Pesci medi

“Io non sono uomo di Berlusconi. Semmai di Marcello Dell’Utri”

Finalmente hanno arrestato Luigi Crespi, ovvero l’inventore del “contratto con gli italiani” e dei manifesti con “meno tasse per tutti”, promessa rimasta come sappiamo sui manifesti soltanto. Personalmente non ho alcun problema a manifestare soddisfazione quando un delinquente pronto a tutto pur di arricchirsi viene giustamente ammanettato. Non ho alcun problema a dire che se mai la giustizia dovesse farcela a superare la tenacia nel delinquere, e nel voler restare impunito, del nostro Presidente del Consiglio io, di certo, mi dimosterei immensamente soddisfatto.
Guarda caso Crespi e Berlusconi hanno, pensa un po’, fortissimi legami.
Ma andiamo per gradi, in Italia non esiste più informazione quindi bisogna essere chiari, chiarissimi, sostituirci ogni volta che possiamo ai media istituzionali ormai ridotti a megafono del Premier e cercare di mantenere lucidità ed amore per la verità. In questo istante ad esempio il TG1 sta dicendo che Luigi Crespi, a lungo dirigente dell’HDC, e’ stato acciuffato dalla Guardia di Finanza con l’accusa di bancarotta fraudolenta. Fin qui tutto bene, la notizia è corretta, peccato che si liquidi così, in pochi istanti, senza spiegare chi diavolo sia davvero questo Crespi e cosa lo leghi a Silvio Gambadilegno.
Strano, molto strano, soprattutto considerando che Crespi, comunista dichiarato fino al 1989, comincia a fare soldi e a perdere dignità proprio come consulente per la comunicazione di Berlusconi, continua poi con Datamedia a fare i sondaggi per il Cavaliere, grazie agli ovvi interventi di quest’ultimo diventa poi con Nexus sondaggista ufficiale di Rai e Presidenza del Consiglio. Sempre forte di così grande appoggio il caro Luigi dimentica di essere un truffatore da quattro soldi e si convince di essere un grande imprenditore, quindi compra Cirm, Directa, World Ricerche, Punto.com, Light planet, Datacontact, Alto Verbano, Dataplanning, Il Nuovo.it, Poster Up, Show Up, Metafora e Mediacomm, cercando di trasformare HDC in una sorta di Mediaset dei sondaggi e della comunicazione, ovvero un monopolista senza praticamente concorrenti completamente asservito a Silvio e di fatto strumento nelle sue mani, utilissimo per falsare le ricerche e manipolare ancora di più l’opinione pubblica.
Bene, facciamo ora la domanda che in Italia nessuno fa mai: dove ha preso Crespi i soldi per mettere insieme tutto questo?
Se qualcuno se lo fosse chiesto per Berlusconi questo oggi sarebbe ancora un paese occidentale, libero e democratico, ma non divaghiamo. Crespi ha preso i soldi dagli amici, come nella migliore tradizione affaristico/mafiosa tanto tipica della Casa delle Libertà. Nel 2001 e nel 2002 fu direttamente Forza Italia a coprire i debiti di Gigetto, in seguito entrò in gioco Gianpiero Fiorani e la sua Bipielle. Come, immagino, a questo punto avrete tutti capito, Fazio non si dimette da Governatore della Banca d’Italia perché non ha alcuna intenzione di passare come l’unico delinquente della comitiva, fatto del resto comprensibile visto il disegno generale. Quale disegno generale? Mio Dio, ma davvero non avete capito nulla? Allora, state attenti:
- Berlusconi vuole il Corriere della Sera
- La Lega vuole tutte le bache del nord nelle mani della Banca Popolare di Lodi di Fiorani, uomo del nord
- Ricucci vuole soldi
- Crespi vuole soldi
- Fazio deve permettere che tutto quanto sembri normale
- Fiorani paga i debiti di Crespi
- Ricucci aiuta Fiorani a comprare banche al Nord
- Ricucci si offre come prestanome di Berlusconi e come per magia tira fuori un sacco di soldi per comprare il Corriere della Sera
- Fazio favorisce Fiorani nelle acquisizioni delle banche
- Silvio è felice

Un piano perfetto, per tutti tranne che per Crespi, unico pesce medio in mezzo a troppi pesci di taglia decisamente superiore.
Silvio decide quindi di sacrificarlo e, sempre sotto l’attenta regia di Fazio, volta le spalle a Crespi e di fatto regala l’HDC alle banche creditrici, quindi a Fiorani.
A marzo l’HDC fallisce, Crespi ingrassa centinai di chili, diventa buddista, rilascia interviste in cui dichiara di avere paura fisica di Previti e, placido, se ne sta buono ad aspettare il destino, ovvero la Guardia di Finanza che bussa alla porta.
E Silvio esce ancora una volta pulito da tutto, alé.

