Archivi categoria: Musica

Sapete cos’è la musica? E’ quando l’aria fa l’amore con le cose e le parole

LACRIME DI GIULIETTA

Riceviamo e pubblichiamo:

Quando ho visto il servizio in un qualche telegiornale mi era parso di aver già sentito la storia da qualche parte… era nella mia casella mail. ndr

LACRIME DI GIULIETTA

con oltre 470 mila visite in quattro settimane
il brano del compositore torinese Matteo Negrin
spopola su YouTube con un video d’animazione a tema ambientale prodotto in casa

Un progetto interessante che mescola un grande talento musicale, un video estremamente poetico e a basso costo di realizzazione, un disco prodotto per la net label Sounday che coinvolge musicisti, attori e abitanti del quartiere San Salvario di Torino, la città in cui l’autore vive. Le basi per suscitare curiosità di certo non mancano, ma l’esplosivo e istantaneo boom di visite su YouTube in seguito alla pubblicazione del video MUSIC PAINTING – MATTEO NEGRIN: GLOCAL SOUND era difficile da prevedere.

Lacrime di Giulietta è il titolo del brano che supporta il video ed è estratto dall’ultima fatica discografica del chitarrista e compositore torinese Matteo Negrin: Glocal Sound, un lavoro corale e autoprodotto in cui – come dichiara lo stesso artista – “Ho messo idealmente il pianoforte di casa mia al centro di San Salvario, facendolo dialogare con tutto quello che gli si muove intorno.” Il risultato rispecchia appieno le variegate culture del quartiere meticcio, simbolo della Torino più creativa e multietnica, focolaio che si conferma gravido di piccole grandi idee.

Le mani dell’artista Alice Ninni disegnano a tempo intorno alle note automobili e alberi, gru e nuvole accompagnando il suono in maniera straordinariamente coerente e mai didascalica scrivendo e dipingendo messaggi sul risparmio energetico e in difesa dell’ambiente.

“Non me l’aspettavo – afferma Negrin – il video è nato come primo esperimento di animazione su pentagramma, dal momento che non mi risultano precedenti applicazioni del genere “music painting”. Sulla base del brano e di un mio soggetto, mi sono rivolto ai giovanissimi amici di Lab, ovvero Luca Cattaneo, Alberto Filippini e Alice Ninni. Ne è venuto fuori uno storyboard steso su un foglio unico, lungo 12 metri. Su quello abbiamo girato 15 ore di immagini, che poi sono state selezionate e sincronizzate per dare vita ai tre minuti e mezzo di clip che tutto il mondo sta apprezzando”. Il successo è sicuramente effetto di un’efficace passaparola che ha incuriosito anche l’Asia e gli Stati Uniti, luoghi in cui l’arte del “music painting”, la pittura legata all’espressione sonora su cui si basa il video, è seguita con notevole interesse.

Matteo Negrin (Torino, 1974) chitarrista, autore, pianista e compositore, nel 1999 incide il primo CD a proprio nome: Tre storie per la casa discografica Jazz Mobile Records. L’anno successivo vince la Biennale dei giovani artisti dell’Europa e del Mediterraneo. Sempre a suo nome, nel 2000, pubblica per la UTET il CD Impressioni e paesaggi. E’ del 2001 il CD Notturno per la casa discografica MAP nella collana Nausicaa’s Garden. Sempre nel 2001 vince il Premio Grinzane Cavour 2001, nella sezione Parole e Musica, con lo spettacolo Canti d’Oriente e d’Occidente tratto dall’omonimo romanzo del poeta Giuseppe Conte. Negli anni successivi incide una dozzina di album come side-man, fino alle ultime due sortite discografiche: Jouer Sans Frontières (2008, Dodicilune Edizioni) e Glocal Sound (Sounday, 2010).
È co-autore, con il cantautore Federico Sirianni e il poeta Guido Catalano, del fortunato varietà Il Grande Fresco, che vanta centinaia di repliche in tutta la penisola italiana. Di notevole interesse l’interazione tra musica e video in una fattiva collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema. Da alcuni anni è docente di chitarra presso il Centro Jazz Torino. Sono numerose le tournèe come leader o side-man dal teatro Baretti del quartiere San Salvario di Torino dove è nato al Simphony Space di Broadway a New York.

