Ce fut une fête pour tout le monde

Oui, Oui, les Français vont sucer!

Dedans son oeil une vertu demeure,
Qui va jurant par les flèches d’Amour
De me guérir ; mais je ne m’en assure.

Com’è bello vincere contro i francesi!
E’ il modo più bello che c’è di vincere la Coppa del Mondo.

Questo penso mentre cammino per le strade di Roma, in mezzo ad un deliro così grande che descriverlo non posso proprio, se non per sprazzi cui la fantasia deve fornire formidabile supporto.
Cammino, dapprima coraggiosamente in macchina, saltando da un carosello all’altro come una pulce felice in un canile.
Sono circondato dai cori, la voce dell’Italia che ha vinto, ed ha vinto alla grande.

La mamma di Zidane è una puttaaaaaaaaa-na
La mamma di Zidane è una puttaaaaaaaaa-na

Ah, com’è bello vincere contro i francesi. Perché sì, loro hanno un formaggio per ogni giorno dell’anno, ma è anche vero che duecento dei loro formaggi hanno tutti lo stesso sapore. E non riusciranno mai a fare una forma di Parmigiano.
Questo penso mentre quel che resta di una Micra, ormai priva di tetto, dipinta tricolore e ripiena di ogni genere di adolescente attraversa il mio campo visivo, cantando.

Pò popò po po poooooo pò
Pò popò po po poooooo pò

Ah, com’è bello vincere contro i francesi. Perché sì, loro hanno lo Champagne, ma è anche vero che dopo una bottiglia di Chianti gli italiani fanno l’amore tutta la notte, e le bollicine non servono a niente, quelle ce l’ha anche la Coca Cola.
Questo penso mentre un pallone si schianta sul cofano piovendo direttamente dal regno dei cieli. Ce ne sono diversi in ogni piazza, che vengono calciati verso le stelle ogni volta che si azzardano a seguire la legge di gravità. Stasera si sta in cielo, palloni, fatevene una ragione.

Il culo di Zidane è chiacchieraaaaaaaa-to
Il culo di Zidane è chiacchieraaaaaaaa-to

Ah, com’è bello vincere contro i francesi. Perché sì, loro fanno le portaerei nucleari, loro fanno i test a Mururoa, loro avevano Napoleone e il sogno di dominare. Noi abbiamo un esercito di merda ed un po’ lo abbiamo sempre avuto, è vero, però, cavolo, i romani il mondo allora conosciuto lo conquistarono tutto, sul serio, Gallia compresa. Asterix, in fondo, è solo una gran rosicata.
Questo penso mentre tento di procedere a piedi, fra autobus assaltati e con gente che balla sul tetto, macchine acchiappate e scosse come enormi lavatrici con somma gioia degli occupanti, ragazze vestite solo con la bandiera e tanta birra da riempirci l’Adriatico.

Volevano vince ma… volevano vince ma…
se so attaccati ar cazzo… se so attaccati ar cazzo…

Ah, com’è bello vincere contro i francesi. Perché sì, la Renault, Alonso, quel che vuoi tu, però, beh, e quando la ripigliate più la Ferrari? Non si può acchiappare il fascino, il mito, la storia, una Twingo resta sempre una Twingo. E ok, i francesi hanno il Tour de France, va bene, ma Coppi e Bartali ce li hanno sempre invidiati.
Questo penso mentre mi accorgo che tutti gli italiani in tutto il mondo in questa notte staranno pensando a quanto è bello essere italiani.
E sì, i francesi, loro sono un po’ più ricchi, un po’ più puliti, un po’ più belli, un po’ più bravi ed un po’ più forti, ok, ma la Gioconda non è loro, e non lo sarà mai.
Il genio è un’altra cosa.
E insomma sì, Zidane, ma vuoi mettere Cannavaro che sorriso che ha? :)

Nun ci avete mancoooooo eeeeeeeer bidé!

Rigorosamente

Oui, Oui, les Français vont sucer!

Son beau poil d’or, et ses sourcils encore
De leurs beautés font vergogner l’Aurore,
Quand au matin elle embellit le jour.

