Archivi categoria: La qualunque

Qui finisce tutto quello che non rientra in nessun altro ambito

Tg culo

Ho appena scritto al Tg1.
L’indirizzo è tg1_direzione@rai.it.

Questa la mail:

Ma non vi vergognate nemmeno un po’ per il servizio sulle dichiarazioni di Berlusconi appena trasmesso?
Nemmeno un accenno di contraddittorio, nemmeno una replica, un lungo comizio a senso unico pro Forza Italia.
Vedere un telegiornale tanto asservito provoca disgusto.

Cordiali Saluti.

E che cavolo, ho dovuto controllare il simbolo della Rai almeno tre o quattro volte durante il servizio, ero convinto fosse il Tg4.

no, permettetemi una domanda.

ma voi veramente pensate che la gente abbandonerà il grande schermo per vedere un film di prima visione su un misero e tristissimo telefonino di ultima generazione?

io penso che se esiste qualcuno così stupido da comprarsi un super-telefonino solo per avere la possibilità di vedersi un film su uno striminzito schermuccio, questo qualcuno sia già abbastanza patetico di per sé da non meritarselo neppure, il cinema: quindi se queste persone non pagheranno più il biglietto per vedersi un film, tanto meglio!!!

almeno la visione non sarà più disturbata da suonerie fastidiose e maledetti brusii.

VIVA IL GRANDE SCHERMO!

PPP

Ancora Guzzano. Per chi volesse leggere qualcosa di intelligente su Pasolini diverso dalle patetiche incensature bipartisan di questi giorni.

30 anni dopo il Lido di Ostia – il cinema di PIER PAOLO PASOLINI: uno sguardo ALTRO

