Luttazzi è lento

Daniele Luttazzi torna slow. Il suo blog, pur se baciato da un successo clamoroso, cambia natura e torna ad una comunicazione meno interattiva.
A Luttazzi non piace la dinamica che si è venuta a creare, ovvero la classica massa+leader.
Ho letto il blog di Luttazzi. Ho lasciato anche qualche commento. Ho ritrovato fra gli iscritti anche un provocatore di professione che non vedevo dai tempi in cui frequentavo usenet assiduamente. Mi spiace che il blog, per così dire, chiuda, ma devo dire che Daniele, ancora una volta, ha visto giusto.
In un blog molto seguito è abbastanza difficile evitare il formarsi di un nucleo di adoratori attorno al carismatico conduttore delle danze: è il pifferaio magico che si ripete nel mondo telematico.
Fortunatamente, avendo un po’ di fiuto e conoscendo il mondo di internet per pluriennale frequenza, quando decisi di mettere su questo blog pensai di non permettere commenti a persone non facenti parte della redazione.
Facendo questo ho escluso sia la possibilità della nascita di un leader, sia quella della nascita di una massa adorante.

Inoltre è rimasta ben chiara la natura del blog, come costola, come emanazione di Cineboom e della sua redazione.

Ogni tanto mi arrivano delle mail di lettori che mi chiedono perché non si possono lasciare commenti. Alcuni sono incazzati e dicono di avere “il diritto” di replica alle opinione espresse da me o dagli altri redattori. Curioso, si fanno derubare quotidianamente dei propri diritti e poi vengono a chiederne conto a me, mah.
Altri, invece, solidali e propositivi mi chiedono come fare per “avere un ruolo”, “partecipare”.

Io resto sempre più convinto che questo blog vada benissimo così com’è.

Silenzio, parla il nano

Dopo la pazzesca ed insensata campagna di criminalizzazione operata dal signor Silvio Berlusconi nei confronti di un quotidiano appartenente all’opposta area politica, non possiamo che solidarizzare con la redazione tutta de L’Unità ed in particolare con la giornalista Marcella Ciarnelli.
A tutti loro personalmente mi sento di dire: Tenete duro, questa stagione ripugnante della storia patria finirà, si sperà al più presto possibile.
Tenete duro.

Di seguito la lettera inviata dall’Unità ai colleghi giornalisti, purtroppo silenti.

Cari colleghi, l’ inquietante episodio di Firenze, con il presidente del Consiglio a brandire davanti ad una folla plaudente il giornale l’ Unità indicandolo come un nemico da combattere e da perseguire, è soltanto l’ultimo sconcertante attacco a questo giornale e alla professionalità di chi vi lavora. Sempre sabato a Firenze una persona che aveva accesso alla sala stampa identificata la collega Marcella Ciarnelli come inviata dell’ Unità l’ ha così apostrofata: «Non mi siedo accanto ad una persona che lavora all’ Unità…». Frase che ha stupito enormemente una giornalista austriaca presente.

La colpa dell’ Unità e dei giornalisti che vi lavorano è di aver fatto in questi anni fino in fondo il proprio mestiere esercitando il diritto di critica e di cronaca, così come previsto dall’ articolo 21 della Costituzione. Ma contro questo collettivo sono state mosse ripetutamente delle accuse dal presidente del Consiglio solo per il fatto di esserci occupati di lui.

A fronte di ciò riteniamo non ci sia stata tutela adeguata da parte degli organismi della categoria. Così come non c’è stato nulla quando in una trasmissione televisiva Giuliano Ferrara ha definito l’Unità un giornale tecnicamente omicida; così come non c’è stata un’azione a tutela degli organismi di categoria quando l’inviata Marcella Ciarnelli ha dovuto fronteggiare accuse durissime del presidente del consiglio, in diretta tv, nella conferenza stampa a fine 2005.

