I guastafeste

Noi e l

Resto sempre affascinato dal disprezzo palese che i rappresentanti di Forza Italia dimostrano per tutto ciò che abbia anche soltanto un vago afrore di legalità. Storcono il naso, lo arricciano ed eccoli che tosto, disgustati, vomitano.
Ordunque si dà il caso che la Corte di Cassazione abbia proclamato ufficialmente i vincitori delle elezioni politiche. Si dà il caso che i vincitori siano, ovviamente, i partiti componenti la coalizione di centrosinistra guidata da Romano Prodi.
Ribadisco, questo pronunciamento è ufficiale, ovvero, checché ne dicano luminari del calibro di Tremonti o Schifani, nessun ricorso è possibile. Solo il nuovo Parlamento, espressione diretta com’è noto della sovranità popolare, potrà giudicare se stesso, a questo punto.
Ma cos’è questa Cassazione? Di cosa si impiccia? Perché mette il naso negli affari della Casa delle Libertà permettendosi addirittura di ufficializzarne la sconfitta? Perché si permette di ignorare gli interventi a gamba tesa che da più e più giorni giungono dalla ormai ex maggioranza di governo? Interventi in cui (colmo dei colmi) una coalizione guidata da un tizio inquisito più e più volte per svariati reati, condannato, amnistiato, fuori dalla galera per il rotto della cuffia e non senza l’aiuto di qualche piccola legge fatta a proprio uso e consumo, una coalizione siffatta, dicevamo, si prende il lusso (superando ogni ridicolo) di “ricordare” alla Cassazione di svolgere tutti i controlli con il massimo rigore, con la massima attenzione e nel pieno rispetto della legge, come se la Cassazione potesse fare qualcosa di minimamente diverso.
Bene, diciamolo agli ignoranti che affollano il nostro ripugnante centrodestra: la Suprema Corte di Cassazione è il massimo organismo giurisdizionale della Repubblica.
Non riconoscere la proclamazione fatta dalla Cassazione, come l’ex presidente del Consiglio sembra voler fare, vuol dire di fatto porsi al di fuori dell’ordinamento giuridico dello Stato Italiano, ovvero vuol dire porsi in quella zona morta al di fuori delle istituzioni tanto cara ai dittatori intenzionati a travolgere tutto e tutti e prendere (o in questo caso mantenere) il potere ad ogni costo.
Ma dunque quel piccolo uomo preoccupato soltanto dei propri guadagni è davvero e definitivamente impazzito? Vuole davvero trascinare il paese in una guerra civile?
Ma no, lui vuole solo conservare il potere, restare quantomeno vicino al governo, sentirne ancora l’odore di cucinato, l’unto, poter qualche volta allungare una mano, mentre gli altri son distratti, e fottere una coscia di cappone. Obiettivo piccolo e meschino, si capisce, nemmeno preoccupante, se solo l’abissale mancanza di senso delle istituzioni del nostro furfante no lo conducesse dritto dritto a negare il responso delle urne pur di restare in gioco, ad irridere la volontà popolare, a dipingere, all’interno e (fatto ancor più grave) all’estero, l’Italia come una surreale repubblica delle banane, due volte più banana del normale perché qui, contrariamente a quanto accade in tutto il mondo poco avvezzo ai riti della democrazia, i brogli non sarebbero organizzati da un governo piratesco preoccupato di mantenere il suo tornaconto bensì da una diabolica opposizione dotata, per logica deduzione, di irresistibili poteri magici.
Non si capisce altrimenti, se non facendo ricorso al soprannaturale, come elezioni organizzate e controllate dal Ministero dell’Interno, e quindi dal governo, possano essere stravolte da un’opposizione che non ha alcuna leva in mano.
L’ex presidente del Consiglio, quindi, ancora una volta, mente. Ed il guaio è che, come l’esito elettorale ha chiaramente dimostrato, troppi in Italia non hanno i mezzi per distinguere le menzogne dalla verità.

