Democrazia Cretina

“Non abbiamo consegnato l’Italia nelle mani della sinistra e non la consegneremo nelle prossime elezioni”.

Vorrei dire una cosa semplice e chiara al signor Berlusconi, per essere il più limpido possibile la sillaberò:

IM-BE-CIL-LE

Oh.
Fa bene.
Provate anche voi:

IM-BE-CIL-LE

Forza, tutti insieme:

IM-BE-CIL-LE

Bene.
Non preoccupatevi, non c’è diffamazione, un Presidente del Consiglio che rilascia una dichiarazione del genere è indiscutibilmente un imbecille.
Ma spieghiamogli anche perché, è troppo pretendere che un imbecille capisca da solo il perché gli viene dato dell’imbecille.

Signor Berlusconi, l’Italia non è sua. Lei non deve consegnare niente a nessuno visto che niente è nelle sue mani.
Solo perché ha vinto delle elezioni democratiche questo non la autorizza a “difendere” il paese da chi democraticamente partecipa alle elezioni successive. Quando il centrosinistra vincerà lei dovrà levarsi di torno e mettersi l’anima in pace, questa è la democrazia, non quella esplosiva di cui parla col suo amico Bush.

A proposito, carino il siparietto là in America, due leader impopolari, derisi da metà del mondo ed odiati dall’altra metà, che si spalleggiano l’un l’altro. Nella dinamica del dialogo sembravate due tizi di una sessantina di anni fa, uno che invadeva sul serio stati sovrani ed un altro che fingeva di essere suo pari pur avendo alle spalle uno stato scalcinato ed in preda ad una crisi da far tremare le vene ai polsi. Ma in Italia facciamo la lana col latte, in Italia abbiamo idrovolanti velocissimi, in Italia abbiamo auto di lusso, in Italia siamo pieni di telefonini… tutte cazzate, oggi come allora.

Conti fino a cento prima di dire sciocchezze del genere la prossima volta, finché gioca a fare lo statista e si fa le leggi su misura reca un danno modesto al nostro paese, quando però mina le basi dell’alternanza lei non concede alternativa a chi ha le elezioni come unica speranza per liberarsi della sua irritante e deleteria presenza, ergo esaspera un clima di insofferenza e di odio che non conviene a lei per primo.
Ci rifletta, imbecille.

PPP

Ancora Guzzano. Per chi volesse leggere qualcosa di intelligente su Pasolini diverso dalle patetiche incensature bipartisan di questi giorni.

30 anni dopo il Lido di Ostia – il cinema di PIER PAOLO PASOLINI: uno sguardo ALTRO

