Piccole differenze

In fondo tra un cessate il fuoco urgente ed uno immediato c’è poca differenza.
Quanto?
Pochi giorni?
Settimane?
Mesi?

Già.

Qual è il problema?

Il problema è che quando si spara, quando si tirano bombe, ogni istante può essere l’ultimo per qualcuno.

Queste foto sono tratte dal blog di Beppe Grillo, mi sembra giusto riproporle oggi alla fine della conferenza di Roma.

Ma non bastano a capire.
Guardate ancora, guardate tutto quello che riuscite a guardare.

E’ vero, non ci si poteva oggettivamente aspettare di più dalla conferenza, se qualcuno dei governanti del pianeta però, una volta soltanto, ci stupisse in positivo, non sarebbe cosa sgradita.

Noi vecchi ricchi parliamo ed i bambini poveri muoiono… qualcosa non funziona.

Signora vomito

Poco tempo fa su una copertina de L’espresso ho visto un po’ di volti legati allo scandalo dei fascisti magnaccia, dei reali morti di fame, delle vallette mignotte e dei videopoker… insomma avete capito quale scandalo, sì?
Eh, lo so, se ne parla già poco ormai, è sempre quello in guaio dell’Italia, tutti si indignano sempre ma solo per pochissimi istanti.
Insomma tra Vittorio Emanuele, il figlio, la Gregoraci ed il braccio destro di Fini chi è che ti vedo? Ma la Cesarona del tg5, ovvero l’anello di congiunzione tra la giornalista e la nasica.
Cercando cercando ecco cosa ti trovo in rete:

Quando Cesara apparecchiava per i Savoia
di Marco Lillo

Davvero una giornata da brivido per Cesara Buonamici quell’8 aprile del 2005. Il vicedirettore del Tg5 aveva organizzato una cena indimenticabile nella sua splendida casa romana. Tra gli invitati c’erano il prefetto Achille Serra, il capo di Stato maggiore dell’Aeronautica Leonardo Tricarico e sua maestà il principe Vittorio Emanuele. Il cielo era azzurro e la serata si annunciava piena di stelle, ma tutto il resto congiurava contro. Tre giorni prima era morto il papa, le esequie erano fissate proprio quella mattina e, con 200 capi di Stato in giro per Roma, ci si era messo pure l’allarme aereo. Due caccia F16 si erano levati in volo e avevano scortato un aereo a destinazione. Il generale Tricarico aveva gestito l’emergenza mentre Serra coordinava 10 mila uomini sul terreno. In una giornata così dura Cesara Buonamici era riuscita a ‘metterli seduti’ entrambi alla sua tavola. Alle 19 e 40 però accade l’imprevisto: Vittorio Emanuele minaccia di dare forfait. A chiamare la giornalista è Achille De Luca, il collaboratore del principe che è stato arrestato su richiesta del pm di Potenza Henry Woodcock. Nell’ipotesi accusatoria De Luca pagava le mazzette ai Monopoli di Stato per fare ottenere i nulla osta alle slot machine dell’imprenditore siciliano Rocco Migliardi.
Cesara lo conosce come accompagnatore del principe e lo chiama un’ora prima della cena: “Ciao Achille, ti aspetto, eh”. Ma lui cerca di svicolare: i reali sono stanchi. La giornalista si inquieta: “Ho già organizzato tutto e soprattutto vengono il capo di Stato maggiore, il prefetto. Non mi fare spaventare, Achille. Vengono tutti per loro (i reali, ndr). E ho messo tutti a tavola”. De Luca la tiene un po’ in sospeso, ma poi la rassicura: “Ma adesso, se tu mi dici così…, io subito, sempre vicino a Cesara e risolvere il problema. A che ora li vuoi? Alle 9. Tanto Achille ci pensa. Baci”. Questo signore che fa da trait d’union tra l’erede Savoia e la conduttrice, secondo il pm Henry Woodcock, riveste “un ruolo di primo piano” nell’associazione a delinquere capeggiata dal principe. Gli inquirenti lo hanno fotografato mentre prendeva le bustarelle piene di euro in Sicilia e poi entrava con le 24 ore (piene di doni, secondo il pm) nella sede dei Monopoli. Per Woodcock, De Luca “è un personaggio inquietante e dal passato pieno di misteri: pluripregiudicato e già imputato per associazione a delinquere, truffa e bancarotta fraudolenta”. Cesara Buonamici invece è stata sentita a Potenza per questa vicenda solo come persona informata dei fatti. Ed è stata intercettata senza mai essere indagata, solo per acquisire notizie sui suoi amici poco attenti al codice penale. Nel verbale del vicedirettore del Tg5 (del quale ‘L’espresso’ ha dato notizia due settimane fa) la giornalista ammette di conoscere De Luca, ma riduce la sua figura a un mero autista: “Accompagnava in giro i Savoia. Ma non sapevo che è stato arrestato”. La giornalista sapeva però altre cose. Per esempio che i suoi amici avevano incassato 40 mila euro per sbloccare una pratica delle slot ai Monopoli. Non solo. Cesara li aveva sostituiti e pretendeva di applicare le stesse tariffe (ovviamente non con gli stessi sistemi ma contando sulle sue entrature politiche). Achille De Luca, dopo il colpo da 40 mila euro (divisi col principe) era sparito dalla circolazione. Rocco Migliardi però aveva bisogno di altri nulla osta che per le vie ordinarie non arrivavano. È a quel punto che Ugo Bonazza, altro collaboratore di Vittorio Emanuele, pensa alla giornalista.