Ma l’Ordine dei giornalisti ha, al contrario, deciso di convocare rapidamente Natalia Lombardo e Furio Colombo “rei” di aver fatto cronaca e critica nei confronti di Clemente Mimun e Bruno Vespa. Con una sproporzione inaudita tra l’inerzia mostrata negli episodi in cui giornalisti dell’Unità sono stati vittime di attacchi e la solerzia mostrata quando sono altri a lamentarsi.

Ci rivolgiamo ai colleghi perché sentiamo intorno a noi un assordante silenzio, tanto più inquietante quando l’ attacco alla libertà d’informazione viene da una delle più alte cariche dello stato.

Su la testa!

Quante cose possiamo imparare dal passato?

Su la testa

A sentire quello che dice, sembra fatto ieri questo programma: in più di 10 anni di cose non ne sono cambiate poi molte. Forse la più grande differenza è che questo programma è di 13 anni fa, non è possibile vederne uno simile fatto oggi.
Buona “mamma” Rai, che rende disponibili (gratuitamente, ma ancora per poco, io temo) pezzi di storia televisiva sorprendentemente selezionati con una certa ragionevolezza. Sarà la fortuna che i moderni capitalisti quando pensano allo streaming ormai hanno in testa solo quel pacco di Rosso Alice, film mediocri in qualità mediocre per uno spettatore mediocre. Cliccando sui programmi comici di raiclick, possiamo trovare quei “comunisti” che oggi lavorano poco e male. Qualcuno ha avuto la “fortuna” di essere esplicitamente cacciato, qualcun altro non lo è stato, come Paolo Rossi, ma le circostanze l’hanno costretto a uscire dalla vetrina della società, che ormai mostra solo pezzi di carne, denaro, confezioni vuote e luccicanti.

Paolo Rossi, aiutato da Gino e Michele, parla, critica, fa ridere. Il riso è sempre amaro, come tutti questi comici “ribelli”, ancora affezionati a un insieme di valori che per alcuni di noi sono importanti, ma chissà se vedremo di nuovo osservati quanto meritano. Chissà, soprattutto, se ne vale ancora la pena! Vale la pena parlare in TV a milioni di persone che si mettono a ridere quando sentono la parola “Berlusconi”, ancora prima di sentire la vera e propria battuta? Qualche differenza c’è, da 10 anni a questa parte, non solo nell’aspetto del comico rosso che ora mostra i segni del tempo e di qualche vizio di troppo. In quelle battute ciniche, amare, c’era ancora qualche speranza nel risollevarsi MORALE di un Italia che non deve la sua gloria passata, grazie alla quale vive ancora di rendita, al capitalismo liberista senz’anima che ha portato l’America alla ribalta e che la destra Berlusconiana ha con tanto insuccesso tentato di imporci, ma a quella cultura, quella creatività che questo governo si è tanto impegnato a distruggere. Produrre, non creare.
Da 10 anni fa è cambiato il modo di reagire a questo tremendo stato di cose che in questi ultimi, oscuri 5 anni ha schiacciato la fiducia e la solarità delle persone che ancora ci credono, ma non possono più dirlo. A volte non possono farlo per legge ma, anche quando non è così, non ne vale molto la pena, perché non hanno quasi più un pubblico capace di capire. Quindi ti riduci a fare programmi veramente ermetici, come il sempre fantastico Corrado Guzzanti, oppure tenti tuo malgrado di infilarti nelle maglie del sistema e ottenerne qualche vantaggio al cinema, come la sorella.
A noi, che amiamo ancora vedere qualcosa di vero in TV, rimane RaiClick, segno che anche la tecnologia che anima il nuovo ordine mondiale può dare qualcosa di buono, mentre nell’etere forzitialiota non troviamo che fotocopie del bagaglino e comici che una volta miravano alla radice dei problemi, ridotti a fare superficiale intrattenimento.