Quando Pier Paolo Pasolini decide di mettersi a fare anche il regista, in Italia è l’anno del Signore 1960, lui ha quasi 40 anni, vive a Roma ed è fresco del successo di “Una vita violenta” dopo stagioni stentate ma caparbie, fatte di fughe e di squalifiche pisco/politiche che non l’hanno comunque piegato. Di tecnica cinematografica non sa nulla, né molto vorrà mai sapere. Anche quando si piegherà al colore (in “Medea”) e a qualche giochetto più sofisticato con la macchina da presa, si trattò di minime alterazioni dell’ingenuità che egli riteneva necessaria, elementi rilevabili solo per contrasto con il totale disinteresse ‘tecnico’ esercitato fino ad allora. Far seguire all’inquadratura quel minimo di abbecedario che la celluloide richiede fu sempre compito di altri: del suo aiuto Bertolucci, delle troupe che spesso giravano un film canonico e parallelo mentre il regista realizzava in proprio le sue immagini scorazzando con la camera in spalla.
Perché il cinema per Pasolini fu un atto di istinto. Come il marxismo. Una tensione ritenuta indispensabile e giusta verso il lato debole del mondo. (Mamma Roma, a caccia di borghese uguaglianza, non vuole che il figlio se la faccia con i comunisti perché sono ). Il posto giusto, la parte giusta al cui interno operare sfidandone le regole e i conformismi camuffati da rivoluzione (inutile sottolineare quanto entrambi – cinema e Pci – svilupparono ben presto violentissimi anticorpi contro di lui). Fu lo sfociare di una passione che non faceva distinzione tra i canali in cui sentiva di doversi esprimere. Nonché la tentazione di portare all’interno di un’arte codificata le armi di un totale disarmo estetico. Lo stesso vale per la sua lettura del Cristo: una scarnificazione naif della figura e una cancellazione della liturgia che non furono del tutto sgradite al lato progressista del clero di Giovani XXIII.
Dire che Pasolini fosse digiuno di tecnica non vuol dire che per lui il mondo del cinema fosse un pianeta sconosciuto. Lo bazzicava da anni: prima comparsa a Cinecittà, poi collaboratore alle sceneggiature di Soldati, Bolognini e Fellini che l’aveva voluto consulente per la ‘romanità’ dei dialoghi di “Le notti di Cabiria”. Ma non trovò il minimo credito quando mise al servizio dell’imperizia con la macchina da presa le sue impresentabili ispirazioni: il cinema muto, i russi, Chaplin (citato ad ogni angolo), eterni primi piani, salti di tempo e luogo non spiegati, un fritto misto composto da facce prese dalla strada e messe sulla scena ad interpretare se stesse in ambienti essiccati ma su celebri sfondi di musica classica e col rischio di incappare nelle repliche di seducenti opere di quella storia dell’arte che tanto aveva suggestionato Pier Paolo studente universitario. Poi verranno le voci e le facce note, amici intellettuali e adorate dive un po’ in disarmo: la Magnani, la Mangano, la Callas. E’ il lato devoto/glamour di ogni omosessualità.
Il cinema di Pasolini è pura testimonianza e pura pornografia. E non certo nel senso in cui l’intesero i mille processi, sequestri e picchetti su cui sorvoleremo e che ne tormentarono lo sviluppo disonorando la nostra mediocre patria (reazionaria e bigotta, anche lei per istinto. Ma istinto figlio d’ipocrisia). E’ pornografico nell’esibizione stentorea delle bruttezze dei visi, dei sassi, delle discariche, dei casermoni e delle coscienze fino a scovarvi dentro una bellezza sfrondata e perduta, soffocata da un progresso omologante e (è la compassione che manca a Ciprì e Maresco, laddove il peto suona meno necessario che in Pasolini). E’ l’occhio sgranato di un testimone curioso eppure rassegnato che percuote i suoi personaggi alla disperata ricerca dell’aurora del mondo. E’ cinema preistorico: fatto di ossa, cannibalismi, Storie millenarie accostate a storiacce presenti (< ..il percorso dell’uomo non è che memoria cancellata..>), corpi martoriati, interpreti sgrammaticati, assoluto e celebrato senso di morte. Provate a scorrere le trame di Pasolini e vi accorgerete di star percorrendo una via crucis che parte da “Accattone” (ed è bello che a Parigi ci sia un cinema con questo nome), “Mamma Roma” e “La ricotta”, risplende nel “Vangelo secondo Matteo”, passa per i film e i corti con Totò (parolai certo, comizianti ed irrisolti), non risparmia neppure “La trilogia della vita” e sfocia in “Salò” e nella fine stessa dell’uomo/autore: insistite tappe di morte, di creature sghembe che muoiono salutate festosamente dall’idea che solo morendo esse siano finalmente esistite. La fine di se stessi come protesta, come unica possibile rottura, come ‘fanculo al sistema dell’esistenza borghese, che è robaccia tanto scaltra da sapere come inglobare ogni dissenso, ogni grido, ogni critica: ovattando tutto, rispettosa e tollerante.
Dopo aver assistito al “Teorema” per immagini di Pasolini (per il borghese nato tale non c’è redenzione, per gli altri l’unico scampo è estinguersi in qualcosa perché < ..non vi può essere uguaglianza ricevuta, ma solo uguaglianza conquistata>) è difficile evocare complotti dietro ciò che avvenne sulla spiaggia di Ostia. Comunque sia andata vi si compì un epilogo, la sceneggiatura tragica che al suo protagonista sarebbe probabilmente piaciuto scrivere. Sia che Pasolini sia stato solo un artista di talento che fece una tragedia cosmica del suo piangere sulla scomparsa del proprio ideale sessuale (il borgataro/marchettaro non contaminato dal consumismo) come oggi recita parte della critica omosex (Giovanni Dall’Orto in testa); sia che egli sia stato il profeta di un’Italia ancora da svezzare e in perenne dittatura, un paese diviso ed incapace di ascoltare (di tollerare sì, ed è quello il guaio), un cane sciolto che abbaiava al sacro e al profano miscelandone gli orrori e le beatitudini, Pasolini fu uno che credette che l’unico modo per fare la rivoluzione fosse vivere come se la rivoluzione fosse già stata fatta. Tutto il suo cinema, volutamente imperfetto nelle forme e fieramente sovraccarico nelle sostanze (difetti che ne zavorrano oggi la possibilità di essere materia durevole), è lì a provarlo: ostinati tentativi di un’anarchia apocalittica che spezzasse le reni all’omologazione creando un luogo, un tempo, un uomo Altro. Toccata con mano l’impossibilità di ottenere un risultato di estrema rottura almeno a livello culturale, dopo aver peregrinato per l’India e l’Africa alla ricerca di dinamiche più pure, dopo aver rinnegato con dolore quella “Trilogia della vita” in cui il sesso sbocciava naturale e sereno essendo pre-tutto, a Pasolini non rimase che l’estremo graffio indecente, la bomba atomica lanciata contro la perdita di ogni innocenza: quel disturbante “Salò” i cui stessi attori si ribellavano alle sconcezze. Quanta eccitata disperazione nella mano che ci imbandisce la merda in tavola, che tende quei guinzagli, che va a ricercare in Sade (nei Sade di ogni tempo) i perversi figuri che hanno fatto vergogna anche dei bisogni corporali più immediati e necessari, i pilastri di quella che Pasolini finì così di rimpiangere e di sollecitare.