Ora io sorvolo sullo squallore della cosa ma una domanda me la pongo: Perché di questa storia non si è saputo niente in tv?

Perché non ne ha parlato nessun tg? Nessuna Italia sul due, nessun Verissimo, nessun Lucignolo, nessun Del Debbio, niente.
Strano, no?

Cucu’, cucu’, Milingo non c’e’ piu’!

La fonte stavolta e’ il Papu, poi di agenzia in agenzia ho ricostruto quanto segue:
Milingo aveva sposato l’agopunturista Maria Sung durante un matrimonio collettivo celebrato dal reverendo Moon all’Hilton di New York. La chiesa l’ha riacciuffato, gli ha fatto chiedere pubblicamente scusa dopodiche’ l’ha recluso a Zagarolo perche’ non si poteva permettere di perdere un contatto collaudato con la chiesa d’Africa. Ma monsignor Milingo e’ scappato di nuovo per riapparire ad una conferenza stampa al National Press Club di Washington pronunciando queste parole: «Libertà di matrimonio per i preti, subito!». «È un collare troppo stretto» quello imposto dalla Chiesa, ha detto inoltre Milingo che ha anche precisato di non essersi mai separato dalla propria moglie.
Aspettiamo la contromossa del pastore tedesco.

Sì ma sparisci sul serio però!

Chi segue questo blog sa che ho preso particolarmente a cuore la parabola di uno degli individui più inutili e falliti che la politica italiani ricordi: Maurizio Scelli.

C’è anche l’ex commissario della Croce Rossa Italiana Maurizio Scelli a partecipare alla seconda giornata dei lavori del convegno ‘d-Destra’ organizzato da Francesco Storace in un convento su una collina di Napoli.

Ne ho già parlato qui e qui, anticipandone le mosse, sgamandone i propositi, tallonandolo come una moglie marchigiana sospettosa.

Dunque, ricapitoliamo, Scelli in pochi anni è riuscito a:
- Farsi trombare alle elezioni quando Forza Italia riusciva a portare in parlamento cani e porci
- Rovinare la Croce Rossa e trasformarla in un covo di ragazzotti ebeti cattofascisti screditandola in Italia e all’estero
- Fallire la creazione di un nuovo movimento con tanto di terrorista nero invitato alla prima uscita ufficiale
- Presentare una lista alle politiche soltanto in una circoscrizione, con risultati assolutamente deludenti, dopo aver a stento creato una sorta di partitino con quattro o cinque dei ragazzotti ebeti cattofascisti suddetti
- Presentare una lista alle amministrative di Milano e prendere meno voti del barboncino della Moratti

Bene, finalmente, Scelli, ha deciso, pare, di levarsi di culo (in realtà accasandosi però nella nuova AN che Storace sta cercando di creare alle spalle di Fini):

Napoli, 16 lug. (Apcom) – “Io ho il terrore delle sindromi di appagamento e di chi per tanti anni fa la stessa cosa. La sconfitta è la sconfitta. Chi perde deve lasciare spazio agli altri, alle retrovie in cui c’è gente con tanta competenza e capacità”. E’ una vera e propria dichiarazione di fedeltà quella che l’ex commissario della Croce Rossa Maurizio Scelli fa a Francesco Storace e ai dirigenti riuniti a convegno a Napoli per ragionare sul futuro di Alleanza nazionale.