Io, non per vantarmi, sapevo che sarebbe andata così. Lo sapevo dal lunedì delle elezioni, e adesso vi racconto perché.

Domenica – seggio

Tutto comincia la domenica mattina, mi alzo presto, mi faccio un caffé disgustoso come soltanto io so fare, mi aggiusto la barba, faccio una doccia, mi vesto, prendo la mia nuova tessera elettorale toscana, me la rigiro tra le dita, tiro un grosso sospiro e via, vado a votare.
Il mio seggio è bello, è una scuola vicino casa, arrivano coppie con bambini, son tutti sorridenti, ci sono un sacco di rametti di ulivo benedetti in giro, sembra buona anche la polizia. C’è un silenzio impossibile, sento i miei tacchi colpire l’asfalto ed ho la sensazione che facciano un frastuono infernale, mi vien voglia di avvicinarmi scalzo. Fuori ci sono alberi in fiore, non so che alberi siano, non ho mai imparato i nomi delle piante, la mia amica Filomena sa che questo è uno dei miei punti deboli. Un altro è l’allergia a qualunque forma di vita vegetale non sufficientemente discreta: appena ho il sospetto della presenza di pollini nell’aere comincio a piangere, starnutire e dire parolacce.
Questo non mi impedisce di entrare e piazzare due belle croci, due croci sentite, due croci meditate, due croci convinte. Ci guardiamo un po’ tutti negli occhi, là nel seggio, un po’ tutti in silenzio, un po’ tutti sorridendo. Ci riconosciamo, in molti abbiamo scritto sulla fronte di essere “coglioni”, nell’accezione voluta dal Cavaliere, quella cioé di elettori attenti, informati, preoccupati più della collettività che dei propri interessi.
Esco sereno, soddisfatto, scambio qualche messaggio con la capa della redazione del webmag di cinema più bello del mondo, anche lei riconosce coglioni. Fila tutto liscio, penso, mentre mando a cagare gli alberi una volta di più.

Domenica – viaggio

Si parte per Roma, quando capita qualcosa è sempre meglio esserci che non sentirsela raccontare da qualcuno. In macchina il caro Stefano mi fa il favore di farmi trovare sul sedile posteriore la “Vera storia italiana”. Che culo, senza il nostro caro ex presidente del Consiglio nessuno verrebbe a dirci qual è la “vera” storia e quale no. Leggo interessato. Ci sono alcune cose davvero notevoli. Ad esempio il pippone infinito sull’11 settembre. Sono passati cinque anni, ormai dell’11 settembre non parlano così tanto nemmeno negli Stati Uniti, nessun governo serio poi si sogna più da tempo di imputare alla tragedia le proprie sciagure. Non finisce qui. Leggo che la Ferrari ha vinto molto per merito di Berlusconi. Leggo che i nostri atleti alle Olimpiadi hanno vinto molto per merito di Berlusconi. Leggo che fra la trentina di “grandi riforme” fatte dal governo ce ne sono alcune davvero epocali, destinate a cambiare per sempre la vita di tutti noi, della nazione intera, autentiche rivoluzioni, ed in campi centrali del nostro vivere, una società finalmente completamente nuova: resto davvero impressionato, ad esempio, dalle “grandi riforme” che riguardano la pesca e la nautica da diporto. Fondamentali, adesso sì che è un’altra Italia.
Ci sono però nel libercolo pezzi di comicità davvero inarrivati ed inarrivabili.
Folgorante la pagina in cui si dice che, tra i tanti meriti del governo, vi è anche quello di aver saputo gestire momenti difficilissimi della vita della nazione, nella stessa pagina, a voler sottolineare quanto affermato, una foto con didascalia ricorda evidentemente uno di questi momenti di rara difficoltà: la morte di Alberto Sordi.
Mi sarebbe bastato questo per ridere dalla Toscana fino al Lazio ma gli autori del libello non si sono fermati qui, no, assolutamente, hanno proprio voluto strafare. Sotto all’Albertone defunto ecco la citazione: – Spaghetto, mi hai provocato ed io… -
Spaghetto?
Avete scritto spaghetto? Ma… ma… oh santa polenta, ma nemmeno una citazione siete in grado di imbroccare? Ma Forza Italia dove li cerca gli autori? Fra gli scarti del Bagaglino? Ma come spaghetto?
Maccarone… m’hai provocato e io te distruggo, maccarone! Io me te magno!
Maccarone, quale spaghetto?
Se soltanto gli italiani nella loro totalità avessero i mezzi culturali sufficienti per apprezzare il baratro di ignoranza che circonda questi cialtroni, il buonumore che ne deriverebbe potrebbe finanche giustificare la loro esistenza in un disegno superiore.