Fonte: www.alessioguzzano.com

Cilma d’ottimismo

L’intervento dell’uomo in africa:

http://www.repubblica.it/popup/servizi/2005/laghi/index.html

Gli ignoranti detrattori delle teorie sull’effetto serra e sull’impatto ambientale dell’uomo guardino queste foto.

Notate bene, questo non è accaduto in 50, 100 anni ma in meno di 20 anni. Nell’arco di vita di un 15 enne l’ambiente è mutato così radicalmente. Fatevi due conti.

Patetici scarti mediatici

Mi scrive tale Marisa Alianti. Nell’oggetto della mail parla di una qualche intervista. Non mi sembra di aver mai sentito il suo nome. Inoltre non ricordo minimamente di essere in attesa di una qualche intervista da un collaboratore esterno alla redazione. Conscio del progressivo ed inesorabile degrado delle mie cellule cerebrali concedo comunque alla Marisa un briciolo di fiducia e mi metto a leggere la mail.
Di seguito il testo, debitamente commentato in grasseto dai miei pensieri contestuali:

Ciao,
ti avevo accennato che sarei andata a quella festa, dove c’erano un po’ di persone dello spettacolo.

Devo essermi davvero rimbecillito, non ricordo assolutamente nulla.

Chi ti ci trovo?
O meglio, con chi
ho avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere?
Con Renato Celli

Chi?

del grande fratello!

E che diavolo c’entra con il cinema?

Lo so, lo so, che non è il genere di programma che ti piace e soprattutto che interessa a te, ma anche io mi sono ricreduta. Abbiamo, me compresa, un’opinione troppo generalizzata al riguardo.

Beh, passiamo al turpiloquio, non sono rimbecillito, sono proprio rincoglionito. La Marisa mi conosce, sa cosa mi interessa e cosa no, sa che opinioni ho e quali sono generalizzate e quali no, stai a vedere che io e la Marisa siamo amici ed io l’ho completamente rimossa dalla mia mente?