L’uscita di Scelli è stata anche l’occasione per l’ex dirigente della Cri di togliersi qualche sassolino dalla scarpa e rispondere a chi, come egli stesso ricorda, lo definì ‘un mistificatore’ e uno che si inventava le cose. Scelli si definisce ancora “stupefatto dall’atteggiamento – ricorda – di Ignazio La Russa che giustamente rivendicò una medaglia d’oro per Fabrizio Quattrocchi dimenticando di ringraziare chi consentì la restituzione delle spoglie alla famiglia. Posso dire che rischiammo molto più la vita per recuperare queste spoglie che per liberare le due Simone”.

Ma bravo, Scelli, mi fa un sacco piacere sapere che ti sei impegnato più per recuperare la salma di un fascista che non per salvare la vita di due ragazze.

Infine l’ultima promessa: “In politica sono stato un fallimento totale. Ci ho provato e non lo farò più”.

Scelli, detto fra noi, anche alla Croce Rossa hai fatto cagare vermi, eh.

Politici di merda

Roma, 13 lug. (Apcom) – Escrementi umani negli uffici del gruppo di Italia dei Valori alla Camera e subito scatta la richiesta al presidente della Camera Fausto Bertinotti per una “inchiesta immediata” per quella che i dipietriti definiscono non solo una “grave e inaudita volgarità” ma “un oltraggio alle istituzioni”.

No, dico, ma davvero io devo pagare lo stipendio ai liceali ripetenti della Casa delle Libertà per fargli depositare la cacca per dispetto davanti alla porta dei “nemici”?

Ma io pagherei Zidane per farli demolire a colpi di testa a questi imbecilli, altro che onorevoli!

Fermi tutti!

Mi colpisce l’insolita concomitanza di due fatti politici piuttosto singolari:

UNO

La Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera ha respinto all’unanimita’ la richiesta della magistratura di arrestare l’ex presidente della Regione Puglia, Raffaele Fitto. Lo rende noto un membro della Giunta, Antonio Leone (Fi).
[www.repubblica.it]

E DUE

Silvio Berlusconi annuncia la disponibilità della Cdl a dare il suo appoggio incondizionato al rifinanziamento della missione italiana in Afghanistan.
[www.repubblica.it]

Ué, D’Alema, non è che mentre noi cazzeggiamo, festeggiamo e parliamo di Zidane tu ricominci ad inciuciare col nano?

Eccheccacchio, non ci si può distrarre un attimo però!

Prenderla malissimo

I cugini d’oltralpe hanno preso malissimo l’espulsione dell’ariete Zidane. Come biasimarli? Come quando un bambino si fa male perche’ ha urtato un tavolo e si dice “cattivo tavolo”, cosi’ loro dicono “cattivo Materazzi, chissa’ cos’ha detto a Zidane”. Le ricostruzioni sono fantastiche, c’e’ chi la butta sulla moglie zoccola (o la sorella) e chi si spinge al terrorista o addirittura “filio di Harkis” che sarebbe un collaborazionista dei francesi ai tempi della guerra d’Algeria. Davvero da ridere e rotolarsi per terra! Poi c’e’ questo Gallas (chi cazzo e’? un difensore francese, pare) che dice (fonte la solita: www.repubblica.it) :

“Gallas: “Vorrei picchiarlo”. William Gallas, difensore francese, è furioso con Materazzi. “Vorrei solo picchiarlo”. “Sappiamo tutti come sono fatti gli italiani, fanno sempre cosi’. Quando sentono che stanno subendo, provocano – spiega Gallas nelle parole riportate dai media inglesi – quando ho visto Zidane andarsene così, avrei voluto spaccare la faccia a Materazzi. A volte un giocatore fa il furbo, dicendo cose per le quali vorresti ucciderlo. Gli italiani barano, ma non possiamo farci nulla”. Lanciatissimo nella sua arringa, Gallas arriva a chiedere l’intervento della Fifa. Ma forse andrebbe squalificato lui.”

Si’, certo, difendetelo pure il vostro Zidane. Sara’ stata tutta colpa di Materazzi. Probabilmente anche le altre due volte in cui e’ stato beccato a dare testate alla gente in campo.

verguenza!

E vergogna. Cazzo.

Ce fut une fête pour tout le monde

Oui, Oui, les Français vont sucer!

Dedans son oeil une vertu demeure,
Qui va jurant par les flèches d’Amour
De me guérir ; mais je ne m’en assure.