Mio papà fa il cuoco alla Barilla

Sì, ok, ma davvero alla Barilla pensano che gli italiani siano così fresconi?
Nessuno può bersi la storia della Barilla legata alla tradizione, questa fabbrica/famiglia in cui bravi papà fanno i sughi, brave mamme inventano la pasta piccina e bravi figli fanno la sfoglia per le tagliatelle.

Ma via, la Barilla sarà una fabbricona qualunque, come tutte le altre, avrà ciminiere, macchinari, operai tristissimi col lavoro sempre più precario e con sempre meno diritti, inquinerà ed avrà un consiglio d’amministrazione fatto da squali senza scrupoli, come tutte le aziende che si rispettino.

Magari delocalizzerà anche, andando a produrre le castellane in Romania, le Emiliane in Bielorussia, i ditaloni rigati in Polonia e i garganelli in Cina.

Perché cercare di farci bere le storielline familiari melense, eh? Ma chi volete che ci creda?

P.S.
Ho controllato, la Barilla non è una fabbricona qualunque, la Barilla è 29 fabbricone qualunque. E’ il leader mondiale nella produzione di pasta, terzo gruppo europeo nei prodotti da forno, ha stabilimenti in 3 continenti che producono milioni di tonnellate di alimenti ogni anno, consumati in tutto il mondo.
E mio marito fa il cuoco alla Barilla, mio marito fa il sugo con la ricotta, sì, certo, una campagna che sa proprio di sincerità, già.
Del resto dai proprietari del Mulino Bianco, dai tizi che hanno inventato la famiglia perfetta composta da sorridenti statue di cera sterili ed asessuate, potevamo aspettarci qualcosa di diverso?

Il coraggio di non guardarsi in faccia (e di perderla).

Fazio cacciato da Washington. Il governatore della Banca d’Italia ha lasciato in anticipo il Development committee della Banca Mondiale, dopo che Tremonti gli aveva revocato la delega a rappresentare l’Italia. Al suo posto siederà al tavolo rotondo un funzionario del tesoro. Ma c’è di peggio. I due, prima del burrascoso colloquio che ha portato alla rottura, nella giornata di ieri hanno seduto allo stesso tavolo, hanno presieduto entrambi alla conferenza stampa del G7, senza guardarsi in faccia, lasciando che a dividerli ci fosse il direttore generale del tesoro, Vittorio Grilli. Roba da consiglio pastorale d’oratorio, da far tornare in auge una celebre frase di Gaber: “Lo stato peggio che da noi solo l’Uganda”.
Il giorno prima Tremonti, appena ricevuta la rinomina a ministro, incalzato da giornalisti e televisioni, si era mosso come un attore consumato sul palcoscenico, ridendo, scherzando, improvvisando addirittura un’imitazione di Fazio. Roba da perderla, la faccia. Sarò poco originale, ma un comportamento del genere non mi pare esattamente il più indicato per il titolare di un ministero responsabile della gravissima crisi economica che sta attraversando il nostro paese o per un rappresentante di una maggioranza che ha cambiato più ministri degli allenatori dell’Inter nell’era Moratti. Tremonti il “genio”, Tremonti il grande economista, colui che a detta di Berlusconi non andava preso in giro dal Bagaglino perché “ci fa risparmiare un sacco di soldi” è tornato dopo aver già affamato il paese una prima volta, promuovendo riforme folli e finanziarie da pelle d’oca (chi vuol conoscere esattamente cifre e entità di questo sfacelo si legga l’ultimo editoriale di Scalfari su “L’espresso”). Forse, l’imitazione di Guzzanti che ritrae il “genio” intento a giocare a videopoker coi soldi degli italiani, ha una valenza drammaticamente metaforica. Invece, la “patella attaccata allo scoglio”, come scrive il Financial Times, è rientrata in Italia sul Falcon privato, oramai sfiduciato anche dal pilota. Il passo che ci separa da una crisi economica stile Argentina non è poi così lungo, ma in fin dei conti è meglio occupare l’opinione pubblica con altre questioni, tipo un’altra legge truffa o, ancora meglio, Kate Moss che sniffa la cocaina.
Mentre scrivo invece, si sta consumando a 150 metri da casa mia la monumentale “Festa Tricolore”, chissà che qualcuno dei partecipanti non ci regali qualche chicca tipo l’esibizione di Borghezio di qualche giorno fa durante il raduno della Lega a Venezia (“Ci scusiamo coi giornalisti perché l’Imam di Torino non è potuto venire, ma era impegnato a ricevere il calcio in culo che gli ha rifilato la Lega, è tornato a rompere i coglioni in Marocco”); forse solo Gianni Prosperini (uno che sui suoi manifesti elettorali utilizzava lo slogan “Cinesi? No glazie”) potrebbe fare un numero da baraccone di tale genere, staremo a vedere, sempre con fiducia ovviamente.