Tu sicuramente non hai presente chi è,

In effetti.

io si, perché ho visto come sempre la prima puntata, per la mia curiosità e, poi perché guardando mai dire grande fratello, lo hanno ripreso.. e non passa di certo inosservato con il suo modo di portare i capelli, che ha mantenuto.

Ahhhhhhhh, ok, il fesso con la zazzera forforosa che hanno buttato fuori subito nell’ultima edizione o in quella precedente. Bene, inquadrato il soggetto. E quindi? Io ho preso accordi con una Marisa che non ricordo per un’intervista ad uno buttato fuori in una prima puntata di un qualche grande fratello? E che cavolo avevo bevuto? Tre quarti di idraulico liquido, uno di piscio di cammello ed una spruzzatina di gin?

Non ho potuto parlarci tutta la sera,

Merda, mi spiace, guarda, io se avessi potuto scgliere tra fare quattro chiacchiere con il Mahatma Gandhi tornato in vita per una sera soltanto e l’intrattenermi piacevolmente con uno scartato dal Grande Fratello di certo avrei optato per Renato Celli, giuro.

perché il mio compito lì sai quale era,

Ah, lo so?

ma per quel poco tempo che ho avuto il piacere di trascorrere con lui si è dimostrata una persona veramente disponibile e con la quale è piacevole conversare; sai come la penso, che le cose più interessanti nascono per caso e se non le vedi ti sfuggono… Non pensare che questo mio interesse sia dettato da un mio interesse personale.

Cazzo Marisa, ci conosciamo da una vita, non penserei mai una cosa del genere di te!

Ogni volta che ti propongo una persona interessante di sesso maschile il tuo commento termina sempre con le classiche frasi: non è necessario fargli una intervista per andarci a cena! Vedendolo, direi proprio che te lo vuoi portare a letto e non ti do tutti i torti…. Ecco perché ci tenevi tanto… Non potrò portarmi a letto tutti quelli che conosco… secondo te lui è l’uomo adatto a me.

Marisa, guarda, non so che dirti, cioé, riflettici un istante, secondo me tu meriti di più.

Ti premetto che non è un brutto
ragazzo. Anzi. Se riesco ti allego una sua foto. È molto telegenico.

Eh, vedo, è proprio il fesso che pensavo, quello con i capelli pettinati col tritolo, i peli superflui pure sulle unghie ed una vivace espressione da tagliacarte.

Ti
consiglio di andare a visitare il suo sito per farti un’idea su questo
personaggio: WWW.**************.COM.

Ah, Marisa, se non fossi tu e se non fossimo così amici penserei ad una mail di spamming stupida come una Lecciso ibridata con Flavia Vento.

Qui la bellezza passa in secondo
piano, perché quando le persone per il loro modo d’essere e per le tante idee che hanno portano la tua curiosità non sull’aspetto fisico … c’è materiale per lavorare… So, anche, che non è il settore che tratti, ma secondo me, potresti fare un ottimo lavoro.
Sarebbe carina una sua
intervista … è un vulcano di idee.. mi ha rilasciato la sua disponibilità ad una intervista….sai di quali parlo….

Marisa, io mi occupo di cinema, cazzo, e questo tizio sta al cinema come Costantino Salcazzo e Daniele Salcazzo stanno all’umanità.

Ieri sera è stato
molto misterioso alla domanda cosa farai prossimamente:
- non ti posso
dire gatto se non ce l’ho nel sacco…..
probabilmente tornerà in TV il
prossimo anno…non si sa la rete… ma forse, verrà fuori quella sua esplosività che non è venuta fuori al grande fratello… sicuramente, non farà parte della troupe di BUONA DOMENICA, ma non esclude di poter essere invitato come ospite…

Cavolo, manco lì lo hanno voluto? Guarda che prendono cani, porci, Schifani e Platinette a Buona Domenica, eh!

