Last Mìnut

LAST MÍNUT
IL NUOVO DIVERTENTE SPETTACOLO DEI PERLAMAMMADIADO
AL CENTRO CULTURALE CANDIANI

Sono già in vendita al Centro Culturale Candiani i biglietti per Last Mìnut, il nuovo spettacolo di visual comedy dei Perlamammadiado, in programma martedì 8 e mercoledì 9 aprile alle ore 21.00, organizzato in collaborazione con Venezia Spettacoli.

Già ospite del Candiani, nella fortunata esperienza televisiva di Candiani Cabaret, il trio comico presenta il racconto di un viaggio sfortunato, low cost, inquietante, ma allo stesso tempo imprevisto e divertente. L’umorismo di situazioni nelle quali il pubblico si vede riflesso costantemente, nasce dal ritmo serrato delle gag costruite tra mimo e tecnica clownesca, tra esilaranti invenzioni e teatro comico tradizionale, il tutto fuso nel singolare linguaggio teatrale dei Perlamammadiado che accompagnano ogni singolo movimento alla musica senza l`uso di parole.
Questo il loro “nuovo corso”, vale a dire la sperimentazione di nuove tecniche legate allo studio della pantomima classica che abbandona la rigidità e il silenzio assoluto del mimo convenzionale per incorporare nei loro sketch movimento, colore e suoni.

I Perlamammadiado si formano nel teatro di ricerca contemporaneo. Dopo aver studiato con diversi maestri (da Danio Manfredini a Chattie Salaman della R.A.D.A di Londra, da Ambra D’Amico a Lucia Vasini, da Marco Paolini a Giuseppe Cederna, da Marcel Marceau a Eugenio Allegri) l’uso del corpo e della voce, scoprono il loro interesse per la comicità e nel 1995 iniziano un lavoro di improvvisazione verbale e fisica, che cerca di fondere stili diversi, ottenendo come risultato una comicità molto diretta con meccanismi teatrali vicini alla semplicità. Negli ultimi anni “sposano” la filosofia del clown e ne vestono i panni. Seguono corsi di aggiornamento alla scuola di Piccolo Circo con Claudio Madia e studiano l’arte della clownerie con insegnanti qualificati.

Ingresso 10 euro

Quello che ci aspetta

Mentre i politici parlano in TV davanti a giornalisti che sono quasi attori, tanto le loro domande sono scritte su copioni decisi con grande anticipo, io mi sono avvalso della libertà d’informazione che invece si può trovare in rete per fare una piccola panoramica sui governi degli ultimi 10 anni. Ecco i grafici che ne ho tratto. Non li commento, spero che siano abbastanza espliciti.
Tanto la conclusione la sappiamo. In Italia abbiamo sempre avuto dei governi mediocri, ma alcuni sono riusciti a fare MOLTO PEGGIO di altri:


E infine una piccola facezia… Tanto per ricordare che siamo in campagna elettorale:

I peti dei vescovi hanno un’eco da paura.

Ringraziamo ancora l’informazione che viaggia su carta stampata (e online) italiana per il consueto inginocchiarsi di fronte a qualsiasi scoreggia passi per la bocca di un qualunque prelato italiano. I vescovi sgridano Moretti e la Ferrari per la scenza di sesso di Caos calmo che sarebbe troppo spinta? Chissenefrega! verrebbe da dire, non e’ una notizia, verrebbe da dire, non l’hanno apprezzata? cazzi loro!, verrebbe anche da dire. E invece no. Articoli su articoli. Manco fossero critici cinematografici il cui giudizio ha senso tener presente. I vescovi sono nati per far prediche, ma che le rivolgano ai fedeli e lascino in pace chi non lo e’ e chi non ha bisogno di farsi dire cosa e’ troppo spinto e cosa invece andrebbe visto.

Inoltre sara’ un caso, ma proprio oggi in biblioteca un utente ha riportato il romanzo Caos calmo dicendomi che e’ pornografico. Fino all’anno scorso invece me lo riportavano con grandi elogi e basta. Vuoi vedere che alle propiezioni del film manderanno la polizia a fare i blitz come nell’ospedale di Napoli? Dove una donna e’ stata sottoposta a interrogatorio dopo aver affrontato uno dei momenti piu’ tragici della propria vita, magari per il guizzo isterico di un cosiddetto benpensante, magari per sottostare a questo clima di terrore che viene sempre dai prelati e a cui i media danno tanta importanza.