Illuminazioni

“Sono molto preoccupato da quello che si vede adesso in televisione: non sta svolgendo un ruolo imparziale”.

Prodi a volte ha delle intuizioni davvero geniali.
SVEGLIA, PIRLA!!!
Ma come diavolo possono essere imparziali le televisioni se appartengono tutte al tuo avversario?
E’ come giocare contro il Milan con Iva Zanicchi come arbitro, porca pupazza!
SVEGLIA, PIRLA!!!
E si stupisce pure, se ne accorge ora, dopo che nella scorsa legislatura a Berlusconi fu promesso che il centrosinistra non avrebbe intaccato il suo monopolio, dopo che gli venne permesso di candidarsi pur essendo la sua candidatura illegale in quanto titolare di concessioni pubbliche, dopo che per cinque anni nel centrosinistra nessuno si è preoccupato di fare una legge antitrust seria o di risolvere il conflitto di interessi, dopo che il senatore diessino presidente in questa legislatura della commissione di vigilanza RAI ha permesso le più vergonose censure e epurazioni, dopo essere stati fermi e non aver mosso un dito mentre questo paese diventava una dittatura mediatica in cui non esistono più giornalisti televisivi ma è pieno zeppo di esperti di vini e piatti tipici, dopo tutto questo Prodi si stupisce, poverino.
SVEGLIA, PIRLA!!!
Professore, se per miracolo l’Unione dovesse vincere le prossime elezioni, mi raccomando, lasciamo l’assetto del sistema televisivo esattamente com’è ora, eh, facciamo sempre i diessini e poi stupiamoci.

P.S.
Quando fa così ‘sto pirla mi fa venir voglia di votare Bertinotti alle primarie.

Storace l’Inquisitore

Il Sig. Francesco Storace (continuerò imperterrito a rifiutarmi di usare il disgustoso appellativo di onorevole, per tutti) dopo aver provocato scempi durante la sua presidenza alla Regione Lazio, (quali disavanzo pauroso della sanità, aumento ingiustificato e folle dei dirigenti regionali, occhio di riguardo per le case di cura private) è stato giustamente trombato alle regionali dell’aprile scorso. Ma invece di essere relegato in un cantuccio a meditare ed eventualmente pentirsi, è stato nominato ministro della salute. Ora, compulsate pure Google ma non troverete che uno scarnissimo curriculum vitae del nostro sferico ministro. Non stiamo parlando del ministero per l’esportazione delle banane, la sanità è una cosa importante, a volte è una questione di vita o di morte, c’è di mezzo il diritto ad essere tutti curati nel migliore dei modi e c’è di mezzo la scienza. E il neo ministro inaugura il suo nuovo incarico cercando di riportare in auge la famigerata “cura Di Bella” grazie alla quale alcuni pazienti oncologici ci hanno rimesso le piume, mentre tutti i massimi oncologi italiani sconfessavano dati alla mano quei due farabutti di Di Bella & Son. Storace – scienza non suona bene. Anche Storace da solo non suona molto bene, non è così offensivo quanto dire Calderoli in pubblico, ma siamo in quell’ordine di contumelie.
La mia convinzione è che Storace sia nemico della scienza; vediamo perché. Da qualche tempo Silvio Viale, un ginecologo dell’Ospedale S.Anna di Torino, sta sperimentando su un ristretto numero di volontarie la somministrazione di mefiprestone (seguita dopo qualche giorno da una prostaglandina), noto anche come RU 486 oppure pillola abortiva. Le fiamme dell’inferno si agitano nella mente di alcuni di voi? Ok, me ne frego. La Ru 486 è disponibile in Francia dal 1988 ed ormai in quasi tutta Europa, tranne Irlanda ed Italia (chissà come mai). E’ commercializzata persino negli Stati Uniti.
La pillola a Storace non piace, invia gli ispettori dell’Agenzia del Farmaco a Torino e pretende di sospendere la sperimentazione d’autorità. Ovvio, no? Sostiene che i protocolli non sono corretti quando in realtà tutto è stato condotto con il massimo scrupolo e la massima attenzione per la salute delle donne coinvolte. In pratica pone un diktat, come questo governo è abituato a fare da quasi cinque anni, senza tenere conto che negli altri paesi circa il 50% degli aborti sono indotti farmacologicamente. Ma lui senz’altro è un profondo conoscitore delle donne, soprattutto quelle che remunera. Per fortuna Silvio Viale e Mercedes Bresso, presidente della Regione Piemonte, sono persone progressiste e combattive, non si incurvano come un Vespa qualsiasi e annunciano che la sperimentazione continuerà. Che a Storace piaccia o no.
Partiamo dal dato di fatto che la legge 194 è ancora legge, quindi è consentito abortire nei termini previsti; perché continuare ad infliggere una inquisitoria sofferenza ad una donna che ha deciso di abortire? Perché non rendere le cose più umane e civili, come nei paesi civili avviene? No. La donna che abortisce deve essere punita. Questa è l’idea che circola nella testa di Storace appena sotto il livello della coscienza. Intanto continueranno i viaggi carbonari in Svizzera e in Francia di donne che come spacciatrici di ecstasy cercano di procurarsi il Mifegyne (questo il nome commerciale dell’ RU 486 che comunque va usato sotto stretto controllo medico), e chi non può permettersi di viaggiare continua con il vecchio, traumatico metodo degno di un paese che ha in odio il progresso e la civiltà.