Siamo tutti Rocky Balboa.
Facendo sfoggio della mia sterminata cultura futile spesso mi capita di sorprendermi per come alcune cose, di per sé anche scontate e banali, riescano invece a stupire gli interlocutori. Pochissimi ad esempio sembrano essere a conoscenza del fatto che la sceneggiatura di Rocky sia stata scritta da Sylvester Stallone in persona. Qualcuno dei miei amici in verità si sorprende anche del fatto che Stallone, nel 1979, sapesse scrivere.
Ora, possiamo ironizzare quanto vogliamo sulle capacità scrittorie del nostro, tuttavia i più accorti non possono ignorare un dato di fatto: Stallone, probabilmente per puro caso, in più di una sceneggiatura pugilistica ha carpito il punto della questione italianità.

Cosa differenzia davvero gli italiani?

Cosa li rende popolo? Cos’hanno di davvero proprio, connaturato con i propri natali, intrinseco, intimo?
Cosa non cambia nemmeno se emigrano, se vanno a fare i minatori in Belgio, i muratori a Monaco di Baviera o i pizzaioli a New York?

Cosa?

Ebbene, Stallone lo sa: la risposta è il senso della rivalsa.

E’ un po’ come il senso della storia, ma non di un tipo qualunque di storia. Gli italiani non sono retorici, nazionalisti, orgogliosi, tronfi o altro, no.
No, no, non è il senso della grande storia, quella delle nazioni, delle guerre, degli imperi, dei condottieri, no, figuriamoci, gli italiani non ricordano nemmeno l’anno dell’unità d’Italia, no. Quello che gli italiani sentono è la storia personale, il riscatto, la rivalsa, la rivincita, la scalata alle stelle, il partire dalla polvere per arrivare a baciare in bocca la Madonna.

E’ Rocky che insegue le galline per allenarsi e puzza di fame più di un cane randagio zoppo, è Rocky che suda ed arriva a vincere, contro tutto, contro tutti.

E’ per questo che, sull’uno a uno, appena poggio il culo sul divano, so che la finale andrà ai rigori.

Ed è per questo che, seppur corroso dentro come se avessi trangugiato un bicchiere di bile di drago, so che vinceremo.

Perché il senso della storia, il senso della rivalsa, non può che condurci per mano lì.
Siamo partiti con la coda tra le gambe. I nostri campioni riconosciuti avevano le ginocchia svitate. Le nostre squadre più titolate e prestigiose sull’orlo di finire giustamente scaraventate nel burrone dei campionati inferiori.
Abbiamo cominciato facendo cose indecorose, sudando con il Ghana, pareggiando con gli Stati Uniti.
Ma siamo andati avanti, passo dopo passo, con sempre più gente dietro a sostenerci, sempre più gente dietro a crederci.

Perché noi lo sappiamo che i francesi son più bravi.
Sono un popolo più serio, fanno meglio di noi quasi tutto, i francesi fanno sempre sul serio e se la prendono per ogni minchiata.
Come fai a vincere contro gente così? Ci vuole l’impresa, ed è quello che l’Italia sa fare, proprio quello.
Perché noi lo sappiamo che i francesi son più bravi.
In fondo erano più bravi anche i tedeschi.

Non è importante però, qui si tratta di essere favolosi, non bravi.

E allora rigori.

Tutti dentro, tranne uno. Traversa, fuori.

Voilà.

[Continua]

Ascensore per il paradiso

Oui, Oui, les Français vont sucer!

C’est à mon gré le meilleur de son mieux
Que ce bel oeil, qui jusqu’au coeur me touche,
Dont le beau noeud d’un Scythe plus farouche
Rendrait le coeur courtois et gracieux.

Fantozzi era un documentario.
Abbandonata la macchina alla bell’e meglio mi ritrovo in un cortile in mezzo al vuoto universale più rarefatto. L’aria è satura di telecronaca, i nomi degli eroi risuonano a cantilena,

in

Grosso Cannavaro Grosso

ogni

Gattuso Camoranesi Cannavaro

possibile

Camoranesi Pirlo Totti

combinazione

Totti Totti Toni

come aminoacidi in una catena di dna: sono undici ma quante combinazioni può mettere in fila la lingua di un telecronista? Quante azioni si possono fare?
Infinite, penso, mentre sollevo lo sguardo al cielo ed i palazzi si fanno alti, più alti, sempre più alti, ripiegandosi verso il centro del cortile, immane pianta carnivora pronta ad inghiottire me, moscerino sudaticcio, attirato in quel ventre con l’esca di una finale mondiale.

Caracollando per gradini e colonne raggiungo un ascensore.
Premo il piano, si chiudono le porte.

GOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO…

Tutto trema, le voci di sessanta milioni di persone esplodono all’unisono.

Beh, o abbiamo pareggiato o è il terremoto.