Com’è bello vincere contro i francesi!
E’ il modo più bello che c’è di vincere la Coppa del Mondo.

Questo penso mentre cammino per le strade di Roma, in mezzo ad un deliro così grande che descriverlo non posso proprio, se non per sprazzi cui la fantasia deve fornire formidabile supporto.
Cammino, dapprima coraggiosamente in macchina, saltando da un carosello all’altro come una pulce felice in un canile.
Sono circondato dai cori, la voce dell’Italia che ha vinto, ed ha vinto alla grande.

La mamma di Zidane è una puttaaaaaaaaa-na
La mamma di Zidane è una puttaaaaaaaaa-na

Ah, com’è bello vincere contro i francesi. Perché sì, loro hanno un formaggio per ogni giorno dell’anno, ma è anche vero che duecento dei loro formaggi hanno tutti lo stesso sapore. E non riusciranno mai a fare una forma di Parmigiano.
Questo penso mentre quel che resta di una Micra, ormai priva di tetto, dipinta tricolore e ripiena di ogni genere di adolescente attraversa il mio campo visivo, cantando.

Pò popò po po poooooo pò
Pò popò po po poooooo pò

Ah, com’è bello vincere contro i francesi. Perché sì, loro hanno lo Champagne, ma è anche vero che dopo una bottiglia di Chianti gli italiani fanno l’amore tutta la notte, e le bollicine non servono a niente, quelle ce l’ha anche la Coca Cola.
Questo penso mentre un pallone si schianta sul cofano piovendo direttamente dal regno dei cieli. Ce ne sono diversi in ogni piazza, che vengono calciati verso le stelle ogni volta che si azzardano a seguire la legge di gravità. Stasera si sta in cielo, palloni, fatevene una ragione.

Il culo di Zidane è chiacchieraaaaaaaa-to
Il culo di Zidane è chiacchieraaaaaaaa-to

Ah, com’è bello vincere contro i francesi. Perché sì, loro fanno le portaerei nucleari, loro fanno i test a Mururoa, loro avevano Napoleone e il sogno di dominare. Noi abbiamo un esercito di merda ed un po’ lo abbiamo sempre avuto, è vero, però, cavolo, i romani il mondo allora conosciuto lo conquistarono tutto, sul serio, Gallia compresa. Asterix, in fondo, è solo una gran rosicata.
Questo penso mentre tento di procedere a piedi, fra autobus assaltati e con gente che balla sul tetto, macchine acchiappate e scosse come enormi lavatrici con somma gioia degli occupanti, ragazze vestite solo con la bandiera e tanta birra da riempirci l’Adriatico.

Volevano vince ma… volevano vince ma…
se so attaccati ar cazzo… se so attaccati ar cazzo…

Ah, com’è bello vincere contro i francesi. Perché sì, la Renault, Alonso, quel che vuoi tu, però, beh, e quando la ripigliate più la Ferrari? Non si può acchiappare il fascino, il mito, la storia, una Twingo resta sempre una Twingo. E ok, i francesi hanno il Tour de France, va bene, ma Coppi e Bartali ce li hanno sempre invidiati.
Questo penso mentre mi accorgo che tutti gli italiani in tutto il mondo in questa notte staranno pensando a quanto è bello essere italiani.
E sì, i francesi, loro sono un po’ più ricchi, un po’ più puliti, un po’ più belli, un po’ più bravi ed un po’ più forti, ok, ma la Gioconda non è loro, e non lo sarà mai.
Il genio è un’altra cosa.
E insomma sì, Zidane, ma vuoi mettere Cannavaro che sorriso che ha? :)

Nun ci avete mancoooooo eeeeeeeer bidé!

Rigorosamente

Oui, Oui, les Français vont sucer!

Son beau poil d’or, et ses sourcils encore
De leurs beautés font vergogner l’Aurore,
Quand au matin elle embellit le jour.

Siamo tutti Rocky Balboa.
Facendo sfoggio della mia sterminata cultura futile spesso mi capita di sorprendermi per come alcune cose, di per sé anche scontate e banali, riescano invece a stupire gli interlocutori. Pochissimi ad esempio sembrano essere a conoscenza del fatto che la sceneggiatura di Rocky sia stata scritta da Sylvester Stallone in persona. Qualcuno dei miei amici in verità si sorprende anche del fatto che Stallone, nel 1979, sapesse scrivere.
Ora, possiamo ironizzare quanto vogliamo sulle capacità scrittorie del nostro, tuttavia i più accorti non possono ignorare un dato di fatto: Stallone, probabilmente per puro caso, in più di una sceneggiatura pugilistica ha carpito il punto della questione italianità.