Malati terminali

Bene, un altro ministro dell’economia se ne va. Il povero Siniscalco, professore un tempo rispettato, proprio non ce l’ha fatta. Ripetere le frottole scritte dal Cavaliere e da Tremonti di fronte agli esperti del Fondo Monetario Internazionale e perdere definitivamente ogni traccia di residua credibilità era un sacrificio che proprio non gli si poteva chiedere.
Se ne va Siniscalco, tristemente, e forse maledice un po’ il giorno in cui ha dato retta a questa banda di delinquenti pallonari che ci ritroviamo come governo.
Lo avevano mandato là assieme a Fazio, un uomo tanto cattolico quanto innamorato del potere, cose che normalmente dovrebbero essere in contraddizione, anche se ormai nessuno fa più notare piccole discrepanze come questa.
Là con Fazio, un uomo che non si dimette nemmeno se gli rapisci i nipotini e minacci di darli in pasto a Mike Bongiorno.
Beh, il povero Siniscalco non ce l’ha fatta.

Al suo posto questo governo-zombie vuole innestare un altro pezzo di cadavere, due le ipotesi:
- Interim a Berlusconi, ovvero fare ministro dell’economia un tizio che è convinto che sia giusto non pagare le tasse
- Incarico a Tremonti, ovvero fare ministro dell’economia un tizio che è convinto che si possano vendere le spiagge

Ora, dico, Ciampi, stacchiamo la spina o no?

Ciao Siny, quel niente di dignatà rimasta sul tuo petto, quasi come briciola di una rustichella consumata rapidamente all’autogrill, ti è stata fatale.

P.S.

Se il presidente del Consiglio sfiducia Antonio Fazio, Tremonti sarà il nuovo ministro dell’economia“.
Secondo me Fini beve.
Non si spiega altrimenti. AN odia Tremonti, stavano quasi facendo cadere il governo pur di toglierselo dai piedi e adesso danno una mano per rimetterlo in sella?
Quello beve, sul serio.