Dopo l’idea tanto omeopatica di mettere De Gennaro alla munnezza, chi metteranno nelle cliniche a presidiare le donne che decidono di abortire come permette loro una legge nazionale? Queste donne che senza la valida mano accusatoria di preti e di ferrara, tutti guarda un po’ sprovvisti di utero, chissa’ dove andrebbero a finire farebbero bene a prendere le distanze da questa follia medievale e sbattezzarsi.
Che se le infilino in culo le loro statistiche sul numero dei cattolici in Italia, i dannati preti senza utero.

CARLO GOLDONI AVVOCATO E DRAMMATURGO IN SCENA AL CENTRO CULTURALE CANDIANI

Ancora Carlo Goldoni protagonista al Centro Culturale Candiani, lunedì 4 febbraio alle ore 17.30, con Processo a Carlo Goldoni, “udienza scenica” di Enrico Ricciardi in collaborazione con l’Associazione Il Teatro alla Moda.
Lo spettacolo è un vero e proprio processo con Giudice, Pubblico Ministero, Difesa e Imputato, e requisitorie finali di due autentici avvocati del Foro veneziano, Elisabetta Alfonso e Bruno Auricchio, per approfondire un diverso aspetto dell’artista veneziano che, prima di diventare commediografo esercitò la professione di avvocato dopo la laurea conseguita all’università di Padova. Il testo qui proposto, oltre a mettere in evidenza i modi con cui si accedeva alla professione forense e si gestiva la giustizia nel secolo terminale della Repubblica veneziana, ripercorre gli studi per conseguire la laurea e le pratiche espletate in veste di avvocato da parte di Goldoni, portando in primo piano le azioni, gli espedienti e veri e propri intrallazzi – molto spesso censurabili e poco ortodossi – che egli mise in opera per conseguire i suoi obiettivi. Espedienti che spesso, occorre ricordare, traspose poi in alcune delle sue commedie più famose la cui costruzione può intendersi tecnicamente come l’istruzione di un “processo”, dove l’intrigo è risolto, alla fine, con una “renga” magistrale da parte del personaggio più significativo.

Ingresso libero previo ritiro del biglietto omaggio alla biglietteria del Centro

PROTOCOLE DE RÊVES

TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI

LUNEDI 28 GENNAIO

HANNA SCHYGULLA
PROTOCOLE DE RÊVES (prima milanese)

Lunedì 28 gennaio al Teatro degli Arcimboldi (viale dell’Innovazione, 20 – Milano) sarà di scena per la prima volta a Milano lo spettacolo di Hanna Schygulla “Protocole de Rêves” che vedrà testi, canzoni e video di Hanna Schygulla, su testi di R. W. Fassbinder, Jorge Luis Borges, Calderon de la Barca, Arthur Rimbaud, Heiner Müller, Bertolt Brecht, Jean-Claude Carriére. Al piano Jean-Marie Senia.

Lo spettacolo avrà inizio alle ore 21.00, il prezzo del biglietto varia da 30,00 a 15,00 euro (sono previste riduzioni per giovani, gruppi ed anziani). Per informazioni al pubblico tel. 02.641142212/214.

Lo spettacolo è composto da continui ingressi e uscite della Schygulla su video proiettati su di un tulle: la sua presenza in scena diventa un prolungamento dei temi di ciascun sogno. Le proiezioni sono accompagnate da testi recitati dall’attrice tedesca e da canzoni composte e interpretate da Jean-Marie Senia. Il pianoforte accompagna le immagini, talora fondendosi al sonoro originale.
Lo spettacolo è nato grazie ad un’iniziativa del MOMA di New York per i 60 anni di Hanna Schygulla ed è stato presentato negli Stati Uniti nel Gennaio 2004 nell’ambito di una retrospettiva sull’autrice e Fassbinder.
Hanna Schygulla, dopo venticinque anni, ritrova in un baule nella sua casa paterna i filmati, le note e gli appunti di un film che doveva fare con Fassbinder.