Il nuovo video dei Mambassa: Nostalgia del futuro

Riceviamo e volentieri pubblichiamo il seguente comunicato stampa, ci è piaciuta molto l’idea che, in qualche modo, ai trentenni (quasi quarantenni) di oggi sia stato rubato il futuro da una troppo ingorda e avida generazione precedente:

IL NUOVO VIDEO DEI MAMBASSA

“NOSTALGIA DEL FUTURO”

La generazione dei trentenni ha vissuto l’infanzia nella bambagia foderata di promesse degli anni ‘80, quando tutto sembrava possibile. Poi sono cresciuti e quando è toccato a loro prendere in mano il paese, si sono accorti che quel tutto sembrava possibile era solo uno slogan vuoto: la generazione precedente aveva sperperato il patrimonio culturale, economico, ambientale del paese e non c’era altro ad attenderli che un presente scosceso e compromesso. La nostalgia del futuro è proprio la consapevolezza struggente di tutto ciò che non potrai mai più avere, quando realizzi che ti è stato sottratto con l’inganno. I Mambassa traducono questo sentimento in una ballad incalzante, malinconica e potente, e in liriche visive, cinematografiche. Lorenzo Vignolo, grande firma del clip musicale in Italia, ambienta il video in una festa languida, un po’ sulla falsariga del karaoke party di Lost in translation. Qui, al posto della Johansson c’è una radiosa Ana Caterina Morariu – al primo video musicale della sua carriera -, che porge il microfono a Stefano Sardo, cantante dei Mambassa e sceneggiatore (La doppia ora), per un’esibizione acustica a beneficio di una festa che non si cura di lui (“sai la gente pensa a noi meno di quanto crediamo”). Tra le facce al party quelle di giovani registi e sceneggiatori tra cui Giuseppe Gagliardi (Tatanka), Isabella Aguilar (Dieci Inverni), Ludovica Rampoldi (Il gioiellino), Michele Pellegrini (Non pensarci)…
NOSTALGIA DEL FUTURO
Con ANA CATERINA MORARIU

E con l’amichevole partecipazione di:
(in ordine alfabetico)
Isabella Aguilar, Serena Alfieri, Laura Buffoni, Peppe Cammarata, Elisabetta Curcio, Valentina Gaia, Giuseppe Gagliardi, Massimo Galimberti, Laura Lamanda, Valentina Leotta, Nicola Lusuardi, Davide Minnella, Valeria Morichi, Marilù Paguni, Michele Pellegrini, Filomena Pucci, Ludovica Rampoldi, Francesca Ritrovato, Emanuele Scaringi, Giorgia Sinicorni, Giorgia Villa…

Cast tecnico
Regia: Lorenzo Vignolo
Fotografia: Vladan Radovic
Produzione: Ines Vasiljevic
Montaggio: Larry Wine c/o Fake Factory
Scenografia: Paki Meduri
Coreografia: Miriam Centanin
Sonoro in presa diretta: Andrea Bergesio
Un ringraziamento particolare a D-Vison, e Fake Factory

Per la gioia di Stefano

Dopo il mio interessamento coprofago per Fabri Fibra, folgorato dalla segnalazione del nostro putto redazionale, mi dedico alla riscoperta di casi umani dimenticati:

Ve la ricordate la straordinaria canzone “Un Lorenzo c’è già”?
Di chi era? Ma di sua simpatia…

DJ Flash

Sentiamo cosa dice il nostro di se stesso:

Vero nome Alessandro De Francesca è nato in calabria 29 anni fa.
Ora vive da anni a Milano, si considera cittadino del mondo, ogni tre settimane vola a New York e durante gli altri week-end, quando non lavora si sposta nelle grandi capitali europee alla ricerca di suoni e dischi… e soprattutto a conoscere gente nuova.
Non ha finito l’università, ha abbandonato ad un passo dalla laurea in lingue, comunque parla benissimo inglese, francese e spagnolo…

Si presenta con un look sofisticato, pur sembrando da strada, vintage street style, ama le filosofie orientali e le arti marziali.
Nel’93 s’aggiudica il primo posto alla competizione italiana di scratch.
Produce e scrive canzoni r’n’b in inglese, nel ‘94 ha venduto più di 40.000 copie del singolo “Un Lorenzo c’è già”, collabora con Jauice Robinson cantante degli Snap.

E’ in uscita il suo nuovo album con singolo “Little Italy Style” Suona R’n’b, hip hop, black music con base soul.
Ha lavorato nei club più prestigiosi in Italia e all’estero, dal Ragno d’Oro al Casablanca, al Toqueville e all’Old Fashion di (Milano), al Beach Club e al Coconuts a Rimini, West Garda Marina e al Fura di Desenzano, al Divinae Follie di Bisceglie (Ba), al Low Loud di New York.

Attualmente lavora all’ Armani privè di Milano al G. Lounge di Milano ogni domenica sera. Si è occupato della selezione musicale alle ultime tre sfilate e party di Dirk Bikkemberg, alle sue serate non mancano mai vip, del mondo della moda e della musica internazionale…Qualche nome? Fiorello, Armani, Fernanda Lessa, Craig David, Marco Maccarini, paola & Chiara… Ha un debole per un pezzo con cui comincia sempre i suoi dj set denominati Full Flava ed è Paid in Full di Rakin and Eric B.

Ci sono taluni figuri in giro per Milano che fanno montare in me una profondissima tenerezza, scarti della storia, reietti del tempo , superstiti che si ostinano ad inscenare una parodia ingrassata di tempi a loro più congeniali. Mezza Milano negli anni novanta non si era accorta che gli anni ottanta erano finiti. C’è gente che non si sveglierà mai dal Drive In, dalla Milano da bere e dal mondo fatto di passarelle e vip.
Qualche nome? Marco Maccarini… mica cazzi.

Antistaminici

Siccome tutti, ma proprio tutti pubblicano mix cd, perfino Ruini che, con lo pseudonimo di DJ Ruin, ha dato alle stampe un mix cd di Hi-NRG e gay disco, compilato con una rara intelligenza filologica, fra l’altro (e questo dà da pensare) e siccome la Natura nei suoi imperscrutabili esperimenti ha permesso l’esistenza di favella là dove essa non avrebbe dovuto essere (vedi casi molto famosi, ma vedi anche il caso umano di Fibra, in cui l’accoppiamento favella/volto ha dato esito raccapricciante), ho deciso di espormi e sbizzarrirmi, quindi pubblico il contenuto, ma il cd (doppio) ve lo costruite voi con la balsa e il bostik. Nu volevon savuar a tutti.

Yang

1. Erast: Influtusa [Laboratory Instinct]
2. Wacker & Zittrich: Consumenta [Meerestief]
3. Cosmic Sandwich: Man in a Box (André Kraml Remix) [My Best Friend]
4. Troy Pierce: 25 Bitches (Gaiser’s Too Many Bitches Remix) [Minus]
5. Alter Ego: Daktari [Klang]
6. Swoop: Superlicious (The Hacker Remix) [Craft Music]
7. Ellen Allien: Magma (Modeselektor Mix) [Bpitch Control]
8. Tekel: Creteil Connexion [Initial Cuts]
9. Kiki: The End of the World (Remix) [Bpitch Control]
10. Model 500: No UFO’s (Juan Atkins Remix) [R & S]
11. Hell and Anthony Rother: German Bodymachine [Datapunk]
12. Neon: Lobotomy (Ajello Remix) [Mantra Vibes]
13. Margot Meets The Melody Maker: Torch (Main Mix) [Great Stuff]
14. Neil Landstrumm: She’s Lost Control [Scandinavia]