Cosa differenzia davvero gli italiani?

Cosa li rende popolo? Cos’hanno di davvero proprio, connaturato con i propri natali, intrinseco, intimo?
Cosa non cambia nemmeno se emigrano, se vanno a fare i minatori in Belgio, i muratori a Monaco di Baviera o i pizzaioli a New York?

Cosa?

Ebbene, Stallone lo sa: la risposta è il senso della rivalsa.

E’ un po’ come il senso della storia, ma non di un tipo qualunque di storia. Gli italiani non sono retorici, nazionalisti, orgogliosi, tronfi o altro, no.
No, no, non è il senso della grande storia, quella delle nazioni, delle guerre, degli imperi, dei condottieri, no, figuriamoci, gli italiani non ricordano nemmeno l’anno dell’unità d’Italia, no. Quello che gli italiani sentono è la storia personale, il riscatto, la rivalsa, la rivincita, la scalata alle stelle, il partire dalla polvere per arrivare a baciare in bocca la Madonna.

E’ Rocky che insegue le galline per allenarsi e puzza di fame più di un cane randagio zoppo, è Rocky che suda ed arriva a vincere, contro tutto, contro tutti.

E’ per questo che, sull’uno a uno, appena poggio il culo sul divano, so che la finale andrà ai rigori.

Ed è per questo che, seppur corroso dentro come se avessi trangugiato un bicchiere di bile di drago, so che vinceremo.

Perché il senso della storia, il senso della rivalsa, non può che condurci per mano lì.
Siamo partiti con la coda tra le gambe. I nostri campioni riconosciuti avevano le ginocchia svitate. Le nostre squadre più titolate e prestigiose sull’orlo di finire giustamente scaraventate nel burrone dei campionati inferiori.
Abbiamo cominciato facendo cose indecorose, sudando con il Ghana, pareggiando con gli Stati Uniti.
Ma siamo andati avanti, passo dopo passo, con sempre più gente dietro a sostenerci, sempre più gente dietro a crederci.

Perché noi lo sappiamo che i francesi son più bravi.
Sono un popolo più serio, fanno meglio di noi quasi tutto, i francesi fanno sempre sul serio e se la prendono per ogni minchiata.
Come fai a vincere contro gente così? Ci vuole l’impresa, ed è quello che l’Italia sa fare, proprio quello.
Perché noi lo sappiamo che i francesi son più bravi.
In fondo erano più bravi anche i tedeschi.

Non è importante però, qui si tratta di essere favolosi, non bravi.

E allora rigori.

Tutti dentro, tranne uno. Traversa, fuori.

Voilà.

[Continua]

Ascensore per il paradiso

Oui, Oui, les Français vont sucer!

C’est à mon gré le meilleur de son mieux
Que ce bel oeil, qui jusqu’au coeur me touche,
Dont le beau noeud d’un Scythe plus farouche
Rendrait le coeur courtois et gracieux.

Fantozzi era un documentario.
Abbandonata la macchina alla bell’e meglio mi ritrovo in un cortile in mezzo al vuoto universale più rarefatto. L’aria è satura di telecronaca, i nomi degli eroi risuonano a cantilena,

in

Grosso Cannavaro Grosso

ogni

Gattuso Camoranesi Cannavaro

possibile

Camoranesi Pirlo Totti

combinazione

Totti Totti Toni

come aminoacidi in una catena di dna: sono undici ma quante combinazioni può mettere in fila la lingua di un telecronista? Quante azioni si possono fare?
Infinite, penso, mentre sollevo lo sguardo al cielo ed i palazzi si fanno alti, più alti, sempre più alti, ripiegandosi verso il centro del cortile, immane pianta carnivora pronta ad inghiottire me, moscerino sudaticcio, attirato in quel ventre con l’esca di una finale mondiale.

Caracollando per gradini e colonne raggiungo un ascensore.
Premo il piano, si chiudono le porte.

GOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO…

Tutto trema, le voci di sessanta milioni di persone esplodono all’unisono.

Beh, o abbiamo pareggiato o è il terremoto.

In entrambi i casi essere in ascensore non è proprio una botta di culo.

[Continua]

Perché ogni tanto le maschere ci buttano fuori dalle sale