Con questo lavoro, “Protocole de rêves (sogni)”, Hanna Schygulla rivela un progetto cinematografico irrealizzato, ma fa conoscere anche immagini, parole e suoni di una dimensione sia onirica sia intima di se stessa.

LA VEDOVA SCALTRA

Con questo post apriamo la nuova sezione dedicata ai consigli teatrali per i nostri lettori (sì, lo so, il teatro non è il cinema, ci arrivavano un sacco di segnalazioni in redazione e non sapevamo cosa farci, ok?).

STAGIONE TEATRALE 2007-2008
CATTOLICA
TEATRO DELLA REGINA
COMUNICATO STAMPA
Lunedì 28 e martedì 29 gennaio 2008
Associazione Teatrale Pistoiese, Tauma, La Biennale di Venezia
Raffaella Azim in

LA VEDOVA SCALTRA

adattamento dal testo di Carlo Goldoni a cura di Lina Wertmüller
in collaborazione con Tiziana Masucci
regia Lina Wertmüller
scene e costumi Enrico Job
musiche originali Italo Greco, Lucio Gregoretti e Gabriele Miracle
con Giovanni Costantino, Elena D’Anna, Francesco Feletti, Massimo Grigò, Roberto Valerio
e con Gianni Cannavacciuolo nel ruolo di Arlecchino

Dopo la realizzazione de Il Processo di Kafka, prosegue il progetto di rivisitazione di grandi testi del passato, realizzato dall’Associazione Teatrale Pistoiese insieme all’attrice Raffaella Azim e all’Associazione Tauma.
In occasione del 300° anniversario della nascita di Carlo Goldoni, la scelta è caduta su La Vedova Scaltra.
Lo spettacolo, che ha inaugurato nel luglio scorso il 39° Festival Internazionale di Teatro della Biennale di Venezia 2007, vede il ritorno di Lina Wertmüller al teatro.
Per la nota regista cinematografica, conosciuta e apprezzata anche all’estero, è questo il primo incontro con un testo della tradizione teatrale italiana classica.