Yin

1. Mylo: Muscle Car (Tiga Remix) [Breastfed]
2. Gucci Soundsystem: Acarpenter [Bugged Out]
3. Goldfrapp: Slide In (DFA Remix) [Mute]
4. Christopher and Raphael Just: Popper (Discotown Mix) [Combination]
5. Soulwax: NY Lipps [Play It Again Sam]
6. In Flagranti: Just Gazing [Kill the DJ]
7. Japan: Quiet Life (12” version) [Hansa]
8. Playgroup: Make it Happen (Ewan Pearson Mix) [Playgroup]
9. Daggers: Daggers Across the Disco [Discograph]
10. Telex: Moskow Diskow (Ben Liebrand Transsiberia Mix) [SSR]
11. Nitzer Ebb: Control I’m Here (Strategic Dancefloor Initiative Mix) [Mute]
12. David Carretta: Te Quiero Mi Amor [International Deejays Gigolo]
13. Oliver Huntemann: Bastard [Confused]
14. Playgroup: Behind The Wheel (DJ Kicks Electroclash Mix) [K7]

La fibra aiuta la deiezione, giusto?

Ammirate questo lampante imbecille. Ora, io ho purtroppo il fondato sospetto che questo simpaticone stià lì lì per diventarmi famoso e, francamente, ritengo sia mio dovere cominciare a sbeffeggiarlo fin da subito, così, giusto per fare da pesce pilota una volta di più.

Il disco di questo tizio, spintissimo in tv e sulle radio, senza alcun motivo di carattere artistico essendo di rara quanto stupefacente banalità, chiamasi: Tradimento.

Andiamo a fare l’analisi di un pezzo di testo. Una canzone intera non ce l’ho fatta, mi sembrava di leggere una sfilza infinita di quegli sms che mandano i ragazzini ai programmi tv per vederli scorrere in video.

Titolo: Applausi per Fibra

Ecco, già uno che al primo disco noto mette il suo nome nel titolo di una canzone ha bisogno di una bella ridimensionata all’ego, altrimenti fra vent’anni mi diventa un profeta dell’ombelico come Jovanotti.

Oh io non capisco perche’,
ma ogni periodo c’e’qualcuno che se viene fuori dicendo che io sono morto ha ha ha ha,
raga applausi!

Eh? Ma che cacchio ha detto?

Applausi per Fibra Fibra Fibra Fibra Fibra,
applausi applausi applausi per Fibra…

Ma applausi per cosa? Perché scrivi come uno che non ha finito le elementari?

Io mangiavo lucertole aperte da ragazzino
tornavo a casa e vomitavo in mezzo al giardino
non ho mai smesso un giorno di fantasticare,
non ho mai fatto grandi successi in generale,
guardando gli altri mi sembravano cosi’ lontani,
chiedendomi se a casa loro volassero i divani!
L’ultima volta che mio padre e’ andato a letto con mia madre
prese a calci una parete e in testa gli cadde una trave,
e mio fratello che mi chiese quanto fosse grave,
fatto sta che litigando si divisero le strade,
anche se restano le urla e rimangono le grida,
per casa, per strada raga…

Ok, non hai mai combinato un cazzo nella vita e tuo padre invece di cercare di raddrizzarti la schiena picchiava nei muri ma, assodato questo, perché all’improvviso qualcuno ha deciso di far diventare famoso un cippo sbreccato come te?