In entrambi i casi essere in ascensore non è proprio una botta di culo.

[Continua]

Il comunismo ghermisce anche la Coppa del Mondo!

Oui, Oui, les Français vont sucer!

Mon Dieu, que j’aime à baiser les beaux yeux
De ma maîtresse, et à tordre en ma bouche
De ses cheveux l’or fin qui s’escarmouche
Si gaiement dessus deux petits cieux !

Domenica, sette e un quarto di sera, la partita si avvicina ed io mi trovo nel posto più pericoloso del pianeta: il Grande Raccordo Anulare.
Centinaia di persone capiscono che stanno per perdersi il calcio d’inizio e decidono, giustamente, che vale la pena mettere a repentaglio la propria vita pur di evitarlo. Furgoni delle consegne di fornai e ristoranti cominciano a zigzagare a centottanta all’ora tagliando la strada alla qualunque. Una Fiat Cinquecento truccatissima, con sotto un marmittone Abarth grosso come un termosifone, mi sibila sulla destra come un cacciabombardiere lanciato verso un danno collaterale.
Ho paura.
Intorno a me nulla si muove a velocità consona, tutti rombano, inchiodano, azzardano, strombazzano. Probabilmente è il mio tempo ad essersi rallentato, come in una sana puntata di Star Trek.
Invece no, cominciano i tamponamenti.
Gente disperata ai bordi della strada non piange per la Porsche ammaccata ma soltanto per il tempo che scorre, inesorabile.
Mi piacerebbe accostare e mettermi la testa fra le ginocchia, piagnucolando. Purtroppo non si può, ogni volta che mi giro di lato le macchine sfrecciano sempre più veloci. Adesso nulla va a meno di duecento all’ora, nemmeno gli scooter. Capisco che andare piano non serve e me ne faccio una ragione, del resto la macchina lenta in questo inferno è solo un inutile e troppo facile bersaglio mobile.
Ci imbottigliamo: se tutti corrono troppo non arriva nessuno, lezione di vita da annotare.
Abbiamo tutti i finestrini aperti, tutti la radio alta, tutti la stessa stazione, tutti la stessa faccia, tutti gli stessi occhi imploranti.

Oh, Dio, mio piccolo Dio, anche se non esisti prendici lo stesso, soffiaci tutti via da questo stradone, liberaci da queste macchine col tuo grosso apriscatole celeste e depositaci sui nostri divani, nelle nostre case, dai nostri amici, dalle nostre famiglie.
Dio, cazzo, falla una cosa utile ogni tanto, via.

Fratelli d’Italia
L’Italia s’è desta,
Dell’elmo di Scipio
S’è cinta la testa.
Dov’è la Vittoria?
Le porga la chioma,
Ché schiava di Roma
Iddio la creò.

Cantiamo tutti, noi tifosi in scatola.
Primi minuti.

Rigore.

Rigore?

Come rigore?

In che senso?

Il padre di famiglia due Audi più in là mi guarda interrogativo. Io gli rispondo allargando lo sguardo nel massimo della sorpresa che riesco ad esprimere. Qualche Panda più avanti una bambina dorme.
Tutto l’ingorgo la invidia.

Per tre nanosecondi il raccordo diventa una sorta di irreale ciambellone bruciato coperto da variopinte pietre preziose.

Poi Zidane segna.

Ripartiamo, adesso tutti vanno piano.

[Continua]

Santo subito

grazie

da La Repubblica online:
L’entusiasmo di Chirac. Il presidente francese Jacques Chirac forse non ha visto la testata. All’Eliseo accoglie il “reprobo” di ritorno da Berlino, con parole a dir poco entusiastiche: “Lei è un virtuoso, un genio del calcio mondiale. Lei è anche anche un uomo di animo nobile, di spirito combattivo. Per questo la Francia la ammira e la ama”.

La tristezza di Zizou. Forse, tanto amore e ammirazione, cancelleranno la tristezza dell’attaccante che, a quanto dice il suo allenatore Domenech, sarebbe quasi sull’orlo di una crisi depressiva: “Zidane è triste, molto triste: non voleva certo finire la sua carriera così”. E poi racconta: “Io non giustifico quello che ha fatto, ma lo capisco, chissà cosa gli ha detto Materazzi. Che poi, grande grosso com’è, si è buttato a terra e ha fatto un sacco di moine. Il vero uomo del match è lui”.

Chirac non e’ proprio il primo della classe, eh?