Quello di Carlo Goldoni è un secolo agitato e rivoluzionario, sul crinale fra l’ “ancienne regime” e i tempi nuovi. In quella Venezia, pullulante di artisti e avventurieri provenienti da ogni parte d’Europa, dove sotto una facciata austera perfino il libertinaggio entrava e usciva dai conventi, il nostro Carlo Goldoni s’incapriccia di questa “vedova”.
Testo di transizione tra la commedia dell’arte e la commedia nova. E’ un’idea carica di echi sensuali ma anche di segreti e profondi simbolismi. L’idea non è solo quella di una vedovella in cerca di marito, ma vi s’intrecciano due percorsi: quello dei cavalieri vogliosi di conquistare una preda e quello della donna che cerca un uomo, un vero uomo.
L’incrocio tra i desideri dei pretendenti e quelli della vedova è l’avventurosa partita da percorrere.
Maritata giovanissima a un signore anziano e ricco, ha avuto con l’amore un rapporto di sopportata dedizione all’autunno del suo “Sior Consorte”.
Per questo Job ha immaginato al centro dell’azione un letto. Non è solo un rimando al Settecento in cui le “Femme des Lettres” come Madame de La Fayette o Madame de Sevigny ricevevano, ma un letto simbolo di tutte le voluttà che per lei è sempre rimasto vuoto, e la sua vasta dimensione è lì a sottolineare soprattutto quel vuoto. C’è il letto e lei in quel letto, con tutta la cabala del gioco della vita. Lei, nel candore che, malgrado la vedovanza, rende quel letto quasi verginale, denso di sogni, di solitudine che l’amore, quello vero sensuale, non ha mai riempito, che è centro di un gioco che non si può più sbagliare.
Quattro cavalieri europei che la penna goldoniana dipinge nobili e benestanti, desiderosi della dama, navigano con grazia le acque della galanteria e del corteggiamento.
Anche se sotto i loro sofisticati nasi, senza che se ne avvedano, si stanno infatti preparando sconvolgimenti rivoluzionari e ghigliottine che distruggeranno ogni incipriata eleganza.
Qui si sente circolare un’aria segreta che sa di Romanticismo, che ha il profumo di un vero autentico sentimento.
È interessante che nella sua ultima analisi Rosaura enunci soprattutto i difetti del prescelto, di quell’ ”uomo”, di quel conte innamoratissimo e geloso, pronto al duello o alla rinunzia in cui la nostra vedova sente l’eco di un vero autentico sentimento.
Nella rielaborazione sono stati eliminati, oltre alla sorella di Rosaura, alcuni personaggi-maschere come Pantalone e il Dottor Balanzone. Un testo più asciutto, nel quale la polemica tra vecchio e nuovo, si concentra su Arlecchino. E’ lui il testimone della “Commedia dell’Arte”, la maschera su cui si riversano tutti i difetti degli italiani ma che con la simpatia e l’allegria riesce a farsi amare.
Il nostro Arlecchino, anticipando il “Servo di due padroni”, ne serve addirittura quattro ma in realtà serve solo Rosaura.
All’inizio Rosaura è anche Venezia. Come Rosaura si prende gioco dei suoi pretendenti, così Venezia tiene sulle spine i suoi figli adorati, dal carattere litigioso e criticone.
Se si dovesse fare un analisi di questo testo alla maniera degli studi del sistema Stanislawski, il “Seme” illuminante di tutta l’opera secondo me sarebbe la parola : “Amore”.
Sempre sotto l’aria leggera della commedia innovatrice, Goldoni fa circolare intorno alla sua vedova un sostanziale “bisogno d’amore”.
Provate a leggere il testo analizzandolo alla luce di un diverso “ Seme”: con “Mondanità”, oppure “Famiglia”, o anche “ Solitudine”. Si vedrebbe subito a quante differenti letture si presta questa commedia.
Se il seme fosse: “ Mondanità”, ovvero lotta per una mondana posizione sociale, gli intrighi dei nostri personaggi si svolgerebbero pizzicando corde del tutto diverse: ambizione, lotte per salire la scala sociale.
O se il Seme conduttore fosse “ Famiglia”, tutta l’azione si strutturerebbe nel desiderio di costruire un nucleo familiare e Rosaura cercherebbe un padre per i suoi figli.
Nella casa della nostra appassionata ma saggia vedova, i valori sono diversi, freschi, autentici e ritrova l’amore come senso centrale della vita.
Secondo noi la lettura più interessante e forse anche la più appropriata per questa “Vedova” è proprio con il “seme dell’Amore”, soffio purificante che anticipa il grande vento del Romanticismo, anche addensatore di quei nuvoloni “Sturm und drang” che cambieranno per sempre i cieli della cultura europea.
Fuori forse impazza il Carnevale.
Lina Job Wertmüller

Un’idea di scenografia per “La vedova scaltra”