Quando Pier Paolo Pasolini decide di mettersi a fare anche il regista, in Italia è l’anno del Signore 1960, lui ha quasi 40 anni, vive a Roma ed è fresco del successo di “Una vita violenta” dopo stagioni stentate ma caparbie, fatte di fughe e di squalifiche pisco/politiche che non l’hanno comunque piegato. Di tecnica cinematografica non sa nulla, né molto vorrà mai sapere. Anche quando si piegherà al colore (in “Medea”) e a qualche giochetto più sofisticato con la macchina da presa, si trattò di minime alterazioni dell’ingenuità che egli riteneva necessaria, elementi rilevabili solo per contrasto con il totale disinteresse ‘tecnico’ esercitato fino ad allora. Far seguire all’inquadratura quel minimo di abbecedario che la celluloide richiede fu sempre compito di altri: del suo aiuto Bertolucci, delle troupe che spesso giravano un film canonico e parallelo mentre il regista realizzava in proprio le sue immagini scorazzando con la camera in spalla.
Perché il cinema per Pasolini fu un atto di istinto. Come il marxismo. Una tensione ritenuta indispensabile e giusta verso il lato debole del mondo. (Mamma Roma, a caccia di borghese uguaglianza, non vuole che il figlio se la faccia con i comunisti perché sono ). Il posto giusto, la parte giusta al cui interno operare sfidandone le regole e i conformismi camuffati da rivoluzione (inutile sottolineare quanto entrambi – cinema e Pci – svilupparono ben presto violentissimi anticorpi contro di lui). Fu lo sfociare di una passione che non faceva distinzione tra i canali in cui sentiva di doversi esprimere. Nonché la tentazione di portare all’interno di un’arte codificata le armi di un totale disarmo estetico. Lo stesso vale per la sua lettura del Cristo: una scarnificazione naif della figura e una cancellazione della liturgia che non furono del tutto sgradite al lato progressista del clero di Giovani XXIII.
Dire che Pasolini fosse digiuno di tecnica non vuol dire che per lui il mondo del cinema fosse un pianeta sconosciuto. Lo bazzicava da anni: prima comparsa a Cinecittà, poi collaboratore alle sceneggiature di Soldati, Bolognini e Fellini che l’aveva voluto consulente per la ‘romanità’ dei dialoghi di “Le notti di Cabiria”. Ma non trovò il minimo credito quando mise al servizio dell’imperizia con la macchina da presa le sue impresentabili ispirazioni: il cinema muto, i russi, Chaplin (citato ad ogni angolo), eterni primi piani, salti di tempo e luogo non spiegati, un fritto misto composto da facce prese dalla strada e messe sulla scena ad interpretare se stesse in ambienti essiccati ma su celebri sfondi di musica classica e col rischio di incappare nelle repliche di seducenti opere di quella storia dell’arte che tanto aveva suggestionato Pier Paolo studente universitario. Poi verranno le voci e le facce note, amici intellettuali e adorate dive un po’ in disarmo: la Magnani, la Mangano, la Callas. E’ il lato devoto/glamour di ogni omosessualità.
Il cinema di Pasolini è pura testimonianza e pura pornografia. E non certo nel senso in cui l’intesero i mille processi, sequestri e picchetti su cui sorvoleremo e che ne tormentarono lo sviluppo disonorando la nostra mediocre patria (reazionaria e bigotta, anche lei per istinto. Ma istinto figlio d’ipocrisia). E’ pornografico nell’esibizione stentorea delle bruttezze dei visi, dei sassi, delle discariche, dei casermoni e delle coscienze fino a scovarvi dentro una bellezza sfrondata e perduta, soffocata da un progresso omologante e (è la compassione che manca a Ciprì e Maresco, laddove il peto suona meno necessario che in Pasolini). E’ l’occhio sgranato di un testimone curioso eppure rassegnato che percuote i suoi personaggi alla disperata ricerca dell’aurora del mondo. E’ cinema preistorico: fatto di ossa, cannibalismi, Storie millenarie accostate a storiacce presenti (< ..il percorso dell’uomo non è che memoria cancellata..>), corpi martoriati, interpreti sgrammaticati, assoluto e celebrato senso di morte. Provate a scorrere le trame di Pasolini e vi accorgerete di star percorrendo una via crucis che parte da “Accattone” (ed è bello che a Parigi ci sia un cinema con questo nome), “Mamma Roma” e “La ricotta”, risplende nel “Vangelo secondo Matteo”, passa per i film e i corti con Totò (parolai certo, comizianti ed irrisolti), non risparmia neppure “La trilogia della vita” e sfocia in “Salò” e nella fine stessa dell’uomo/autore: insistite tappe di morte, di creature sghembe che muoiono salutate festosamente dall’idea che solo morendo esse siano finalmente esistite. La fine di se stessi come protesta, come unica possibile rottura, come ‘fanculo al sistema dell’esistenza borghese, che è robaccia tanto scaltra da sapere come inglobare ogni dissenso, ogni grido, ogni critica: ovattando tutto, rispettosa e tollerante.
Dopo aver assistito al “Teorema” per immagini di Pasolini (per il borghese nato tale non c’è redenzione, per gli altri l’unico scampo è estinguersi in qualcosa perché < ..non vi può essere uguaglianza ricevuta, ma solo uguaglianza conquistata>) è difficile evocare complotti dietro ciò che avvenne sulla spiaggia di Ostia. Comunque sia andata vi si compì un epilogo, la sceneggiatura tragica che al suo protagonista sarebbe probabilmente piaciuto scrivere. Sia che Pasolini sia stato solo un artista di talento che fece una tragedia cosmica del suo piangere sulla scomparsa del proprio ideale sessuale (il borgataro/marchettaro non contaminato dal consumismo) come oggi recita parte della critica omosex (Giovanni Dall’Orto in testa); sia che egli sia stato il profeta di un’Italia ancora da svezzare e in perenne dittatura, un paese diviso ed incapace di ascoltare (di tollerare sì, ed è quello il guaio), un cane sciolto che abbaiava al sacro e al profano miscelandone gli orrori e le beatitudini, Pasolini fu uno che credette che l’unico modo per fare la rivoluzione fosse vivere come se la rivoluzione fosse già stata fatta. Tutto il suo cinema, volutamente imperfetto nelle forme e fieramente sovraccarico nelle sostanze (difetti che ne zavorrano oggi la possibilità di essere materia durevole), è lì a provarlo: ostinati tentativi di un’anarchia apocalittica che spezzasse le reni all’omologazione creando un luogo, un tempo, un uomo Altro. Toccata con mano l’impossibilità di ottenere un risultato di estrema rottura almeno a livello culturale, dopo aver peregrinato per l’India e l’Africa alla ricerca di dinamiche più pure, dopo aver rinnegato con dolore quella “Trilogia della vita” in cui il sesso sbocciava naturale e sereno essendo pre-tutto, a Pasolini non rimase che l’estremo graffio indecente, la bomba atomica lanciata contro la perdita di ogni innocenza: quel disturbante “Salò” i cui stessi attori si ribellavano alle sconcezze. Quanta eccitata disperazione nella mano che ci imbandisce la merda in tavola, che tende quei guinzagli, che va a ricercare in Sade (nei Sade di ogni tempo) i perversi figuri che hanno fatto vergogna anche dei bisogni corporali più immediati e necessari, i pilastri di quella che Pasolini finì così di rimpiangere e di sollecitare.