Perché Margherita è dolce, perché Margherita è vera

L’articolo su Repubblica

Rutelli. Paternalismo ora e sempre.
Ecco cosa ci si deve aspettare da chi vuole riformare la DC in Italia. Nient’altro che un atteggiamento populista e paternalista. I cattolici sanno e hanno sempre saputo cosa e’ meglio per tutt*. E lo dicono. Giudicano. Danno i voti. Se dissenti diventi una sovversiva, un’estremista, anzi se donna diventi una cretina che non sa che cosa significa crescere figli e occuparsi del focolare. Se uomo sei estremista e sovversivo. Forse pure finocchio. O miscredente. Magari filo arabo. Hanno le tasche piene di etichette, i cattolici, e le applicano prontamente. Ed ecco Rutelli, il piacione, in una lettera a la repubblica difendere il diritto di opionione e fare la parte del martire. Rutelli, il piacione, dice che ai tempi dei referenda sulla fecondazione assistita e’ stato attaccato e invece l’Italia la pensava come la Margherita. Ora di nuovo, non si puo’ parlare male dei pacs e delle unioni gay, ma di fatto sono incostituzionali perche’ alla base della famiglia c’e’ il matrimonio. Ora, siamo seri, uno che e’ sposato con quel relitto intellettuale della Palombelli, puo’ mai dire a qualcuno con chi deve o non deve sposarsi? Eh? Utile come l’appendiabiti per i gatti, simpatica come una malattia infettiva, efficace come un farmaco scaduto, la palombelli e’ dai tempi del mitico Cuore che viene bellamente derisa per i suoi articoli sull’inserto de La repubblica. Articoli in cui descriveva le cene a casa propria e i dettagli di bon ton. La giornalista. Ecco, Rutelli, tu hai sposato la Palombelli e lei ha sposato te che hai quella faccia. Vi si puo’ deridere, di sicuro. Ma nessuno viene a dirvi che siete incostituzionali. Come nessuno, nel caso in cui si dia modo di dare una tutela legale alle coppie gay, verra’ a dirvi che dovete divorziare per unirvi con persone del vostro stesso sesso. Anche perche’ altri sfigati che vi sposano difficilmente li reclutereste.

E ci mancava pure Ruini…

Si vede proprio che la campagna elettorale e’ cominciata e si vede ancora meglio da che parte si schierano le gerarchie ecclesiastiche (se ancora vi fosse dubbio!!!). Dopo una settimana di polemiche (partite da un articolo del “vaticanissimo” Osservatore Romano) sulla questione PACS, ci si mette anche il cardinale Ruini, che “consiglia” dall’alto della sua infallibile saggezza al centrosinistra di abbandonare la malsana idea dei PACS (e via con la solita solfa dello svilimento della famiglia tradizionale…). Alla faccia della laicita’ dello stato italiano, subito come pecoroni gli fanno eco i rutelliani della margherita con proposte alternative, per evitare alla fine il pericolo non esplicitamente dichiarato, di dare qualche striminzito diritto alle coppie omosessuali! Perche’ poi, diciamocelo, il problema alla fine sta li’!!!Nessun diritto agli invertiti (cosi’ chiamati da Andreotti), evitare relazioni contronatura (parole da quel gentlemen del ministro Calderoli)! Che paese di MERDA!!!! Consoliamoci con la nuova Miss Italia, Efelda!!!

Clarisse in paradiso

Facciamo un gioco, io vi dico un nome e voi mi dite chi è, ok?
Il nome è: Lorena Bianchetti.

Niente? Non vi viene proprio niente?

Vi aiuto. Questo è il curriculum:

FORMAZIONE:
- 1989-92 lezioni di recitazione, canto e dizione
- 1989 attestato di danza classica e moderna presso la scuola ‘Studio Uno’ di Enzo Paolo Turchi

CINEMA:
- 2003 “LA MIA VITA A STELLE E STRISCE” di Massimo Ceccherini
- 1995 “PREGO” di David Murray

FICTION TV:
- 2004 “CARABINIERI 3″ (Canale 5)
- 1988 “UNA LEPRE CON LA FACCIA DA BAMBINA” (Raiuno)

TELEVISIONE:
- 2005 “FAMILY FEST” (Raiuno) – In Mondovisione
- 1999\2005 “A SUA IMMAGINE” (Raiuno)
- 2002 “ITALIA IN BICICLETTA” (Raitre)
- 1999 “SPECIALE RAI INTERNATIONAL” (Rai) con Renzo Arbore
- 1998 “LA CORRIDA” (Canale 5) con Corrado
- 1992 “PIACERE RAIUNO” – “CANALE VIAGGI”

PUBBLICITA’:
- 1999 “Play-station”
- 1997 “Opel Corsa” regia Spike Lee
- 1993-1994 “Veroni” – “Lines” – “Kinder Bueno”
- 1992 “Rovagnati” – “Champagne PR”
- 1991 “Clear” regia Francesca Archibugi
- 1990 “Mondiali di calcio ‘90″
- 1990 “Jolly Colombani”

Notevole per una che ha solo trent’anni, no?
Ancora niente?

