiglia le viene sterminata davanti agli occhi. Niente lacrime, forza e coraggio: la bella Rachel si unisce alla resistenza e si tinge i capelli di biondo per sembrare tedesca. Subito viene reclutata per insidiare il generale tedesco Muntze (Sebastian Koch) che la invita a "vedere la sua collezione di francobolli". Rachel accetta e viene assunta. Il suo compito è quello di fare il doppiogioco e piazzare le (macro)spie dietro i quadri dell'ufficio dove fa la segretaria. Rachel batte a macchina le liste dei morti ammazzati, ma questo non la sfiora: è innamorata di Muntze, l'uomo che dovrebbe spiare. Dopo qualche orgia nel palazzo degli allegri nazisti, i partigiani fremono per attaccare la prigione dove è racchiuso un loro soldato. Rachel, durante la sparatoria, difende sia i partigiani che il generale Muntze. Il finale a sorpresa ve lo lascio gustare in sala.
La mia sceneggiatura vorrebbe stupire e provocare, denunciando l'acqua calda: i nazisti erano cattivi, ma non tutti e anche alcuni olandesi partigiani erano un po' cattivi. Tutto vero, probabilmente, ma forse è il genere scelto per raccontare la storia ad essere sbagliato. Una commedia irriverente che sfocia nel thriller d'azione non può fornire giudizi di morale per bocca di una protagonista che se la fa con gli uomini di entrambi gli schieramenti. Anche il messaggio finale che mi sono reso conto di avere è agghiacciante: seguite il cuore, dovunque vi porti, e alla fine seguite il carro dei vincitori, chiunque essi siano. Vi chiedo scusa, spettatori. Verhoeven sarà pure un autore in grado di tenere alta la tensione con colpi di scena, ma la verità storica si approccia in un altro modo.
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