Quello che ci vorrebbe, per noi, per tutti, è una piccola dose di fiducia. Io aspetto il 6 Aprile. Non per sapere chi vince le elezioni, ma per vedere se il vento inizia a cambiare. Perché purtroppo il voto non sarà affatto la risoluzione dei problemi politici del paese, ma potrebbe essere un inizio, una presa di coscienza della popolazione che -fino a prova contraria- è l’unica che abbia il diritto a decidere dove deve andare il paese e che incomincia a dire: un momento, fermiamoci, perchè in questi 5 anni, le cose non sono andate meglio PER NIENTE. Il 6 Aprile, per favore, non votate per Prodi, per Berlusconi, per la destra o la sinistra, votate per VOI STESSI.

Antidoti/Antiemetici 4004

Mi capita molto spesso di ascoltare il programma di Steve Lamacq su BBC Radio One e una delle ultime volte Indie Kid è riuscito a mettere in moto una pericolosa regressione temporale nei miei ascolti, complici i giorni post-solstizio e gli arcani tramonti rosso-giallastri-indaco di questi ultimi giorni. Il granellino che ha dato inizio alla valanga è stato

* The Longcut: A Quiet Life [Deltasonic]

Da Manchester con furore e spleen. Finita l’ondata di band Joy Division – like come gli Editors, c’è già odore di anni ’83 – ’84. Anni in cui arrivavano all’apice band come

* The March Violets: Snake Dance (Extended Version) [Merciful Release]

oppure

* Red Lorry Yellow Lorry: Sometimes [Red Rhino]

forse la più guitar delle band nell’area al confine tra post punk ed echi stoogesiani, inaugurata dai

* The Sisters of Mercy: Alice [Merciful Release]

sorelle generatrici dell’acida filiazione bastarda in cui infilerei anche

* Play Dead: Solace [Clay]

rosso, viola e marroni scurissimi prendono il posto del nero e del grigio sulle copertine dei singoli e degli album che raffigurano decadenti disegni floreali. Ma tornando a oggi

* Metric: Dead Disco [Last Gang]

dal loro penultimo Old World Underground, Where Are You Now? cool, contagiosi, canadesi, eclettici. In più Emily Haynes è mmmhh.

* The Go! Team: Junior Kickstart [Memphis Industries]

inclassificabili: temi da telefilm inglese anni ’70 con tanti fiati, easy, indie, hip hop, breakbeat. Cos’altro?

* The Raveonettes: Seductress of Bum [Columbia]

il pezzo che Badalamenti non ha ancora scritto e che, pertanto, Lynch, non ha ancora inserito in nessun film. I gufi non sono quello che sembrano.

* Dead Combo: Come On Baby, Yeah [Output]

Suicide + Stooges = Dead Combo. Stop.

* Spalding Rockwell: Flake [Defend]

M.L. e Nicole, due electrosonic girls from NY che potrebbero stare tranquillamente sulle runway della prossima stagione. Anzi, sono apparse insieme nella campagna autunno/inverno 2004 di Ben Sherman.

Letio Brevis

Paul Ekman, psicologo, professore di psicologia alla University of California Medical School, ha consacrato una vita allo studio delle emozioni primarie e alle manifestazioni di esse attraverso le espressioni facciali. Adottando un approccio etologico ha cercato di dimostrare, andando contro il paradigma antropologico (e contro Margaret Mead stessa) e riagganciandosi a Darwin, che le espressioni facciali non sono culturalmente determinate, ma si tratta di schemi innati, biologicamente determinati ed universalmente diffusi.
Molto interessanti al riguardo, sono gli studi sulla menzogna, di cui cercherò di dare un’idea per sommi capi citando un paio di paragrafi dal libro di Ekman I Volti della Menzogna, Firenze, Giunti
Ad esempio:

L’attiva falsificazione. Quando nasce una emozione i muscoli facciali si attivano in maniera automatica : per abitudine o per scelta si può riuscire ad impedire queste espressioni nascondendole attraverso una maschera, una ‘emozione finta’, che in genere è il sorriso.