Gianni Mocchetti “Beta”

Quello che colpisce subito, sfogliando il libretto verde acido di questo “Beta”, sono le tre foto in bianco e nero, epoca inizio anni settanta. Queste foto ritraggono un gruppo musicale formato da cinque persone tra cui spicca un giovane ragazzo urlante le cui caratteristiche sono un naso alquanto pronunciato e un costumino a righe alquanto improponibile e, sì, il ragazzo in questione (alle prese inoltre con quello che sembra essere un tubo di gomma di warholiana memoria) è proprio lui: Franco Battiato.
Il gruppo quindi è la Battiato Pollution, come si apprende sempre dalle note interne del libretto, probabilmente la prima band seria con cui il Battiato nazionale ha mosso i suoi primi passi nel campo musicale e, dato che quello è dai più considerato il periodo “sperimentale” di Battiato, la musica suonata doveva essere abbastanza ostica.
Chi scrive a questo punto non può che confessare che all’epoca di queste sperimentali et ostiche gesta era troppo piccolo per goderne e anzi, a dirla tutta, non era proprio nato, quindi si trova in effetti impossibilitato a scrivere una recensione completa, e cioè a giudicare questo lavoro “moderno” in rapporto al lavoro originale degli anni settanta, farà quindi del suo meglio basando il suo giudizio (ma meglio dire “la sua opinione”) solo sull’ascolto attento di questo unico progetto quindi, progetto revivalistico o d’omaggio che dir si voglia.

Dal punto di vista dell’ascolto (ma anche della grafica, basta dare un’occhiata alle foto di cui sopra) invece quello che colpisce subito è l’“ibridazione” di questo disco, non solo perché temporalmente sospeso tra gli anni settanta e gli anni duemila, ma anche perché questa è musica che nasce come concerto e finisce come prodotto “rifinito” in studio.
È lo stesso promotore del progetto Gianni Mocchetti, originariamente bassista della suddetta Battiato Pollution, a rivelare che a quello che è stato suonato dal vivo sono stati aggiunti degli effetti sonori (“magheggi”, li definisce) ed è stata fatta qualche sovraincisione: è da apprezzare quindi la sua sincerità, considerando che band molto più famose tendono a correggere gli errori dei loro concerti venduti a caro prezzo nei negozi di cd senza dire nulla.
Le canzoni, in genere, non vanno oltre un certo pop progressivo che si sentiva negli anni settanta appunto, pop accostabile anche a certe cose di Battisti talvolta, e forse anche a qualche San Remo dei tempi andati (tempi migliori sicuramente), addirittura in certe parti queste canzoni sono più pop di un certo Battiato moderno. Insomma, a mio modesto parere, niente di così tanto “sperimentale” e sconvolgente, tuttavia grazie a suoni puliti e ben prodotti e al gusto degli arrangiamenti il disco scorre bene, senza annoiare.
Se proprio si vuole trovare qualcosa di “sperimentale” in questo disco, allora bisogna cercare nell’uso di certe voci, in qualche “magheggio” produttivo, ma soprattutto nei testi che spesso si presentano scientifici, visionari, criptici nella migliore tradizione battiatiana.

In conclusione, visto il suo innegabile essere di nicchia, forse a non tutti piacerà questo disco ed è naturale che sia così, ma è sicuro che lì fuori ci sono anche un sacco di nostalgici che quegli anni li hanno vissuti veramente e saranno ben felici di apprezzare il lavoro “beta” (ci sarà un’altra versione?) di Mocchetti.
Questo disco è per loro.

Anti What?

Basta! E che sono questi festeggiamenti sottotono? Danze, danze selvatiche, aborigene, viscerali. Un pugno di tracce electro senza fronzoli, secca e bastarda, anfetaminica e catartica, introdotto da un preludio minimal – tech. Da ascoltare in questo ordine, magari da mixare.
Il problema che rimane aperto è: di chi sparleremo su questo blog quando ‘u catzillu Don Coglioni sarà uscito definitivamente di scena?
Pump up the Volume.