Lunedì – giorno

La sera precedente erano arrivate le prime indiscrezioni dalle sezioni e dalle sedi dei partiti, cose rutilanti o spaventose, comunque incredibili, da far invidia al secondo tragico Fantozzi: – Nel buio della sala correvano voci incontrollate pazzesche. Si diceva che l’Italia stava vincendo per 20 a 0 e che aveva segnato anche Zoff di testa, su calcio d’angolo… -
Mentre sono a piazza Santi Apostoli, a pochi passi dal palco, circondato da gente strana, da quelli che con me hanno cercato in ogni modo di fare la loro parte per mandare a casa il peggior presidente del Consiglio della storia repubblicana, ripenso a tutto quello che è successo nella campagna elettorale. Ripenso alle decine di mail scambiate con Carla Falchieri, ai contatti con Santagata, a tutte le proposte ed a tutto il lavoro. Ripenso alle campagne lanciate dal sito, al “meglio maiali che fascisti”, al “vota come un coglione”. Ripenso a tutto quello che ho scritto e che ho detto… e porca vacca se ci meritiamo di vincere. Ce lo strameritiamo!
Un partigiano di trecento anni, come un palo magro e come un palo in piedi di fianco a me, è esattamente della stessa opinione. Nella piazza, di fronte a me i fotografi ed i cameramen delle tv di mezzo mondo, alle mie spalle varia umanità. Si fanno notare: la troupe de “Le Iene” di Italia Uno, capeggiata da quello con i capelli rossi, Federico Fazzuoli (chiedo in giro se lo abbiamo candidato oppure se Linea Verde fa parte dell’Unione) e, per colmare la misura, Paolini.
Non Marco, purtroppo, ma Gabriele. Per mia sfortuna conosco Paolini, ho già avuto modo di averci a che fare quando, sul forum di Cineboom, si era messo d’impegno nel diffamare un suo conoscente, rivelandone abitudini sessuali ed altri dettagli privati. Il diffamato, per pura coincidenza anch’egli responsabile di un webmag di cinema seppur meno noto del sito rosa, mi scrisse chiedendomi di rimuovere dal forum le oscenità e di fornirgli i dati dell’autore, cosa che ovviamente feci.
Me lo ritrovo qui, Paolini il provocatore, con una cartata di mortadella in mano, tutto intento a straparlare ad ogni microfono disponibile ed a farsi fotografare mentre manda giù l’affettato. Dice di essere iscritto a Rifondazione da anni, non gli crede nessuno. Lo sopporto per un po’, almeno finché non snerva chi gli sta vicino e non rischia di far scoppiare una rissa. Non essendo geneticamente in grado di farmi mai gli affari miei intervengo e, col tono stentoreo e definitivo di chi ha pochissima voglia di continuare a sorbirsi pagliacciate, faccio presente al Paolini che non può far fare a tutti noi, “popolo della sinistra”, una figura di merda in mondovisione. Paolini viene quindi giustamente ingurgitato dalla folla, di lui non sentiremo più parlare nella giornata. Un cameraman solidarizza con me e mi dice cose sicuramente belle ma che non capisco, mi batte un po’ troppo il cuore. Mi succede sempre quando faccio la voce tonante.
Intanto sui maxischermi partono le dirette, scorrono gli exit poll, abbiamo vinto, pare.