Asimmetria. In una espressione facciale asimmetrica le stesse azioni compaiono nelle due metà del viso, ma sono più intense su una parte anziché nell’altra. Una spiegazione di questa asimmetria potrebbe essere cercata nel fatto che l’emisfero cerebrale destro sia più specializzato del sinistro nel trattamento delle emozioni: dato che l’emisfero destro controlla gran parte dei muscoli della metà sinistra del viso e il sinistro quelli della metà destra, le emozioni si mostrano con maggiore intensità sulla parte sinistra del volto. In questo senso le espressioni contorte, in cui l’azione dei muscoli è un po’ più accentuata su una metà del viso possono essere un segno rivelatore della falsità del sentimento manifestato. L’asimmetria è indizio di una emozione poco sentita, un’espressione volontaria della muscolatura.

Tempo. Le espressioni di lunga durata (dai 10 secondi in su) sono probabilmente false perché le espressioni autentiche non durano così a lungo : la mimica che esprime emozioni davvero sentite non resta sul viso più di qualche secondo. Se la sorpresa è autentica tutti i tempi, di attacco e di stacco, sono brevissimi, inferiori al secondo.

Ancora, chiedo aiuto a Francesca Garofoli ed ecco un estratto da un articolo apparso su Galileo del 29 gennaio 2000:

(…)”Il poligrafo rivela le emozioni non le bugie”, spiega Ekman. “Molte persone innocenti, a cui viene richiesto il test del poligrafo, potrebbero mostrarsi spaventate dall’eventualità di essere fraintesi. Questo potrebbe dunque farle sembrare colpevoli, timorose di essere scoperte”.
Se dunque una delle mancanze del poligrafo è quella di rivelare la presenza di un’emozione, ma non necessariamente di una bugia, il Facial Action Coding System (Facs), ideato e creato da Ekman e Friesen nel 1978, può ovviare a questo problema. Il sistema fornisce un metodo di misurazione oggettivo della contrazione dei muscoli facciali, solitamente coinvolti nell’espressione di tutte le differenti emozioni. Dopo aver esaminato quasi cinquemila videoregistrazioni di diverse espressioni, è stato costruito un tabulato dove sono elencate le singole “unità” facciali coinvolte in un movimento. Sono state inoltre determinate la durata di ogni contrazione muscolare, la loro intensità e le eventuali asimmetrie bilaterali.
Apparentemente il Facs è un sistema descrittivo, ma i suoi tabulati permettono un’anticipazione di quali unità si debbano necessariamente attivare in risposta a una specifica emozione. Per esempio, il sorriso prevede la contrazione del muscolo gran zigomatico, affinché gli angoli della bocca si sollevino, e del muscolo orbicolare dell’occhio, affinché le orbite oculari si restringano. Ma se il sorriso non è autentico, cosa accade? Assistiamo soltanto alla contrazione del muscolo gran zigomatico. Questo non è che un esempio lampante, ma quando si tratta di individuare una bugia, bisogna esaminare i micro-movimenti: come un muscolo che si contrae quando non dovrebbe o, al contrario, che non si contrae affatto pur dovendo; una contrazione troppo breve o, viceversa, troppo lunga; le eventuali asimmetrie tra la parte destra e quella sinistra del volto.
Il Facs diventa così un efficace indicatore di bugie, perché rivela tutte le contraddizioni e le inesattezze espressive del volto. Quando infatti la nostra concentrazione è rivolta alla cura delle parole o degli atteggiamenti, al fine di ingannare qualcuno, le emozioni sono controllate, ponderate, e ciò comporta inevitabilmente un’alterazione dei normali schemi espressivi. Ma quanto è affidabile questo sistema? “E’ un sistema molto preciso per misurare i movimenti facciali, che ha dato ottimi riscontri nel distinguere la verità dalla menzogna”, conferma Ekman, “ma il suo margine di errore è del 10 per cento: troppo alto per essere usato come prova in un tribunale”.
Non andrà bene ai fini giuridici, ma può essere un eccellente metodo investigativo a uso personale, tanto che i suoi schemi interpretativi delle emozioni sono stati raccolti in un archivio, chiamato “Facsaid” (Facial Action Coding System Affect Interpretation Database – http://nirc.com/facsaidmenu.html). Presto potrebbe diventare addirittura un sistema automatizzato: “Due équipe di esperti di computer”, spiega Ekman, “stanno attualmente lavorando per fare in modo che una macchina, un computer appunto, esamini autonomamente e automaticamente i dati del Facs. Ma si tratta di un lavoro che richiederà ancora cinque anni prima di giungere al termine”.
Nel frattempo, l’ultimo libro di Paul Ekman – “La seduzione delle bugie” (Di Renzo editore, 1999) – può essere una lettura istruttiva per quanti sono a caccia di bugie. Senza dimenticare, però, che la bugia non sempre è un crimine: “La verità a volte può essere usata in modo distruttivo”, aggiunge Ekman. “Anche se ogni tanto mentire è necessario per proteggere qualcuno dal dolore. Ma la maggior parte delle bugie, se scoperte, distruggono la fiducia. L’unico modo per sapere se è veramente necessario mentire è chiedersi: se la persona a cui sto mentendo lo scoprisse, potrebbe sentirsi tradita o ferita? Valeva la pena – conclude Ekman – di perdere la sua fiducia?”

