SUCCESSO DI PUBBLICO AL CINEPORTO DI LECCE PER LA MOSTRA “TINA MODOTTI. FOTOGRAFA E RIVOLUZIONARIA”. L’ESPOSIZIONE SARA’ VISIBILE FINO AL 14 DICEMBRE 2012.

Riceviamo e pubblichiamo:

GRANDE AFFLUENZA DI PUBBLICO AL CINEPORTO DI LECCE PER LA MOSTRA “TINA MODOTTI. FOTOGRAFA E RIVOLUZIONARIA”. L’ESPOSIZIONE, CURATA DA REINHARD SCHULTZ, COMPRENDE UNA SELEZIONE DI 80 OPERE DELL’ARTISTA E SARA’ VISIBILE FINO AL 14 DICEMBRE 2012.

 

“La fotografia per il fatto stesso che può essere prodotta soltanto nel presente e sulla base di ciò che oggettivamente esiste di fronte alla camera, si impone come il mezzo più soddisfacente per registrare la vita oggettiva in tutte le sue manifestazioni; da ciò il suo valore documentario, e se a questo si aggiunge la sensibilità e la comprensione del problema e soprattutto un chiaro orientamento sull’importanza che deve assumere nel campo dello sviluppo storico, credo che il risultato meriti di occupare un posto nella rivoluzione sociale a cui tutti dobbiamo contribuire”. In questa frase di Tina Modotti c’è, forse, il senso della sua opera fotografica.

 

Sta ottenendo una straordinaria affluenza di pubblico la mostra “Tina Modotti. Fotografa E Rivoluzionaria” allestita al Cineporto di Lecce, visibile fino al 14 dicembre 2012. L’esposizione, curata da Reinhard Schultz con la collaborazione della Galerie Bilderwelt di Berlino (fotografie di Tina Modotti) e il Center for Creative Photography di Tucson, Arizona, comprende una selezione di 80 opere dell’artista dal 1923 al 1930. La maggior parte delle opere riguarda il periodo messicano dell’artista, mentre la serie dei ritratti di della Modotti riguarda, invece, il periodo di Los Angeles e sono firmati da Edward Weston, inclusa anche una foto del periodo hollywoodiano sul set del film “The tiger’s coat”. Nel corso dell’inaugurazione sarà proiettato il film “Tina in Mexico” di Brenda Longfellow.

 

D’indole ribelle, proletaria per nascita, Tina Modotti (Udine, 17 agosto 1896 – Città del Messico, 5 gennaio 1942) appartiene a quella generazione di artisti che hanno intrecciato i fili dell’impegno sociale alle cause che, nella prima metà del XX secolo, hanno condotto a nuovi modi di intendere la ragion d’essere dell’uomo contemporaneo. Attrice di teatro e cinema, fotografa, rivoluzionaria, passionaria perseguitata, musa di grandi artisti come Pablo Neruda, modella dei pittori naturalisti messicani David Alvaro Siqueiros e Pablo Rivera, figura controversa dai molti nomi e dalle molte vite, la Modotti ha avuto una grande vera passione: la fotografia. Prima messa al servizio degli ideali sociali e  poi sacrificata per la lotta politica, rivelatasi quando aveva vent’anni grazie a Edward Weston, il maggior fotografo dell’epoca che l’amò e ne fece la sua musa.

 

Una donna dalla vita intensa e scandalosa per il costume dell’epoca, in largo anticipo sui tempi. È stata il simbolo della nuova condizione femminile del Novecento, sulla strada dell’emancipazione e della liberazione sessuale. Di recente la sua figura è stata sempre più spesso al centro dell’interesse sia degli studiosi che del vasto pubblico degli appassionati non solo in Italia, dopo anni di oblio.

 

“L’opera della Modotti –scrive Blanca María Monzón nel saggio “Tina Modotti, sujeto historico” - è un paradigma della fusione tra la cultura rivoluzionaria messicana e l’estetica fotografica d´avanguardia. A tutto ciò si legarono gli ideali di uguaglianza proposti dal socialismo, la sensibilità d’artista e la capacità di sentirsi un soggetto fortemente implicato nelle dinamiche sociali; questi furono in generale gli aspetti che apportarono un “senso” alla sua vita”.

 

La mostra, allestita il 21 settembre scorso (visibile dal lunedì al venerdì dalle 16 alle 20 e la mattina dalle 10 alle 13) è realizzata con al sostegno della Regione Puglia -Assessorato al Mediterraneo, Cultura e Turismo-, in collaborazione con la Fondazione Apulia Film Commission e Cineporti di Puglia (Lecce).

 

La parmigiana e la rivoluzione.

Riceviamo e pubblichiamo:

In Salento, in Puglia, in ogni sud del mondo, la frittura è metafora di una condizione collettiva di oltrepassamento dello stato di povertà per assurgere per un istante a strumento di rivolta, emancipazione dai bisogni, conquista del potere.

http://www.donpasta.com/2012/10/30/la-parmigiana-e-la-rivoluzione/

http://www.facebook.com/pages/Don-Pasta/112328748777331?bookmark_t=page

donpasta
La Parmigiana e la Rivoluzione.
Fritture ed altre pratiche militanti
da febbraio. Stampa Alternativa

8 novembre. Roma. Nuovo Cinema Palazzo

http://www.nuovocinemapalazzo.it/event/don-pasta-la-parmigiana-e-la-rivoluzione/

11 novembre. Paris. New Morning. Festival Poesir.http://www.poesir.org

18 novembre. Toulouse. Bakelite

24/25 novembre. Barcelona. Antic Téatre.

Donpasta prova i suoi nuovi testi sulle fritture, le militanze, la
democrazia a tavola, le resistenze nelle campagne.C’è un legame forte  tra il rock’n’roll e le cucine delle nonne, i Rolling
Stones e la porchetta. Entrambe servono per far festa, per proteggersi
facendo comunità, per resistere al cattivo mangiare e alle aberrazioni del
mondo del cibo.
Per farlo servono fritture, parmigiane, mixer, vinili, vino buono, sorrisi
e tante pratiche di
resistenza.
Donpasta in questi anni è andato in giro a conoscere gente che sapesse far
bene la festa e far da mangiare con passione. Ha trovato e raccolto storie
belle, di gente coraggiosa, ha rubato ricette a nonne e galeotti, le ha
raccontate a bambini e migranti.
Una riflessione filosofica sulla cucina popolare (antitetica alla cucina
dei cuochi VIP e di quella di plastica delle TV), perché le tante pratiche
che si incontrano di resistenza legate al cibo (GAS, progetti in prigione,
vini naturali, etc…) stanno cambiando totalmente il paradigma culturale
legato al cibo.
Cucinare è un atto politico e a tavola la forchetta va sempre messa a
sinistra.