Va bene, cerco di farvelo capire. Lorena è quella tizia che ha condotto per un sacco di anni quel programma per ciellini che spunta ogni tanto in giro per la RAI, quella finestra sul mondo dell’integralismo cattolico sottolineata dal pescetto stilizzato in un angolo dello schermo. Attualmente la conduzione è passata ad un tizio dal volto e dai modi tanto angelici quanto inquietanti, me lo immagino mentre pulisce pesci aprendone il ventre con le forbici da cucina e rimanendo inspiegabilmente lindo e sorridente, forse nemmeno sfiorato dal tanfo. Ma non perdiamoci in chiacchiere e concentriamoci su Lorena.
Lorena mi ha colpito fin dalla prima volta in cui l’ho vista sullo schermo, adesso cercherò di spiegarvi il perché. Prima della guerra fra Comunione e Liberazione e l’Azione Cattolica, guerra che come tutti sanno decretò la scomparsa della seconda organizzazione e l’assurgere della prima a braccio armato della teocrazia all’interno dello stato sedicente laico, esistevano, nel mio come in tantissimi paeselli d’Italia, delle piccole sale, solitamente dotate delle classiche esche per discoli (calcio balilla, ping pong, freccette ed altri svaghi non peccaminosi), utilizzate dal clero locale per cercare di corrompere le ultime irriducibili giovani menti libere ed atee ancora in giro per le strade.
I preti cercavano di attirarci all’interno delle salette dell’Azione Cattolica promettendoci vacanze in montagne d’estate, noi piccoli comunisti, pur con una certa spavalderia e sempre pronti a sottolineare la nostra diversità, accettavamo essenzialmente per un motivo: le ragazze.
Ah, le piccole, tenere, curiose, finte clarisse, costrette fin da bambine a vestirsi in modo noioso, giocare in modo noioso, amare in modo noioso.
Sempre brave, sempre pulite, sempre compite, sempre così lontane da ogni possibile eccesso. Ah, che buon odore avevano.
Fosse stato per noi, in assenza di vigilanza togata, probabilmente le avremmo sbranate.
C’era una strana attrazione, puro magnetismo sociale, fra le signorine bene e noi luridi briganti di strada, fra loro che dicevano di non aver mai baciato e noi che volevamo toccargli le tette, fra loro che non entravano quasi mai al bar e noi che ogni sera eravamo ciucchi persi, fra noi che ridevamo spesso e loro che no.
Quelle ragazze, o almeno quelle interessanti tra loro, quelle per cui ci facevamo acchiappare dai preti, avevano tanta voglia di capire questo nostro mondo barbone, gliel’avevano sempre raccontato come sbagliato eppure, beh, noi non si stava mica tanto male, anzi.
Quelle ragazze volevano sporcarsi un po’ e noi, diciamocelo, noi eravamo decisamente luridi.

Bene, immagino non ci sia bisogno di dirvi che Lorena è chiaramente una di quelle ragazze, una clarissa cresciuta che ha preso il suo posto nel mondo, esattamente là dove babbo e mamma la volevano, luce dei loro occhi, quant’è bella là in televisione, lo so che si commuovono ancora ogni volta che la vedono.
Così come so che Lorena dentro bolle.
Lorena è un vulcano che i suoi telespettatori papaboys non immaginano nemmeno, è una che potrebbe buttarsi col paracadute, pestare una rivale scorretta, Lorena è una che potrebbe scolarsi dieci cuba libre di fila e poi far l’amore una notte intera, una che è troppo educata per tutto questo ma… attenti.

Per l’appunto oggi accendo la tv e la rivedo, e scopro che… Lorena è una che ha accettato di condurre “Al posto tuo”, ovvero la faccia più deteriore della tv odierna.
Un postaccio in cui si parla di sesso, tradimento, gay, lesbiche, lupi mannari e tarantelle varie, un programma così finto da avere attori che fingono di essere persone vere ma lo dichiarano, sperando così di poter far passare per vere almeno le storie, scritte invece palesemente per scandalizzare il popolo benpensante.
E lei, lei là… che finge di essere ancora quella brava, col suo trucco pesante a farle le solite gote rosate, simulazione di perenne turbamento, sempiterno imbarazzo, costretta nelle sue espressioni da severa moralizzatrice, paladina dell’amore vero e virginale, trentenne sì ma già in menopausa, asettica, piena di virtù ma priva di pulsioni.
Lorena, dai, stai facendo “Al posto tuo”, eh, il programma in cui la D’Eusanio diede fama nazionale alla t-shirt con su scritto “Dalla non è un cantante, è un consiglio!”.
Lorena, volevi tanto sporcarti un po’, eh? Lasciati andare, fidati.

(Lo dicevo io).