• Fairmont: Gazebo (Sebastien Légér Remix) [Net’s Work International]
• Akzidenz Grotesk: Isbjörn [Mental Groove]
• Swoop: Black Market [Craft Germany]
• Anthony Rother: Don’t Stop the Beat [Datapunk]
• Silicon Scally: Gigasquad [Datapunk]
• Larry McCormick: Escape [Datapunk]
• Volsoc: Compuphonic Intelligence (Bass Kittens & Single Cell Orchestra Mix) [WorldElectric]
• Johannes Heil: Brotherhood of Snakes [Datapunk]
• Lowfish: Domination Ver. 2 [Ersatz]
• Franck Kartell: The Sound of Future (Millimetric Mix) [Elektrofon]
• Playgroup: Behind the Wheel (Dj Kicks Electroclash Remix) [K7]
• Sir Alice: L’Amour Made in Taiwan [Tigersushi]

Anti Anti Anti


Pausa. Anzi, basta. Basta urlare, basta campagna elettorale, basta catzillo, basta facce untuose, basta fascisti, basta banane, basta leinonsochisonoioiolaquerelo.
Facciamo un breve salto nella modernità. Musica.

* Arthur Baker & Tim Wheeler: Glow (Arthur’s RTNY remix) [Underwater]

Non so quanti anni abbia Arthur Baker, probabilmente 130. Ha fatto tutto, ha prodotto tutti, ha remixato tutti. Glow sembra una canzone semi-gioiosa dei New Order, circa 1982, con un tappeto chitarristico alla TV On The Radio e un basso pulsante. Uno dei migliori singoli di sempre. Suonare a ripetizione cospargendosi di petali di ciliegio. Da ascoltare anche il remix di Jagz Kooner che, invece, è New Order circa 1985.

* Placebo: Because I Want You (Bloc Party Remix) [Virgin]

Russell Lissac dei Bloc Party mette mano al secondo singolo cavato dal mediocre Meds.
E si sente, sacrebleu! Oscuro e convulso, sincopato e sufficientemente death disco, rappresenta perfettamente lo zeitgeist: non ci sono più confini.

* Test Icicles: What’s Your Damage (Digitalism Remix) [Domino]

Remix rallentante per i rumorosissimi londinesi. Tra uno stile vocale beastieboyco, bassone e microframmenti chitarristici in loop. Un risultato belluino e mefistofelico per fare strage di civili nei club dot – alt.

* Depeche Mode: The Darkest Star (James Holden Remix) [Mute]

Fantastico e spettrale lavorìo di glitches e clicks con echi di spolverate chitarristiche e strati di rumorismi. Mai una traccia così tendente al minimal ha suonato in modo così minaccioso. L’avrei vista perfettamente all’interno di Stay o di qualche altro thriller intelligente.

* Smash TV: Air [Bpitch Control]

Primo singolo di Smash TV da un anno a questa parte: minimal, intimista e malinconico, ricorda certe cose (mais mises au jour) dei Global Communication.

* Ellen Allien & Apparat: Way Out [Bpitch Control]

Spettacolare. Assoluto. Commovente.
Ellen canta su una base di asciutti breaks e chitarre post – punk, guardando in uno specchio l’immagine di Rachel Goswell. Dal nuovo album in uscita Orchestra of Bubbles

* Trick & Kubic: Orbital Dance Machine (Tomas Andersson Nervous Disco Remix) [Great Stuff]

Come essere presi di mira da uno sciame di api assassine di silicio. Frustate electro per difendersi. Acido e amfetaminico con tentazioni bleep house.

* Goldfrapp: Ride the White Horse (Serge Santiago Re-Edit) [Mute]

Ancora la mia femme fatale preferita in una performance di massiccio rotolamento mitragliante moroderiano. Lei, sublime e distaccata, dispensa petali di peltro e carezze ormonabili, parte velluto, parte latex.

* Metric: Monster Hospital (Mstrkrft Remix) [White Label]

Da Live It Out un remix che veleggia verso il basement della DFA, con handclaps, tastieroni e tonnellate di NYC. E una pernacchia benevola ai Rapture ci stava proprio bene, grazie a Emily Haynes, sensuale frontwoman.