Fonte: www.alessioguzzano.com

Cilma d’ottimismo

L’intervento dell’uomo in africa:

http://www.repubblica.it/popup/servizi/2005/laghi/index.html

Gli ignoranti detrattori delle teorie sull’effetto serra e sull’impatto ambientale dell’uomo guardino queste foto.

Notate bene, questo non è accaduto in 50, 100 anni ma in meno di 20 anni. Nell’arco di vita di un 15 enne l’ambiente è mutato così radicalmente. Fatevi due conti.

La strategia comunicativa di destra

BASTA!

Ve ne rendete conto, vero?
Lettore qualunque che leggi questa pagina per caso, tu lo sai ormai, vero?
Sei consapevole che questi uomini della nuova destra hanno sposato ormai la pessima, subdola, sputorata stategia comunicativa del signor Silvio Berlusconi?
Il caposaldo di questa strategia è la menzogna e il raggiro della gente distratta. Spesso funziona. La campagna elettorale 2001 si basava sul “pericolo comunista”. Oggi basta ancora meno. Basta negare, accusare, ribaltare. Sono certo che a tutti i parlamentari vengono fatti briefing a mo’ di addestramento del personale (un imprenditore è ben esperto di questo genere di iniziative, le convention di Forza Italia lo dimostrano) che pongono l’enfasi su questi 3 capisaldi: negare, accusare, ribaltare.
Riporto ora un esempio che potrete verificare osservando, per esempio, le argomentazioni usate per difendersi dagli esponenti della CdL Alfredo Mantovano ed Enrico La Loggia in una delle ultime puntate di Ballarò, che riguardava le ultimi, peggiori trovate della CdL: legge ex-Cirielli per il taglio delle prescrizioni, per la gioia di previti, legge proporzionale ad-hoc per limitare i danni di una probabile sconfitta l’anno prossimo e anche i tagli dell’ICI a tutti gli immobili cattolici.

Negare

Tesi: La legge ex-Cirielli è ad-personam, per Previti e i vostri amici farabutti.
Innanzitutto negare, negare oltre ogni decenza, negare anche l’evidenza.
La Loggia nega. Non è vero! E’ un ottima legge.
Testimonianze di addetti ai lavori e dello stesso Cirielli che da iniziale autore l’ha misconosciuta, rendono impossiible proseguire su questa strada. Notate che se non ci fossero stati questi interventi come, per esempio, potrebbe accadere in un qualsiasi salotto di Vespa, già questa strategia poteva essere sostenibile e sufficiente. Purtroppo a Ballarò, che ancora cerca di mettere in difficoltà l’interlocutore anche quando è di destra, sono costratti a passare al secondo passo della loro strategia.

Accusare

La Loggia accusa: ma voi di sinistra nel vostro governo non avete fatto niente e poi questa legge si basava su un provvedimento già proposto da un governo di sinistra.
Già qui lo spettatore si perde, nella maggior parte dei casi non ha mezzi\voglia di verificare le afferamazioni, che spesso sono anche falso. L’inettitudine diffusa degli esponenti di sinistra che partecipano normalmente ai dibattiti è un punto di forza in questa cose. Molto spesso non capiscono che vengono presi in giro, stanno al gioco e negano a loro volta o si adirano, terminando in una polemica che non mostra la verità. A volte però questo non è sufficiente, perchè la legge è palesemente indifendibile e anche questi sotterfugi non hanno presa. Anche un bambino riuscirebbe a metterli alle corde, quindi gli interlocutori di sinistra ci riescono (a fatica). A questo punto scatta il jolly, la strategia finale che solo l’arroganza e la sfacciataggine di Berlusconi poteva rendere normalità. Negare l’evidenza, ribaltando le accuse sull’altra parte, anche quando questo è palesemente falso.