Ho sempre preferito lasciarmi suggerire le scenografie da quanto a me pareva l’essenza di un
testo, anziché riferirmi alle indicazioni dell’autore, solitamente poco portato a immaginare un’espressività anche visiva di ciò che ha scritto.
Così ecco per “La vedova scaltra” una mia idea “non verista”.
Le scene tradizionali per le commedie di Goldoni non sono che la semplice descrizione dei veri ambienti necessari all’azione. Spesso tuttavia qualche complicazione c’è: per esempio i frequenti cambi di scena e, senza il sostegno esemplificatore di una qualunque sintesi drammaturgica, da quinte e graticcia, è un continuo andare e venire di oggetti d’arredamento e tele dipinte.
In questa commedia giovanile, Goldoni ha già raggiunto però una sensibilità così acuta, profonda e geniale da anticipare in pieno Settecento femminismo e romanticismo. Il personaggio di Rosaura ha infatti la determinata scaltrezza di scegliere, tra i quattro pretendenti messi alla prova, proprio come avrebbe fatto una fanciulla romantica, quello più squattrinato, l’unico però che le ha dimostrato d’amarla solo per amore.
Ecco dunque un’interessante drammaturgia che ha in sé una possibile sintesi scenografica.
A volte, nel Settecento le dame usavano ricevere la mattina per la Conversazione continuando a starsene pigramente sdraiate a letto. Dato storico che mi ha suggerito il fulcro significativo attorno al quale far ruotare l’intera commedia: il grande letto dell’inappagata sensualità della vedova di un novantaquattrenne, tanto vecchio da far addirittura, e più che ragionevolmente, supporre che abbia lasciato vergine la sua bella sposa, forse ancora adolescente.
La solitudine di Rosaura, il sentimento della sua frustrata bellezza e il desiderio dei pretendenti che aspirano a possederla, hanno smisuratamente ingigantito nella mia immaginazione le proporzioni di questo desolato talamo vedovile, intorno al quale, nel cerchio sopraelevato di una lignea, “lussuosa”, dorata casa-paravento cui si accede salendo alcuni gradini come attorno ad un’ara, convengono le seduttrici speranze e le verbali cortesie dei quattro pretendenti.
A destra e a sinistra del proscenio, due piccoli tavoli di bar suggeriscono la strada sulla quale, oltre alla casa di Rosaura, si affaccia pure la locanda in cui lavora Arlecchino.
Nel realizzare questa idea di scenografia per “La vedova”, con Giorgio Gori e i suoi ottimi collaboratori, ci siamo comportati come artigiani del Settecento, ispirandoci all’Arte Povera di un secolo in cui le materie non sono quasi mai quelle che sembrano; in cui l’oro è doratura, il marmo è stucco trattato a marmoridea, e una tappezzeria non è il tessuto damasco che sembra, ma una pittura che ne finge la preziosità, magari su rozze tavole di legno, e così le architetture di Venezia non sono come sembrano dei grandi disegni dipinti in bianco e nero, ma sagome di piccoli disegni fatti a tavolino ingigantiti con moderne tecniche fotografiche, anziché con un pantografo come sarebbe stato più d’epoca e più corretto.
Nonostante queste ingannevoli eredità, il finto lusso di settecentesche eleganze appartenute al marito e le divertite megaproporzioni immaginate da me per rappresentare la solitudine e le frustrazioni vissute in un triste matrimonio, dall’alto del vasto e sensuale deserto di lenzuola e cuscini del suo letto, con inaspettata, sorprendente intuizione romantica e femminile saggezza, alla fine Rosaura saprà dare concretamente forma al proprio futuro.
Enrico Job

Biglietti: Platea, Palchi 1° e 2° ordine intero € 20,00 ridotto € 18,00 /// Galleria intero € 18,00 ridotto € 16,00 /// Palchi 3° ordine unico € 16,00

INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI
TEATRO DELLA REGINA Piazza della Repubblica – 47841 Cattolica (RN) – Tel. 0541/833528 – 968214; PRENOTAZIONI TELEFONICHE dalle 17.30 alle 19.30 dal secondo giorno di prevendita.
Tel. 0541/833528 – 0541/ 968214

Cadde

Una cosa mi colpisce sempre di questo paese: l’incredibile scarsa qualità dell’informazione.

E’ qualcosa di macroscopicamente incivile eppure nessuno sembra farci caso, probabilmente per il semplice fatto che se sono tutti conniventi nessuno può informare davvero sull’inadeguatezza dell’informazione, e la cosa appare quindi “invisibile”.

La cosa va dedotta.

Alcuni uomini, se così si può dire, dell’Udeur, ad esempio, hanno passato gli ultimi giorni a raccogliere le peggiori offese conosciute per le strade di Roma. Venduti, traditori, ladri, visicidi… di tutto.
Appena mettevano il naso fuori dalle auto blu ecco là le signore, con le buste della spesa in mano, pronte a mandarli a cagare per la loro brillante scelta di riconsegnare il paese nelle mani del nano psicopatico.

Nessun tg ne ha fatto parola.

Nessuno.

Solo Blob ha mandato in onda le immagini di uno spaurito Fabris che cercava di reggere l’incalzare delle accuse della gente, di quella vera.

Che schifo.

Perché ogni tanto le maschere ci buttano fuori dalle sale