Lunedì – sera

Angela rilascia un’intervista ad una tv forse austriaca, Gianluca fa spudoratamente pubblicità alla nostra cricca di sondaggiari, Lucia registra delle risposte per dei forse danesi, forse svedesi, chi lo sa?
Io sto buono buono con la bandiera come mantello, è fin troppo bello così, sta filando tutto troppo liscio, non può essere così facile. Prodi uscirà alle sei e mezza, aspettiamo le prime proiezioni.
Le prime proiezioni non arriveranno mai, problemi tecnici, dicono, saltate. Quando arrivano, su appena il 15% delle sezioni campione, sono terribili. Ancora peggiori sono quelle successive, e avanti così, proiezione negativa dopo proiezione negativa. Prodi uscirà alle sette e mezza. Ancora proiezioni negative. Prodi non uscirà.
La piazza si raffredda, la paura comincia a serpeggiare, un fotografo di Repubblica mi acciuffa mentre, con una mano in faccia, guardo i dati tra le dita, cacofonicamente. La foto finirà nel diario online dell’Unione, nello speciale sulle elezioni del quotidiano. Mio padre nel frattempo mi sta guardando al Tg2, così il mio amico Sergio. Mi scrive un messaggio anche Filomena, vuol sapere come va, è preoccupata. Le dico che vinciamo lo stesso, le dico che dovremmo farcela.
Comincia a farsi sera, arriva un’altra proiezione, siamo sotto sia al Senato che alla Camera. Faccio in tempo a girarmi con una smorfia di dolore sulla faccia per ritrovarmi subito il microfono di una biondina sotto il mento. Non ricordo molto, se non di averle proprinato delle risposte davvero strappalacrime. L’ultima risposta però me la ricordo, sguardo sognante e disperato, tramonto alle spalle:
- Resterai qui?
- Fino all’ultima scheda.

Lunedì – notte

Lasciamo la piazza per andare a mangiare una pizza. Siamo una mezza dozzina di coglioni, quasi tutti disperati. Le notizie che arrivano via cellulare continuano ad essere pessime. Il Lazio non riusciamo a tenerlo, anche la Campania sta andando, Il Piemonte sembrava andasse bene ma adesso invece non c’è verso di riprenderlo, la Puglia è andata inesorabilmente. Brucio il credito su due schede, cercando di capirci qualcosa. Ad un certo punto, mentre affoghiamo i nostri dolori nel limoncello, la prima buona notizia dopo troppe ore: la Campania forse tiene. Decisione presa in un lampo, il limoncello porta culo, è ovvio. Finiremo con lo scolarcene qualche bottiglia, seguendo sezione per sezione lo spoglio della Campania.
Ci chiamano intanto dalla sezione Roma centro dei DS. Decidiamo di farci un salto.
Arrivati là però la brutta sorpresa: i DS stanno gettando la spugna. Il Lazio è perso, per una manciata di voti, non hanno grandi speranze nemmeno sulla tenuta della Campania, ormai siamo sotto al Senato e sembra che anche alla Camera finiranno per batterci. I diessini vanno via e chiudono la sezione.
Ommerda! E che si fa adesso? Cavolo, qua rivince Berlusconi. Se quello rivince è una tragedia di proporzioni inimmaginabili. Tanto vale buttare direttamente una bomba atomica su ogni capoluogo di regione, gli effetti deleteri sarebbero minori di sicuro.
Ed è qui che intuisco. Intuisco che siamo fatti per patire. Intuisco che noi sopravvalutiamo le persone, intuisco che io per primo sopravvaluto le persone. Intuisco che gli italiani gli hanno creduto, alle tasse, all’Ici ed a tutte le sue fandonie. Intuisco che lui mente e quelli si bevono tutto, noi non mentiamo e quindi dobbiamo patire.
Ma intuisco anche che non sono un diessino, e quindi niente spugna a terra. Si torna in piazza, e si gioca la partita fino alla fine.