Ribaltare

Ribaltare le accuse. A questo punto è chiaro che non è più possibile dire nemmeno un briciolo di verità. La strategia impone dunque di accusare l’avversario delle PROPRIE malefatte. Ovviamente queste è spesso possibile solo con una gran faccia tosta, prescindendo in toto da dati reale. Per esempio:
Voi di sinistra state sostenendo una legge che non rappresenta la volontà popolare (parlando della riforma proporzionale). Semplicemente falso. Voi di sinistra fate leggi ad-personam (parlando della par-condicio, che Berlusconi vuole abolire per provare di nuovo a rincoglionire il paese con 5 spot elettorali al minuto). Voi a sinistra avete in mano la comunicazione e le televisioni. E vai all’infinito. Ripetendo queste falsità in ogni occasione (fateci caso, accade SEMPRE), il polo di difende dalle critiche delle peggiori truffe perpetrate contro lo stato e i cittadini. E’ semplicemente scandaloso.

Notate anche come la stessa strategia possa essere sfruttata anche per mistificare e distogliere l’attenzione dal suo utilizzo. E’ un periodo brutto per Silvio, forse perderà e ancora non ci è dato sapere se hanno distrutto a sufficienza questo sistema tanto da permettere al suo esagerato potere di resistere anche a una sconfitta politica. Per questo motivo, e per le scandalose leggi che ha riservato il polo per fine legislatura, questa strategia è usatissima negli ultimi giorni. Ecco perciò una recente dichiarazione di Silvio:

“Quando fu approvata la riforma della scuola la sinistra scatenò una campagna che ci accusava di aver abrogato il cosiddetto ‘tempo pieno’. Non era vero, ma stampa e televisione presero per buona questa affermazione senza neppure verificarla e fummo costretti per mesi a difenderci da questa falsa accusa. E’ questo il metodo abitualmente adottato dalla sinistra: quello di ripetere continuamente una menzogna sino a farla apparire verità.”

Questo lo dice il padrone della gran parte dell’informazione in italia, giornali, televisioni, che ha il potere di farsi ascoltare dalla quasi totalità dell’elettorato e va da anni ripetendo che i mezzi d’informazioni sono coalizzati contro di lui. Lo ripete continuamente, finché il pubblico non si abitua alla menzogna e l’accetta come verità.

Vi rendete conto del livello di disonestà che raggiungono questi farabutti, vero?

Ogni scusa è buona per sparlare del Cicciopanzo nazionale.

È chiaro che se in Italia a insegnare giornalismo e comunicazione ci si mette gente come il Cicciopanzo i risultati siano questi, inutile lamentarsi.

Un crollo improvviso blocca sottoterra sei ragazze impegnate in un’avventurosa spedizione speleologica. L’unica speranza è trovare un’altra uscita che le riporti verso la libertà. Cieche nel labirinto delle grotte sotterranee, le ragazze si rendono conto che oscure presenze le seguono nell’ombra…

Cioè, più che il comunicato stampa di presentazione di un nuovo film (The Descent) sembra una metafora a sfondo sessuale per descrivere un lesboporno d’autore con protagoniste 6 pornostar (il numero 6 – non dimentichiamocelo – nella smorfia napoletana sta a indicare “la cosa che guarda a terra”, a buon intenditor…) che, impossibilitate a sfogare “naturalmente” i propri bassi – ma giustissimi – istinti (l’avventurosa spedizione speleologica) causa ciclo mestruale (il crollo improvviso: tutte e sei insieme, eh sì), si dovranno arrangiare liberamente con ben altro orifizio (l’altra uscita/grotta sotterranea), ove – essendo assai inesperte (cieche) – dovranno purtroppo affrontare ben più consistenti problemi (le oscure presenze)… soprattutto se avranno mangiato fagioli, aggiungerei io.

Però quasi quasi per l’anteprima ci faccio un pensierino… ma solo se ci saranno le sei pornostar in sala ovviamente!