Riporto per intero l’articolo di Giulio Gargia, apparso su Megachip.info il 21 marzo scorso perchè ha dato forma perfetta, prima di me, a quello che in modo magmatico si agita nelle mie budella più recondite. Oggi, 23 marzo, sia il PresdelCons, sia il nostro Dipartimento di Stato agitano la possibilità di disordini gravi in seno a manifestazioni degli squadristi di sinistra ed invitano i nostri compatrioti della madre patria a lasciare la penisola. Anni ’70, gente: Stay Behind, Gladio e strategia della tensione. Non è previsto dai protocolli che il nano esca di scena, in un normale processo di avvicendamento ed alternanza, come avviene in tutte le moderne democrazie occidentali, ambito al quale non apparteniamo ancora.
Un attentato elettorale? Qualcuno ci pensa
Milano, 30 marzo 2006. Una bomba esplode a Villa S. Martino, residenza del presidente del Consiglio. Berlusconi rimane ferito a una gamba, insieme a due passanti colpiti dalle schegge del muro di cinta. Un sito arabo vicino ad Al Qaida esprime giubilo per l’attentato, che colpisce i fedeli alleati di Bush. La notizia fa il giro del mondo, le Tv e i giornali non parlano d’altro. Tutto il paese si stringe compatto intorno al presidente del consiglio, leader di maggioranza e opposizione si dichiarano “solidali e preoccupatiâ€. Il calendario elettorale è stravolto, salta di fatto la par condicio, si aprono consultazioni con Ciampi per capire se è il caso di rinviare il voto. Le elezioni si tengono in un clima tesissimo, Forza Italia è il primo partito, e così la CdL vince di stretto margine alla Camera. A Berlusconi rimane la scelta se fare di nuovo il presidente del Consiglio o puntare alla presidenza della Repubblica.
Questo, per ora, è uno scenario di fantapolitica, forse l’unico che potrebbe portare il premier a rovesciare i pronostici. Un’ipotesi anticipata peraltro da Cossiga, grande esperto di ombre e occultismo politico, già il 1° marzo, quando dichiarava: “ L’unico modo che Berlusconi ha per vincere è che qualcuno gli organizzi un attentato contro â€.
Però invece l’idea che sia plausibile un attentato elettorale non è fantapolitica, ma cronaca.
Ieri, infatti Martino, ministro della Difesa, dichiarava: “Attentati in Italia alla vigilia delle elezioni? E’ una eventualità che non può essere esclusa – ha spiegato il forzista, secondo l’agenzia Adnkronos – quanto accaduto in Spagna ci ha insegnato che il terrorismo internazionale ama influenzare gli esiti politici dei nostri confronti democratici.(…).
Se questo accadesse, ricompatterebbe il paese senza nessuna esitazione”.
Contemporaneamente, Gheddafi gettava benzina sul fuoco: “Altre Bengasi o attentati in Italia? È da aspettarselo, purtroppo”. Lo afferma il leader libico in un’intervista esclusiva a Sky Tg24 curata da Ilaria D’Amico.
Insomma, c’è qualcuno che ci sta pensando. Da oggi l’ipotesi di un attentato elettorale (con il dichiarato fine di influenzare il risultato delle urne ) è nell’agenda ufficiale di questo paese. Alla stregua delle violenze di piazza a Milano, delle commissioni Mitrokhin e Telekom Serbia, dei servizi paralleli di Saya, dello spionaggio elettorale dei collaboratori di Storace.
In molti si sono esercitati, in questi anni, a discettare della natura eversiva di Berlusconi. Questa è la prova del nove. Che farà il premier quando – come probabilmente sta capitando adesso – i sondaggi gli diranno che nemmeno l’uso del suo corpo come kamikaze mediatico, introdottosi e fattosi “esplodere†nella tana del nemico, in Confindustria, è sufficiente a vincere?
Quale sarà la sua arma da “fine del mondo†che molti s’aspettano che tiri fuori ?
Tra le tante anime di servizi segreti, c’è un’ipotesi che si fa strada. C’è qualcuno che si sta muovendo secondo sperimentati schemi del passato, pensando a un attentato – magari più dimostrativo che sanguinario – con Al Qaida al posto delle varie brigate rossonere . Contando magari su una “captatio benevolentiae†ovviamente non dichiarata da parte di chi avrebbe vantaggi da questo sviluppo. Rimane il problema di capire a chi – dopo le magliette di Calderoli – gli italiani attribuirebbero la “colpa†politica di un attentato islamico.
Certo se l’attentato non fosse islamico, ma mafioso – magari dopo la cattura di Provenzano – allora il quadro diventerebbe decisamente diverso. E le affermazioni di Martino sarebbero un presagio abbastanza inquietante, già colto da qualcuno, come Jacopo Venier, del Pdci, che ha commentato: “Le parole del ministro Martino sono di una gravità assoluta: parlare in termini generici di attentati in Italia ed associarli al periodo elettorale e ai tempi del ritiro delle nostre truppe dall’Iraq, è un gesto di totale irresponsabilità â€. Giusto. A meno che non sia una previsione fatta sulla base di informazioni che noi non abbiamo. E i servizi della Difesa invece sì.
Ps – Nell’intreccio di fantapolitica abbozzato sopra, dopo circa un anno dall’ipotetico attentato a Berlusconi, sul Washington Post esce un trafiletto nella pagina esteri: “Pentito di mafia: così ci accordammo col premier per l’attentato a Villa S. Martinoâ€.
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