Lunedì – vittoria

E’ notte seria.
Ad un passo da Piazza Santi Apostoli, tra un bar e Valerio Mastandrea poggiato al muro, c’è una stradina che dà su un ingresso della sede dell’Ulivo. Arrivano delle macchine velocissime. Da una scende Prodi.
E’ arrivato Prodi? E Perché? Un ciccione alto come King Kong e probabilmente emanante il medesimo odore urla:
- A Mortadé, ci hai fatto perde l’elezzzioniiiiiiiii!
Lì per lì mi viene voglia di pestarlo, poi rinsavisco.
Valerio Mastandrea scuote la testa ed ha gli occhi tristi, mi viene voglia di abbracciarlo, poi rinsavisco.
La Campania ha tenuto, siamo sotto di un senatore ma ci sono quelli a vita, quelli all’estero comunque qualcuno dovremmo riuscire a prenderlo. Alla Camera mancano… quanto? Un migliaio di sezioni? E molte della Sicilia?
Ma porca merda!
Passano le ore, scorrono le sezioni, il vantaggio alla Camera si riduce, restiamo davanti, restiamo davanti ancora, per un soffio.
Ne mancano troppo poche, ormai non ci prendono più, non possono prenderci più.
Abbiamo vinto.

Incredibile

E’ questo che penso. Mentre quelli sul palco stappano spumante.
Penso: Incredibile. Penso anche: Che ci fa Rutelli con l’impermeabile?
Ma penso di più: Incredibile.

C’è la festa, ma abbiamo avuto troppa paura per festeggiare davvero. Quei guastafeste ci hanno fatto sudare troppo.
Ed è qui che intuisco di nuovo. Intuisco che non accetteranno mai la sconfitta, che non ci concederanno mai una vera festa.

Ma è tardi, ho sonno, abbiamo vinto e sapete cosa? Ma chi se ne fotte del riconoscimento di Berlusconi?

Passerò poi la notte a seguire sul sito del Ministero lo spoglio degli italiani all’estero.
Attorno alle quattro di mattina maturerò una sufficiente certezza di avere una maggioranza anche al senato.

Più tardi, nel letto, ripenserò ai due giorni appena passati:
- Incredibile

6 pensieri su “I guastafeste”

  1. Tra il poema epico e il racconto di realismo magico intimista e solidarista, a tratti panteista, Faragalli ci indica la via per l’uscita definitiva dalla tropicalizzazione politica bananifera di un Paese che nasce ieri per la seconda volta.
    Cioè, insomma, abbiamo vinto, eh! Silvio suca.

  2. rutelli forse era ai giardinetti e sotto l’impermeabile non aveva niente. gran bel report, compagno coglione. (Silvio suca!) (capuozzo vaffanculo)

  3. Il mio momento peggiore:
    Sconfortato dalla cappa di tristezza nera che c’era a P.za SS Apostoli, col webmah che non risponde, mi avvio verso casa per interpolare i dati con mesto realismo.
    Ci fermiamo da un paninaro romano, mi è antipatico d’istinto e ha scritto in faccia “ho votato AN”: un suo amico ancora più zotico me lo conferma, gridando al cellulare in romanaccio in mezzo alla strada (cosa che mi irrita già di per sé):
    “Chestaddì? Stamo a prende er senato? Cheddici?
    Nooo, stamo avanti ar senato e stamo appareggià aa cammera? Da paura!”

    Stavano avvince quelli lì.
    Per fortuna il male peggiore è stato scongiurato… in quel momeno non ci stavo più sperando. Brr.

  4. Emh, Tetsuo, non per fare il pignolo ma il regolamento redazionale di Cineboom impone la chiusura dei post in questo thread con almeno un “Silvio suca”.

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