sicuramente per parlare del possibile programma che andrà a fare… Il mio istinto raramente mi ha deluso e questa volta ti posso dire che è un personaggio che tornando in qualche programma televisivo farà discutere o se vogliono hanno tutto il materiale per farlo… ..non è la Lecciso che per far parlare si è dovuta inventare la storia con Albano, ormai, convieni con me che per alcuni personaggi non si fa altro che parlare di… mi metto con quello/a mi lascio con quello/a Comunque, per questa cosa avevo già parlato con Marta e Paola,

Con Marta chi? E la Paola è quella che dico io? Cioé hai telefonato in Belgio? Merda, devo avere proprio una doppia personalità, Marisa evidentemente vive in una parte della mia vita gestita da un altro me stesso, mi sembra chiaro.

ti chiedo solo una cortesia,

Minchia, Marisa, se posso…

di girare la mail a loro e anche al resto della redazione, magari, c’è qualcuno che ne è interessato.

Ma sicuramente, anzi, adesso la pubblico sul blog redazionale, vedrai quanto saranno interessati i redattori!

Ti domanderai perché ti ho inviato a te la mail, perché anche se sei scettico su certi personaggi a volte ti rendi conto anche tu come me che ce ne sono alcuni al di fuori delle righe e tutto diventa interessante, per te che scrivi e per chi legge.
La foto che ti
allego è stata pubblicata sulle migliori riviste di moda: glamour, mariclaire, cosmopolitan, vero….come noterai da solo ha una forte telegenicità e potrebbe bucare gli schermi…qualora….
È particolarmente
creativo e intraprendente, infatti, è testimonial di un prodotto per capelli di erbavita e testimonial, creativo, designer e produttore di gioielli.

Eh, Marì, io sempre di cinema mi occupo, eh.

Ti consiglio di andare a visitare il suo sito per farti un’
idea su questo personaggio: WWW.**************.COM.

Aridaje, Marì, niente niente io non ti conosco per niente, non sono per nulla impazzito e questa mail è solo un inutile quanto patetico e rivoltante tentativo di far rientrare nel gioco mediatico un poveraccio tanto sfigato da non essere riuscito nemmeno a diventare famoso quanto quel Pasquale della Puglia che dice i proverbi e tutti prendono in giro?

Ti renderai conto
della curiosità e della poliedricità che fa nascere….
Mi ha anche
parlato che va a scuola

Marì, e tu invece niente?

….dicendo che non si finisce mai di studiare….
Per Paola e Marta:
ho fatto quelle domande, fatemi sapere, voi ricordatevi di girare la mail a quelle ragazze: ci tenevano.
Ciao a
tutti.

Marì, non denuncio te e Renato Salcazzo alla Polizia Postale giusto perché mi avete fatto ridere un sacco.

Manganelli

La polizia continua a manganellare senza ritegno: dal G8 in poi pare di essere tornati ai tempi di Tambroni oppure, esempio ancora più calzante, sembra di essere in una qualsiasi banana republic dittatoriale del Sudamerica. Oggi, alla riapertura del processo contro i carnefici della Diaz e di Bolzaneto, era presente uno solo degli imputati. Come si può mostrare una tale arroganza ed un tale spregio delle regole e della legalità? Intanto la spregevole Santanchè mostra il dito agli studenti che manifestano, salvo poi fare una figura da peracottara prima negando di aver fatto quel gesto, poi criticando la stampa tutta che si è permessa di pubblicare la foto incriminante.
La questione è che il fascistoidismo è una piaga ereditaria di lunghissima data e difficilmente sradicabile dalle “forze dell’ordine”. Leggiamo questo passo illuminante e cerchiamo di capire perché le conseguenze del ventennio fascista stanno continuando ancora oggi, l’Italia è una “democrazia” incompiuta e ci troviamo dei vecchi arnesi decrepiti come Mirko Tremaglia fra gli zebedei.