* Massive Attack: Live With Me [Virgin]

E dulcis in fundo: i lenti! Come una volta. Dopo la colonna sonora di Danny the Dog i Massive Attack ritornano con singolo e (prossimo) album, ed è un salto indietro di quindici anni, periodo Blue Lines. Archi a profusione, malinconia e la voce soulful di Terry Callier.
Splendido. Splendido anche il video reperibile un po’ ovunque in rete.

Antidoti/Antiemetici No Comment

I primi quaranta giorni del 2006 non hanno prodotto un granchè sotto il profilo delle uscite discografiche, se togliamo l’album di Tiga con la cover di Burning Down the House; per cui, se chi soffre di gravi disturbi narcisistici della personalità e si trova ad essere scontento di quello che gli sta capitando, attiva un sé grandioso arcaico che lo porta a comportamenti quasi psicotici, rifugiandosi in deliri stereotipati tipo credersi Gesù o Napoleone o addirittura Churchill, io mi rifugio scientemente e in piena salute in un passato estremamente glorioso. No comments needed. Salut les mecs.

* The Normal: Warm Leatherette [Mute]
* Ultravox: Hiroshima Mon Amour [Island]
* Gary Numan: We Are Glass [Beggars Banquet]
* Throbbing Gristle: United [Industrial]
* Human League: Empire State Human [Virgin]
* Simple Minds: Celebrate [Virgin]
* Orchestral Manoevres in the Dark: Electricity [Factory]
* Telex: Moscow Discow [Hansa]
* Data: Living Inside Me [Illuminated]
* Les Liaisons Dangereuses: Los Niños del Parque [Roadrunner]

Antidoti/Antiemetici 4004

Mi capita molto spesso di ascoltare il programma di Steve Lamacq su BBC Radio One e una delle ultime volte Indie Kid è riuscito a mettere in moto una pericolosa regressione temporale nei miei ascolti, complici i giorni post-solstizio e gli arcani tramonti rosso-giallastri-indaco di questi ultimi giorni. Il granellino che ha dato inizio alla valanga è stato

* The Longcut: A Quiet Life [Deltasonic]

Da Manchester con furore e spleen. Finita l’ondata di band Joy Division – like come gli Editors, c’è già odore di anni ’83 – ’84. Anni in cui arrivavano all’apice band come

* The March Violets: Snake Dance (Extended Version) [Merciful Release]

oppure

* Red Lorry Yellow Lorry: Sometimes [Red Rhino]

forse la più guitar delle band nell’area al confine tra post punk ed echi stoogesiani, inaugurata dai

* The Sisters of Mercy: Alice [Merciful Release]

sorelle generatrici dell’acida filiazione bastarda in cui infilerei anche

* Play Dead: Solace [Clay]

rosso, viola e marroni scurissimi prendono il posto del nero e del grigio sulle copertine dei singoli e degli album che raffigurano decadenti disegni floreali. Ma tornando a oggi

* Metric: Dead Disco [Last Gang]

dal loro penultimo Old World Underground, Where Are You Now? cool, contagiosi, canadesi, eclettici. In più Emily Haynes è mmmhh.

* The Go! Team: Junior Kickstart [Memphis Industries]

inclassificabili: temi da telefilm inglese anni ’70 con tanti fiati, easy, indie, hip hop, breakbeat. Cos’altro?

* The Raveonettes: Seductress of Bum [Columbia]

il pezzo che Badalamenti non ha ancora scritto e che, pertanto, Lynch, non ha ancora inserito in nessun film. I gufi non sono quello che sembrano.

* Dead Combo: Come On Baby, Yeah [Output]

Suicide + Stooges = Dead Combo. Stop.

* Spalding Rockwell: Flake [Defend]

M.L. e Nicole, due electrosonic girls from NY che potrebbero stare tranquillamente sulle runway della prossima stagione. Anzi, sono apparse insieme nella campagna autunno/inverno 2004 di Ben Sherman.