E rendere obbligatorio il test per chi ricopre qualunque incarico pubblico, nonché per i vertici delle grandi aziende? Think about it.

Ah, ecco. Capisco.

L’ultimo sondaggio Ipr Marketing sulle intenzioni di voto, apparso su Repubblica.it di oggi dà L’Unione ad un miserabile 52% rispetto alla cdl che è al 46% ed ha recuperato due punti percentuali confluiti su fi rispetto al penultimo sondaggio. Come mai ancora ben 46 elettori su cento accordano la propria preferenza di voto alla compagine fascio-piduista-mafiosa che ha portato il Paese allo sbando in soli cinque anni di regime?
La risposta ce la dà, in modo del tutto involontario, francesco storace, un tizio che si occuperebbe di sanità pubblica.
Andiamo sulla versione pdf del quotidiano Metro (www.metronews.it). A pagina 3 c’è un trafiletto sulla sinistra che ci informa di una cosa inquietante: circa il 20 – 25% degli italiani con più di 18 anni soffre di disturbi mentali, ha rivelato storace in Commissione Sanità del senato, e solo il 3% viene preso in carico dai servizi psichiatrici.
Tutto chiaro?

Anch’io Spera

Incredibile a dirsi forse, per una volta, i DS non si sono affidati a degli incompetenti per la campagna elettorale.

“La Famiglia Spera” è insieme il nuovo claim ed il nuovo gruppo di testimonial per la campagna.
Cinque corti, con protagonista la particolare (quanto normale) famiglia, da mandare nelle sale cinematografiche ed un sito web per distribuirli online, www.famigliaspera.it.
Il tutto è ancora molto embrionale tuttavia il primo dei corti, realizzato da Gianni Troilo e Graziano Conversano, è davvero geniale ed efficace.

Potete vederlo cliccando qui.

Ovviamente si spera che una versione ridotta per la tv venga mandata dai DS solo sulle reti Rai.

Oltre la precarietà

“Vendo il mio rene perche’ non abbiamo piu’ soldi per vivere”, con queste parole disperate una donna di 31 anni, Stefania Grasso, residente nel comune cremonese di Pandino ha denunciato pubblicamente la sua drammatica situazione. Sposata con una figlia di 5 anni, tempo fa aveva dovuto abbandonare il lavoro da consulente aziendale per accudire il marito, Giuseppe Spataro, anche lui 31enne, rimasto gravemente ferito ad una gamba a causa dello scoppio di una bombola di gas mentre lavorava. Per quell’incidente la famiglia Spataro, originaria di Napoli, e’ in attesa di un risarcimento, ma per tutta risposta la ditta dove l’uomo lavorava lo ha licenziato.

Mi aspetto che il Presidente del Consiglio le dia della comunista spargitrice di angoscia e disinformazione.

Perché ogni tanto le maschere ci buttano fuori dalle sale