…Il risultato fu che negli anni dal 1945 al 1947 nessuno degli apparati dello Stato fu messo in discussione e non si fece al­cun tentativo per rinnovare l’amministrazione centrale a Ro­ma, grandemente dilatatasi sotto Mussolini. Nessuno degli enti speciali semi-indipendenti creati dal fascismo per interve­nire nel campo dell’assistenza sociale o dell’economia fu sot­toposto a una critica seria, e non si fece alcun passo per modi­ficare il sistema di reclutamento e di carriera dei giudici, ben­ché in questo periodo ministro della Giustizia fosse Togliatti.
Se l’apparato rimase sostanzialmente lo stesso, fu fatto inve­ce qualche tentativo per epurare il personale. L’intera questio­ne dell’epurazione risultò uno dei problemi più scottanti dell’e­poca. Chi aveva combattuto nella Resistenza o aveva sofferto sotto il fascismo pretendeva, con qualche giustificazione, che i membri del regime fascista non sfuggissero a una qualche pu­nizione. D’altro canto, epurare l’amministrazione dai fascisti iscritti significava piu o meno chiuderla, dal momento che la tessera del partito fascista era stata obbligatoria per tutti i fun­zionari statali. L’attività delle commissioni di epurazione riuscì ad abbinare i lati peggiori di questo stato di cose: lasciò liberi alcuni tra i maggiori responsabili del fascismo, incriminando invece il personale dei livelli piu bassi. Questo modo di proce­dere esasperò tutti coloro che erano entrati nell’amministrazio­ne durante il ventennio, poiché vedevano così compromesso il proprio destino in un momento di disoccupazione diffusa.
L’epurazione si risolse in un fallimento completo. La magi­stratura non ne fu minimamente toccata e quando fu il suo turno di giudicare prosciolse quanti piu imputati poté dall’ac­cusa di collaborazione col passato regime. Anche altri settori fondamentali del personale statale rimasero inviolati. Nel 1960 si calcolò che 62 dei 64 prefetti in servizio erano stati funzionari sotto il fascismo. Lo stesso era vero per tutti i 135 questori e per i loro 139 vice. Solo cinque di essi avevano partecipato in qualche modo alla Resistenza.
I dirigenti fascisti furono assolti con formulazioni oltrag­giose. Paolo Grano, capo di stato maggiore di Mussolini du­rante la marcia su Roma, membro del Gran Consiglio e sotto­segretario agli Interni, fu liberato perché il Tribunale fu inca­pace di stabilire un «nesso causale» tra il suo comportamento e la distruzione della democrazia. Renato Ricci fu riconosciu­to non colpevole in quanto la Guardia nazionale di Salò, di cui era stato comandante, fu considerata nient’altro che una forza di polizia interna. Nel giugno 1946 Togliatti promulgò un’amnistia che segnò la fine dell’epurazione. Proposta per motivi umanitari, l’am­nistia sollevò una valanga di critiche. Grazie alle sue norme sfuggirono alla giustizia anche i fascisti torturatori. Venne sta­bilita una distinzione grottesca e disgraziata tra torture «nor­mali» e «sevizie particolarmente efferate». Con questa for­mula i tribunali riuscirono ad assolvere crimini quali lo stupro plurimo di una partigiana, la tortura di alcuni partigiani appe­si al soffitto e presi a calci e pugni come un sacco da pugile, la somministrazione di scariche elettriche sui genitali attraverso i fili di un telefono da campo. Per quest’ultimo caso la Corte di Cassazione stabili che le torture «furono fatte soltanto a scopo intimidatorio e non per bestiale insensibilità come si sa­rebbe dovuto ritenere se tali applicazioni fossero avvenute a mezzo della corrente ordinaria»
Alla fin fine l’unica effettiva epurazione fu quella condotta dai ministri democristiani contro i partigiani e gli antifascisti che erano entrati nell’amministrazione statale subito dopo l’insurrezione nazionale. Lentamente ma con determinazione De Gasperi sostitui tutti i prefetti nominati dal Clnai con funzionari di carriera di propria scelta. E nel 1947-48 il nuovo ministro democristiano degli Interni, Mario Scelba, epurò con sveltezza la polizia dal consistente numero di partigiani che vi erano entrati nell’aprile 1945″.

Paul Ginsborg, Storia d’Italia dal Dopoguerra ad Oggi, pp. 120 – 121, Torino, 1988